Nelle profondità dell’Oceano Pacifico, una strana “segnaletica” radioattiva è stata scoperta, aprendo un affascinante capitolo sulla storia del nostro pianeta. Analizzando strati di crosta del fondale marino, un team di scienziati in Germania ha identificato un picco insolito dell’isotopo radioattivo berillio-10 risalente a un periodo compreso tra 9 e 12 milioni di anni fa.
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Berillio-10: un isotopo rivelatore
Questa anomalia, rilevata in diverse aree del Pacifico centrale e settentrionale, potrebbe essere presente in tutto l’oceano, se non addirittura a livello globale, suggerendo un evento di vasta portata. Ma da dove proviene questa improvvisa impennata di berillio-10?
Il berillio-10 è un isotopo radioattivo prodotto dall’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre. Quando le piogge lo trasportano nell’oceano, questo isotopo viene incorporato nelle croste di ferromanganese, strutture che crescono molto lentamente e che possono conservare informazioni sulla chimica oceanica per milioni di anni.
La sua presenza in queste croste permette agli scienziati di ricostruire eventi passati e di studiare i cambiamenti avvenuti nel nostro pianeta. Nel caso specifico, l’aumento di berillio-10 indica un cambiamento significativo avvenuto tra 9 e 12 milioni di anni fa.
Gli scienziati propongono diverse ipotesi per spiegare questa anomalia. Una di queste suggerisce una “grande riorganizzazione” delle correnti oceaniche, che avrebbe portato a un maggiore accumulo nel Pacifico. Un’altra ipotesi, più audace, ipotizza un evento cosmico, come la ricaduta di materiale da una supernova vicina o il passaggio del Sistema Solare attraverso una nube interstellare fredda. Entrambi questi eventi potrebbero aver aumentato l’attività dei raggi cosmici, portando a una maggiore produzione.
La scoperta di questa anomalia di berillio-10 apre nuove domande sulla storia del nostro pianeta e sulla sua interazione con l’ambiente cosmico. Le croste di ferromanganese, presenti in tutti gli oceani, rappresentano un vero e proprio archivio geologico, in grado di svelare segreti sul passato della Terra. La ricerca continua per comprendere appieno l’origine e il significato di questa “segnaletica” radioattiva. Gli scienziati stanno analizzando campioni provenienti da diverse aree oceaniche e utilizzando tecniche di datazione avanzate per ricostruire la storia di questo evento misterioso.
Un orologio geologico per svelare i segreti degli oceani
Nelle profondità degli oceani, esistono strutture affascinanti chiamate croste di ferromanganese, depositi minerali che si formano nel corso di milioni di anni. Queste croste rappresentano una sorta di “capsula del tempo” geologica, conservando informazioni preziose sulla storia del nostro pianeta. Tuttavia, datare con precisione queste strutture si è sempre rivelato una sfida.
Le croste di ferromanganese sono sottili e antiche, e rappresentano una sorta di “linea temporale” geologica quasi continua degli ultimi 75 milioni di anni circa. Tuttavia, la loro datazione è complessa. I metodi tradizionali, come la datazione al carbonio, sono limitati a periodi di tempo relativamente brevi (circa 50.000 anni fa). Altre tecniche, basate sul decadimento degli isotopi di uranio, non forniscono indicatori utili per questo tipo di campioni.
Il berillio-10 si è rivelato la chiave per sbloccare almeno 10 milioni di anni di storia racchiusa in queste croste. La sua emivita di circa 1,4 milioni di anni lo rende adatto per datare campioni di spessore fino a 20 millimetri. Tuttavia, ciò che il team di ricerca guidato da Dominik Koll ha scoperto nel Pacifico è stata una sorpresa: “A circa 10 milioni di anni, abbiamo trovato quasi il doppio di 10Be di quanto avevamo previsto“, ha spiegato: “Ci siamo imbattuti in un’anomalia mai scoperta prima“.
Questa anomalia, come un “segnalibro” in un libro antico, ha il potenziale per diventare un indicatore temporale indipendente per gli archivi marini. Il team ha verificato i propri risultati in diverse aree del Pacifico, datando una sezione di crosta di ferromanganese di 50 millimetri a oltre 18 milioni di anni fa. Il tasso di crescita di queste croste nel Pacifico è stato stimato in 1,52 millimetri per milione di anni. Ciò significa che l’anomalia di berillio-10 si è verificata tra 10,5 e 11,8 milioni di anni fa.
L’origine di questa anomalia rimane sconosciuta. Poiché l’attività del Sole non è stata abbastanza intensa da creare un’onda di berillio così duratura, il team sospetta che la protezione della Terra contro i raggi cosmici interstellari possa essere cambiata circa 10 milioni di anni fa. Un’altra ipotesi è che una supernova vicina abbia inondato il nostro pianeta di materiale radioattivo.
“Solo nuove misurazioni potranno indicare se l’anomalia del berillio è stata causata da cambiamenti nelle correnti oceaniche o ha cause astrofisiche“, ha aggiunto Koll: “Ecco perché in futuro contiamo di analizzare più campioni e speriamo che altri gruppi di ricerca facciano lo stesso”. Il tempo ci dirà se questo fenomeno è regionale o globale, aprendo nuove prospettive sulla storia del nostro pianeta e sulla sua interazione con L’Universo.
Conclusioni
La scoperta di questa “segnaletica” radioattiva nelle profondità del Pacifico apre un nuovo capitolo affascinante nella nostra comprensione della storia della Terra. L’anomalia del berillio-10, risalente a un periodo compreso tra 9 e 12 milioni di anni fa, solleva interrogativi importanti sull’interazione del nostro pianeta con l’ambiente cosmico e sulle dinamiche oceaniche del passato.
Questa ricerca ha sottolineato l’importanza delle croste di ferromanganese come archivi geologici preziosi, capaci di conservare informazioni dettagliate sulla chimica degli oceani e sull’attività del nostro pianeta per milioni di anni. L’anomalia in questione si è rivelata uno strumento fondamentale per svelare i segreti racchiusi in queste strutture, aprendo nuove prospettive sulla datazione e sull’interpretazione degli eventi passati.
La sua origine precisa tuttavia rimane un mistero. Le ipotesi proposte, che spaziano da cambiamenti nelle correnti oceaniche a eventi cosmici come supernove, evidenziano la complessità del sistema Terra e la necessità di ulteriori ricerche per comprendere appieno i meccanismi che hanno portato a questo picco di berillio-10.
Il futuro della ricerca in questo campo si concentrerà sull’analisi di un maggior numero di campioni provenienti da diverse aree oceaniche e sull’utilizzo di tecniche di datazione sempre più precise. Solo attraverso un lavoro di squadra tra scienziati di diverse discipline sarà possibile ricostruire la storia completa di questa anomalia e svelare i segreti che ancora si celano nelle profondità del Pacifico.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.