Gli scienziati hanno trovato le prove che un tempo scorrevano fiumi sulla superficie marziana, lo annunciano in un nuovo studio appena pubblicato.
La nuova ricerca indica che i depositi dei delta fluviali presenti all’interno del cratere Jezero di Marte, destinazione del rover Perseverance della NASA, che partirà alla volta del Pianeta Rosso nel prossimo agosto, si sono formati in un periodo temporale in cui il pianeta era abitabile, ciò ha permesso un’ottima conservazione delle prove.
Dallo spazio risultano visibili striature ondulate sulla superficie marziana, segno evidente che una volta vi scorrevano dei fiumi. Ma la domanda che gli scienziati si pongono è: Per quanto tempo è esistita acqua allo stato liquido sul pianeta? A quanto pare, secondo un recente studio di Stanford, abbastanza tempo perché si sviluppasse la vita.
Gli scienziati hanno ipotizzato che il cratere Jezero possa essere il luogo giusto per poter cercare i segni di un’antica vita su Marte. I ricercatori hanno esaminato le immagini per comprendere meglio quanto tempo ci sia voluto per creare gli strati di sedimento nel delta dell’antico fiume che si riversava nel cratere. La conclusione è stata che se un tempo è esistita la vita sulla superficie marziana, sicuramente avrà lasciato delle tracce all’interno degli strati.
Mathieu Lapôtre, autore principale dello studio e assistente professore di scienze geologiche alla School of Earth, Energy & Environmental di Stanford (Stanford Earth), spiega che “Probabilmente su Marte è esistita l’acqua per un periodo molto significativo, permettendo così la creazione di un ambiente abitabile, se pur con un aspetto molto arido. Siamo riusciti a dimostrare che i sedimenti si sono depositati molto rapidamente, e quindi se fossero state presenti delle sostanze organiche, anch’esse si sarebbero depositate in modo molto rapido. Questa scoperta ci fa credere che, se esistono delle sostanze organiche, grazie alla veloce sedimentazione potrebbero essere state preservate”.
Il cratere di Jezero è stato selezionato per la prossima missione del rover della NASA perché il sito contiene un delta fluviale, luogo che sulla Terra è noto per preservare in modo molto efficace molecole organiche e organismi associati alla vita. Purtroppo, senza sapere e comprendere in quanto tempo si è formato ed evoluto il delta, l’analogia resta puramente teorica.
La nuova ricerca è stata pubblicata online il 23 aprile su AGU Advances.
Lo studio incorpora una recente scoperta effettuata sulla Terra, cioè che i fiumi sinuosi con un unico corso e che non presentano vegetazione sulle loro sponde, si muovono lateralmente circa dieci volte più velocemente di quelli che hanno la vegetazione.
I ricercatori si sono basati sulla forza di gravità presente su Marte e sulla supposizione che il Pianeta Rosso anche in passato non presentasse piante. Con queste ipotesi hanno stimato che il delta nel cratere Jezero ha impiegato almeno dai 20 ai 40 anni per formarsi con uno sviluppo discontinuo, e che è esistito per circa 400.000 anni.
Mathieu Lapôtre ha dichiarato che “Questa scoperta è molto utile, perché una delle incognite su Marte è il tempo. Riuscendo a trovare un modo per calcolare la velocità del processo, si può iniziare ad acquisire la dimensione del tempo”.
Poiché i fiumi tortuosi con un unico corso d’acqua con vegetazione sono più comuni sulla Terra, la loro presenza senza le piante è rimasta per lo più inosservata fino a poco tempo fa. All’inizio si pensava che prima che comparissero le piante esistessero solo fiumi intrecciati e costituiti da più canali.
I ricercatori, per comprendere meglio i fiumi che esistevano una volta su Marte, si sono iniziati ad interessare a questa tipologia di fiumi sulla Terra, riuscendo cosi a trovare delle tipologie di fiumi dove non sono presenti le piante, come ad esempio il fiume McLeod Springs Wash nel bacino del Toiyabe, in Nevada.
I ricercatori ritengono che il fiume McLeod Springs Wash è un esempio di come dovevano apparire gli antichi corsi d’acqua che si riversavano nel cratere di Jezero su Marte.
Mathieu Lapôtre aggiunge che “La ricerca effettuata sui fiumi caratterizzati da un unico corso d’acqua e senza piante non era mai stata fatta prima. Questa analisi presenta importanti implicazioni anche su come i fiumi siano comparsi sulla Terra prima dell’esistenza delle piante”.
I ricercatori hanno stimato anche che la probabilità di cause che creano un significativo accumulo dei delta, erano circa 20 volte meno frequenti sull’antico Marte di quanto non lo siano oggi sulla Terra.
Mathieu Lapôtre ha chiarito che “I corsi d’acqua su Marte probabilmente non saranno stati continui, avranno avuti momenti in cui erano in piena e altri in cui hanno vissuto periodi di siccità. Questo è un nuovo modo di porre dei vincoli quantitativi sulla frequenza con cui probabilmente si formavano i flussi d’acqua su Marte”.
I risultati che si riusciranno ad ottenere nel cratere di Jezero potrebbero essere in grado di farci comprendere meglio anche come si sia evoluta la vita sul pianeta Terra. Gli scienziati affermano che, se una volta su Marte esisteva la vita, probabilmente non è andata oltre lo stadio evolutivo di cellula singola. La motivazione è legata al fatto che il cratere di Jezero si è formato oltre 3,5 miliardi di anni fa, molto prima che gli organismi sulla Terra diventassero pluricellulari. Se una volta esisteva la vita sulla superficie di Marte, la sua evoluzione è stata bloccata da un evento sconosciuto che ha inaridito il pianeta.
Secondo Lapôtre, “Essere in grado di utilizzare un altro pianeta come base per un esperimento di laboratorio, capendo cosi come la vita è potuta cominciare in un altro luogo, potrebbe effettivamente insegnarci molto su cosa sia la vita”.
Fonte: https://www.labmanager.com/news/promising-signs-of-past-martian-life-at-jezero-crater-22469
Individuati nel cratere Jezero su Marte i segni di una possibile vita marziana passata
Il cratere, obbiettivo del rover Perseverance della NASA che sarà lanciato nel prossimo agosto, mostra segni di una presenza adeguata e continua in un lontano passato di acqua allo stato liquido, che potrebbe avere favorito la nascita della vita.
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