Il grande fisico Richard Feynman (1918-1988) asseriva che la cosa importante del tempo non è definirlo ma misurarlo. Norbert Elias, (1897-1990) eminente sociologo tedesco si chiedeva provocatoriamente come si potesse misurare qualcosa che sfuggiva completamente ai nostri sensi.
Secondo la neurobiologia il tempo è formato da meccanismi nervosi che si trasmettono di generazione in generazione e quindi non c’è alcun bisogno di vedere un’ora per misurarla.
Il senso del tempo si fonda su tre aspetti fondamentali: la stima della durata, dell’attesa e della successione degli eventi che verranno.
L’ippocampo e l’area motoria supplementare del cervello svolgono una funzione essenziale rispetto alla formazione del senso del tempo.
La questione di cosa sia effettivamente il tempo, se non completamente svelata, ha fatto enormi passi avanti negli ultimi decenni. Anche la soluzione del rebus se il tempo sia una caratteristica dell’Universo che noi percepiamo oppure una costruzione dei meccanismi cerebrali nei quali è inserita la realtà, per i neurobiologi è chiaramente orientata verso la seconda prospettiva.
Il tempo sul quale l’uomo autocosciente può riflettere esiste da quando il cervello lo forma come dimensione della vita e dell’universo. I meccanismi nervosi lo trasmettono da una generazione all’altra e lo rendono cosciente durante il terzo anno di vita circa, insieme alla memoria che è uno degli elementi essenziali del senso del tempo.
Il senso del tempo è una realtà variabile e poco prevedibile, significativamente condizionato dalla propria soggettività essenziale alla sopravvivenza di tutti gli esseri viventi. Negli esseri umani il ruolo principale di coordinamento della funzione temporale sarebbe svolta dalla corteccia prefrontale sede anche della memoria, ingrediente essenziale del senso del tempo.
Il tempo non è percepito come, ad esempio, un suono o un odore ma è prodotto dal cervello senza che al suo interno esista un organo circoscritto a tale funzione.
Ecco perchè, unico fra tutte le sensazioni, il senso del tempo è sia oggettivo che soggettivo.
Per comprendere questa straordinaria peculiarità, poniamo che un semaforo alterni le segnalazioni (rosso/verde) ogni 60 secondi. Se siamo fermi al semaforo ed abbiamo fretta, perché magari siamo in ritardo al lavoro o al nostro primo appuntamento galante, quel minuto di attesa sembrerà sensibilmente più lungo mentre, se non abbiamo alcuna fretta, potrebbe paradossalmente sembrarci addirittura più breve.
Questo significa che anche la parte emotiva ed affettiva influenzano la percezione del nostro senso del tempo. Naturalmente non bisogna enfatizzare eccessivamente l’influenza dell’area emotiva nella percezione del senso del tempo, a volte possono essere cause organiche che modificano anche profondamente questa percezione, come nel caso di alcuni tumori al cervello o altre forme patologiche.