Stamattina, mentre i rievocatori storici sfilavano per le strade della capitale tra tuniche romane, gladii di plastica e selfie con il Colosseo sullo sfondo, il cardinale Parolin annunciava al mondo: “Il Santo Padre è tornato alla Casa del Padre”.
Applausi. Silenzio. Un colpo di scena degno della migliore sceneggiatura Netflix. Soprattutto perché oggi è il 21 aprile, Natale di Roma ma anche il giorno successivo alla Pasqua, il lunedì dell’Angelo, o Pasquetta, come si dice a Roma. Un tempismo che, diciamolo, manco la BBC.
Fine trasmissioni (celesti)
Quando muore un Papa, i telegiornali diventano monocromatici, le musiche si abbassano di tono e improvvisamente tutti riscoprono la differenza tra Camerlengo e Cammelliere. Ma questa volta c’è qualcosa di diverso. Un senso di fine più grande. Come se non fosse solo un uomo a morire, ma l’intero schema su cui poggiava il suo ruolo.
La Chiesa in diretta streaming
Se un tempo si andava a San Pietro a piedi, oggi si va su X (ex Twitter), dove la morte di un Papa viene data con le stesse reaction di un trailer Marvel. Un meme con la fumata nera, un altro con Palpatine che dice “we are back“, e via che si commenta il Conclave come fosse un reality.
L’ultima vera monarchia
Il Papa è, tecnicamente, un monarca assoluto. Non risponde a nessuno, non ha opposizione interna, e quando muore… beh, si riparte da zero. Come in un reboot. Ma nel 2025, questa struttura comincia a scricchiolare. Non per mancanza di fede, ma per un eccesso di mondo. Perché oggi il mondo gira troppo veloce per aspettare nove giorni di novendiali.
Natale di Roma, funerale di un’epoca
Oggi si celebrava la fondazione della Città Eterna, e contemporaneamente si celebrava la chiusura di un ciclo. Due poteri antichi, Roma e il Vaticano, uno in costume e l’altro in porpora, si sono incrociati nel giorno più simbolico dell’anno. È un caso? Certo. Ma anche i casi, a volte, sanno essere poetici.
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📘 Leggi la guida su AmazonE se Pasquino potesse ancora parlare come un tempo — e in verità, ogni tanto lo fa — probabilmente oggi avrebbe detto qualcosa tipo: “Muore il Papa, ma non l’apparato. Si spegne la voce, ma non il copione”.

Non sarebbe la prima volta che, di fronte alla morte di un Pontefice, le statue parlanti di Roma sussurrano satira tra i vicoli. Si racconta che nel 1555, alla morte di Papa Marcello II, comparve una pasquinata che diceva: “Fu breve il suo regno, come l’estate d’aprile, eppur più lungo del bene che fece”. Altro che editoriali.
E adesso?
Adesso comincerà il conclave, la copertura no-stop, le interviste al prete della parrocchia di infanzia del prossimo candidato, gli speciali in prima serata e i cardinali paparazzati con il gelato a Piazza Navona. Intanto Roma si riempirà di turisti desiderosi di essere presenti in Piazza San Pietro durante la “fumata” che avviene dal comignolo della Cappella Sistina al termine di ogni scrutinio delle schede elettorali dei cardinali, sperando nella fumata bianca per poter un giorno dire: “io c’ero”.
Il periodo successivo alla morte di un pontefice fa la fortuna dei venditori di Souvenirs, quest’anno già abbondantemente aiutati dal Giubileo che ha attirato moltissimi fedeli per le strade di Roma.
Quindi tutti pronti, appena inizierà il conclave, all’attesa per il nuovo Papa, per sapere chi sarà e quale nome deciderà di assumere per il suo pontificato. Si sa, il nome è importante perché di solito un nuovo Papa si sceglie un nome che in qualche modo annuncia già il suo indirizzo politico.
E anche noi saremo lì, pronti a dire: “Habemus Papam… di nuovo”.
Ma nel frattempo, lasciateci questo momento. Perché oggi non è solo morto un Papa.
È morta un’epoca. E forse, pure un po’ di sceneggiatura buona.