Una malattia capace di eliminare intere specie dall’albero della vita

La pandemia di COVID-19 è grave e ci sta creando enormi problemi ma è ben poco in confronto ai danni alla biodiversità da altre malattie che colpiscono diverse specie animali.

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Un secolo fa, un ceppo di influenza pandemica uccise tra i 50 ed i 100 milioni di persone, il 5 percento dell’allora popolazione mondiale. Nel 2013, una nuova misteriosa malattia provocò la quasi estinzione delle stelle marine sulla costa occidentale del Nord America. Nel 2015, un’antilope asiatica dal naso grosso nota come saiga ha perso i due terzi della sua popolazione – circa 200.000 individui – a causa di quella che ora sembra essere stata un’infezione batterica.
Tragedie devastanti per le specie coinvolte ma nessuna di queste infezioni si avvicina al potere distruttivo del Batrachochytrium dendrobatidis, un fungo che non ha rivali nella sua capacità non solo di uccidere gli animali, ma di eliminare intere specie dall’esistenza.
Gli anfibi, che comprendono circa 8000 specie di cui il 90% sono rane, esistono da 370 milioni di anni ma, negli ultimi cinque decenni, una malattia li sta decimando.
I nuovi dati, compilati da un team guidato da Ben Scheele della Australian National University, sono molto peggio: attualmente si stima che il fungo abbia causato il declino di 501 specie di anfibi – circa il 6,5 percento del totale noto. Di queste, 90 sono state completamente spazzate via. Altre 124 hanno perso oltre il 90 percento della loro popolazione e le loro probabilità di recupero sono scarse. “Ha riscritto la nostra comprensione di ciò che una malattia potrebbe fare alla fauna selvatica“, dice Scheele.
Se una nuova malattia colpisse il 6,5 per cento di tutte le specie di mammiferi, sparirebbero quasi tutte le specie dotate di zoccoli e tutte quelle con le pinne. Il mondo non si riconoscerebbe.
È un riassunto terrificante“, afferma Jodi Rowley del Museo australiano del Bd — Batrachochytrium dendrobatidis – che causa una malattia spesso letale, la chytridiomicosi, uccidendo rane e altri anfibi rovinandone la pelle e scatenando attacchi cardiaci fatali, causando il declino stimato o l’estinzione di 200 specie di anfibi, una cifra ormai superata da quasi due decenni.
La squadra di Scheele sta confrontando il mondo moderno con Pangea, l’antico supercontinente che esisteva all’alba dell’era dei dinosauri. Pangea non esiste più da tempo, la tettonica e la deriva dei continenti l’hanno frantumato ma noi esseri umani l’abbiamo ricreato virtualmente, quasi azzerando le distante. Come allora, oggi non esiste neanche un posto, un’isola, per quanto piccola, che sia effettivamente isolata dal resto del mondo.
Per le malattie della fauna selvatica, tutto il mondo è come se fosse di nuovo una singola massa connessa, facilmente attraversabile. Per questo motivo, nuove malattie fungine sembrano emergere a un ritmo sempre crescente, colpendo pipistrelli, serpenti, salamandre e altro ancora. “Questi funghi un tempo non avrebbero potuto attraversare gli oceani, ma possono“, dice Scheele. “Siamo in grado di spostare enormi volumi di viaggiatori e di merci in tempi brevissimi“.
Le antiche rotte commerciali hanno plasmato la storia umana collegando civiltà lontane, consentendo lo scambio di materiali, tecnologia e persone, ma anche malattie che sono hanno approfittato prima delle navi e oggi dei nostri aerei per ottenere un passaggio, trovando così nuovi ospiti che forniscono il carburante per nuove epidemie, come riassume la rivista Nature. Gli umani non sono le uniche vittime di malattie legate al commercio, ma solo recentemente gli scienziati hanno iniziato ad comprendere il rischio per la biodiversità che si crea introducendo inavvertitamente nuovi agenti patogeni in arene evolutive che non avevano mai conosciuto quelle malattie.
 

Noi Sapiens siamo stati gli inconsapevoli complici del fungo Bd. Uno studio genetico, condotto da Matthew Fisher, dell’Imperial College di Londra, suggerisce che il Bd sia comparso per la prima volta da qualche parte in Asia. Da lì, una varietà particolarmente virulenta e trasmissibile si è diffusa in tutto il mondo dall’inizio del XX secolo, un periodo in cui il commercio internazionale era in piena espansione. Gli animali infetti potrebberon essere stati trasportati vivi nelle stive delle navi o essere stati deliberatamente trasportati come cibo o animali domestici.. Ad ogni modo, la varietà killer del fungo alla fine si è diffusa in tutto il mondo.
Scheele affermato la chtridiomicosi è responsabile della più grande perdita di biodiversità a causa di una malattia. “Malattie altamente virulente della fauna selvatica, tra cui la chtridiomicosi, stanno contribuendo alla sesta estinzione di massa della Terra“, ha detto il dott. Scheele. “La globalizzazione e il commercio di specie selvatiche sono le principali cause di questa pandemia globale e stanno permettendo alla diffusione delle malattie di continuare“.
Fonte: The Atlantic