Marte potrebbe ospitare la vita o avrebbe potuto ospitarla in passato.
Alcune creature monocellulari recentemente scoperte nei fondali oceanici hanno dato degli indizi ai ricercatori su come future ricerche potrebbero trovare la vita su Marte. Questi batteri sono stati scoperti in minuscole crepe all’interno delle rocce vulcaniche dopo decenni di ricerche.
Secondo una stima dei ricercatori, le fessurazioni delle rocce ospitano una densa comunità di batteri come quelli presenti nell’intestino umano, circa 10 miliardi di cellule batteriche per centimetro cubo. La densità media dei batteri che vivono nei sedimenti di fango sul fondo del mare è stimata in 100 cellule per centimetro cubo.
“Ora mi aspetto di poter trovare la vita su Marte. In caso contrario, la vita si basa su un altro processo che, almeno attualmente, Marte non ha, come la tettonica a zolle“, ha dichiarato il professore associato dell’Università di Tokyo Yohey Suzuki .
Suzuki è il primo autore del documento di ricerca che annuncia la scoperta. Il documento è stato pubblicato su Communications Biology.
“Ho pensato che fosse un sogno, vedere una vita microbica così ricca nelle rocce“, ha raccontato Suzuki, ricordando la prima volta che ha visto i batteri all’interno dei campioni di roccia sottomarina.
I vulcani sottomarini emettono un flusso di lava a circa 1.200 gradi Celsius, che raffreddandosi si indurisce diventando roccia che poi si incrina per effetto della temperatura dell’acqua. Le crepe sono strette, spesso meno di 1 millimetro. Con il passare dei milioni di anni, queste crepe si riempiono di minerali argillosi e i batteri si fanno strada al loro interno moltiplicandosi.
“Queste crepe sono un luogo favorevole per la vita. I minerali di argilla sono come un materiale magico sulla Terra; se riesci a trovare minerali di argilla, puoi quasi sempre trovare microbi che vivono in essi“, ha spiegato Suzuki.
I microbi identificati nelle fessure sono batteri aerobici, il che significa che usano un processo simile a quello usato dalle cellule umane per produrre energia, basandosi sull’ossigeno e sui nutrienti organici.
“Onestamente, è stata una scoperta molto inaspettata. Sono stato molto fortunato, perché avevo quasi rinunciato“, ha detto Suzuki.
Suzuki e i suoi colleghi hanno scoperto i batteri nei campioni di roccia estratti alla fine del 2010 durante l’Integrated Ocean Drilling Program (IODP). IODP Expedition 329 ha portato un team di ricercatori dall’isola tropicale di Tahiti nel mezzo dell’Oceano Pacifico, ad Auckland, in Nuova Zelanda.
La nave da ricerca ha lavorato su tre siti lungo un percorso attraverso il South Pacific Gyre facendo ricorso a un tubo di metallo lungo 5,7 chilometri per raggiungere il fondo dell’oceano. Quindi, un trapano ha tagliato per 125 metri sotto il fondale ed ha estratto campioni, ciascuno di circa 6,2 centimetri di diametro. I primi 75 metri sotto il fondale marino erano sedimenti di fango e poi i ricercatori hanno raccolto altri 40 metri di roccia solida.
In base ai punti di raccolta, i campioni di roccia sono stati datati da 13,5 milioni, 33,5 milioni e 104 milioni di anni. I siti di raccolta non si trovavano nei pressi di sorgenti idrotermali o canali d’acqua sottomarini, quindi i ricercatori ritengono ragionevolmente che i batteri siano arrivati nelle fessure senza essere forzati da una corrente. I campioni di nucleo di roccia sono stati sterilizzati per prevenire la contaminazione superficiale usando un lavaggio con acqua di mare e una bruciatura rapida. All’epoca, il modo utilizzato per trovare batteri nei campioni di roccia era quello di asportarne lo strato esterno, quindi ridurne il nucleo centrale in polvere e cercare i batteri.
Nel corso degli anni, Suzuki ha continuato incessantemente a cercare i batteri ma senza fortuna. In seguito ha deciso che serviva un nuovo sistema per studiare le fessure nelle rocce. Suzuki si è cosi ispirato al modo in cui i patologi preparano fette ultrasottili di campioni di tessuto per diagnosticare le malattie: ha rivestito le rocce con una speciale resina epossidica per sostenere la loro forma in modo che non si sbriciolassero una volta ridotte in strati sottili. Questi sottili foglietti di roccia sono stati quindi lavati con colorante che macchia il DNA e studiati al microscopio.
I batteri sono stati osservati come sferette verdi stipate all’interno di microscopiche fessure nella roccia colorate di arancione, colore dovuto alla presenza di depositi di minerali argillosi che consentono ai batteri di prosperare.
L’analisi del DNA dell’intero genoma ha identificato le diverse specie di batteri presenti nelle fessure. Campioni provenienti da località diverse presentavano specie simili di batteri. Le rocce in luoghi diversi hanno età diverse, il che può influire su ciò che i minerali hanno avuto il tempo di accumulare e quindi quali batteri sono più comuni nelle fessure.
Suzuki e i suoi colleghi ipotizzano che le crepe, grazie alla presenza di minerali argillosi, concentrino i nutrienti che i batteri utilizzano come combustibile. Questo potrebbe spiegare perché la densità dei batteri nelle fessure rocciose è di otto ordini di grandezza maggiore della densità dei batteri che vivono liberamente nei sedimenti di fango dove l’acqua di mare diluisce i nutrienti.
I minerali di argilla che riempiono le crepe nelle rocce oceaniche potrebbero essere presenti ai minerali forse presenti all’interno delle rocce sulla superficie di Marte.
“I minerali sono come un’impronta digitale delle condizioni presenti durante la formazione dell’argilla. Livelli da neutri a leggermente alcalini, bassa temperatura, salinità moderata, ambiente ricco di ferro, roccia basaltica: tutte queste condizioni sono condivise tra l’oceano profondo e la superficie di Marte” ha spiegato Suzuki.
Il team di ricerca di Suzuki sta avviando una collaborazione con il Johnson Space Center della NASA per progettare un piano per esaminare le rocce raccolte dalla superficie marziana dai rover. Un’idea proposta è quella di raccogliere i campioni all’interno di una provetta di titanio sigillata e cercare eventuale presenza di vita con uno scanner CT a raggi X.
“Questa scoperta della vita nelle rocce in fondo al mare, dove nessuno se lo aspettava potrebbe cambiare tutto nella ricerca della vita nello spazio” ha concluso Suzuki.
Fonte: Phys.org
Dalla vita nei fondali del mare alla ricerca di vita su Marte
Questa scoperta della vita nelle rocce in fondo al mare, dove nessuno se lo aspettava potrebbe cambiare tutto nella ricerca della vita nello spazio
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