Nei quasi due mesi trascorsi da quando il Vicepresidente Mike Pence ha dato alla NASA l’indicazione di tornare sulla Luna entro il 2024, gli ingegneri dell’agenzie spaziali hanno lavorato per definire un piano volto a realizzare il programma sfruttando la tecnologia esistente, i grandi progetti in via di completamento e la collaborazione delle aziende private.
Questo piano decennale prevede 37 lanci di razzi privati e NASA, nonché un certo numero di missioni automatiche e con equipaggio, e culminerà con un “Lunar Surface Asset Deployment” nel 2028, probabilmente quello che sarà il nucleo di un avamposto di superficie per missioni umane di lunga durata. Sviluppato dal responsabile senior delle missioni umane dell’agenzia, Bill Gerstenmaier, questo piano sembra rispondere alle richieste di Pence: un rapido ritorno umano sulla Luna, una base lunare, e l’impegno di vecchi e nuovi contraenti della NASA.
Nel piano non sono indicati, però, i costi. L’amministratore della NASA, Jim Bridenstine, recentemente ha chiesto un ulteriore finanziamento di 1,6 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2020 come acconto per lo sviluppo iniziale dei lander. Tutte le missioni indicate nello schema, però, avrebbero costi molto maggiori. Secondo diversi analisti, il costo globale del programma si aggirerebbe intorno a costi tra i 6 miliardi e gli 8 miliardi di dollari all’anno in aggiunta al budget esistente della NASA di circa 20 miliardi di dollari.
Nel piano manca anche quello che è probabilmente un altro elemento critico. Non è chiaro quale ruolo dei partners internazionali, dato che quasi tutto sembrerebbe a carico della NASA o di società con sede negli Stati Uniti. Una partnership internazionale, come evidenziato dal programma della Stazione Spaziale Internazionale, sarebbe probabilmente la chiave per sostenere un programma lunare a lungo termine nel panorama politico statunitense.
Sebbene il piano sia lodevole in quanto riporterebbe gli esseri umani all’esplorazione diretta dello spazio profondo, alla ricerca scientifica correlata e ad uno sforzo per imparare a sfruttare le risorse idriche sulla Luna, non affronta almeno tre grandi problemi.
Il primo problema è il finanziamento e la vulnerabilità politica. Uno dei motivi per cui Bridenstine non ha condiviso l’intero costo del programma, è proprio per via dei costi che fecero bloccare dal congresso tutti i programmi successivi alle missioni Apollo. Tuttavia, se la NASA intende davvero basarsi sui suoi mezzi, peraltro ancora in via di sviluppo come l’SLS, invece di appoggiarsi ai contraenti privati con i loro lanciatori riutilizzabili, l’agenzia avrà bisogno di molto più denaro.
Finora, la Casa Bianca ha proposto di pagare per questo con un’eccedenza nel Fondo di riserva Pell Grant. Ma i democratici non sembrano molto convinti di questa soluzione. “Il Presidente sta proponendo di tagliare ulteriormente un programma di sussidi che fornisce un’ancora di salvezza agli studenti a basso reddito, in particolare il programma Pell Grants, per pagare il primo anno di questa iniziativa, qualcosa che non posso sostenere” ha dichiarato la presidente del comitato scientifico dei democratici Eddie Bernice Johnson.
Il Congresso inoltre non darà alla NASA l’autorità illimitata per riprogrammare i fondi, con un quadro temporale apparentemente aperto, che Bridenstine ha cercato di ottenere.
Si supponeva che il grande razzo SLS sarebbe stato abbastanza semplice da sviluppare, poiché si basava su componenti dello space shuttle, come i suoi motori principali e e i boosters a propellente solido. Al contrario, il lander lunare a tre stadi riutilizzabile immaginato dalla NASA per portare gli umani dal Gateway alla superficie lunare richiederà nuovi motori e sistemi, compresa la gestione del carburante a temperature molto basse e alte. Basteranno cinque anni per sviluppare questi sistemi se la NASA, la Boeing e il resto degli appaltatori dell’SLS hanno impiegato un decennio per consegnare il razzo (ammesso che lo consegni nei prossimi due anni)?
Infine, l’architettura della NASA per un ritorno lunare richiede il completamento di una versione più potente del razzoSLS, noto come Block 1B, per essere pronta entro il 2024. Nella nuova architettura, il lanciatore SLS Block 1B porta una navetta Orion con equipaggio al Gateway insieme con la “logistica di superficie” – probabilmente aria, acqua, cibo e altri materiali di consumo necessari per un viaggio di più giorni fino alla superficie e ritorno al Gateway.
La nuova tecnologia chiave nel razzo Block 1B è lo stadio superiore, noto come Exploration Upper Stage, per il quale è la stessa Boeing ad avere l’appalto. Negli ultimi mesi, la NASA ha fatto pressioni su Boeing perché completi la versione iniziale dell’SLS e Boeing, per accelerare i tempi, ha interrotto il lavoro su questo nuovo stadio superiore. Date le prestazioni di Boeing sul core, è possibile che la NASA possa cercare un fornitore alternativo, come Blue Origin con il suo motore di livello superiore BE-3U già esistente, per costruire l’Exploration Upper Stage. Insomma, chi sia, sia ma il razzo deve essere pronto per il 2024.
Ma cosa succede dopo? La NASA ha compiuto un passo tecnico chiave nei giorni scorsi assegnando dei contratti per la progettazione di due dei tre elementi del suo progetto di lander lunare. Le domande più spinose arriveranno dall’arena politica.
La NASA rischia di impatanarsi con la politica. È improbabile che i democratici sostengano l’uso del fondo Pell Grants come fonte di finanziamento e alcune fonti dell’industria spaziale hanno ipotizzato che questa potrebbe essere stata una “pillola avvelenata” dell’Ufficio di gestione e bilancio della Casa Bianca per minare un programma a lungo termine e costoso. Se i democratici volessero respingere il progetto in chiave politica, potrebbero dire al presidente Trump che sosterranno solo l’atterraggio lunare della NASA con i fondi del Dipartimento della Difesa destinati alla “Space Force“. Tutto ciò diventerebbe un problema per la NASA, solitamente abituata a muoversi al di sopra della mischia politica.
E cosa accadrebbe se il presidente Trump perdesse la rielezione nel 2020? All’inizio del 2021, quando entrerà una nuova amministrazione, non ci saranno, giocoforza, molte prove tangibili di un ritorno della possibilità di un ritorno sulla Luna a breve termine. È improbabile che per allora il razzo SLS abbia già fatto almeno il suo primo volo e ci saranno solo alcuni progetti su carta di lander lunari, mentre il Lunar Gateway sarebbe ancora distante uno o due anni dal lancio. Ciò renderebbe il programma lunare molto vulnerabile dal punto di vista dei finanziamenti, soprattutto se il nuovo presidente preferisse orientarsi verso un programma spaziale a basso costo che sfrutti i successi della nuova industria spaziale.
Insomma, poche idee e confusa. Ma almeno, finalmente, ora c’è un piano su cui lavorare.