venerdì, Novembre 22, 2024
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Probabilmente non siamo in grado di rilevare civiltà aliene meno avanzate di noi

In un recente articolo pubblicato sulla rivista Acta Astronautica, un team di ricercatori finanziati dalla NASA ha delineato alcuni dei modi più promettenti con cui gli scienziati e le agenzie spaziali potrebbero cercare queste tecnofirme. Nel documento viene anche delineata una possibilità alquanto sorprendente: secondo i ricercatori che hanno effettuato lo studio è molto probabile che il “primo contatto” dell'umanità con gli alieni avverrà pcon una civiltà molto più avanzata

Come faranno gli esseri umani a scoprire l’esistenza di civiltà extraterrestri?

A meno che gli alieni non decidano di visitare la Terra, la risposta più probabile è che dovremo scansionare i cieli alla ricerca di “tecnofirme”, cioè prove osservative di attività tecnologica o industriale nell’Universo.

In un recente articolo pubblicato sulla rivista Acta Astronautica, un team di ricercatori finanziati dalla NASA ha delineato alcuni dei modi più promettenti con cui gli scienziati e le agenzie spaziali potrebbero cercare queste tecnofirme. Nel documento viene anche delineata una possibilità alquanto sorprendente: secondo i ricercatori che hanno effettuato lo studio è molto probabile che il “primo contatto” dell’umanità con gli alieni avverrà pcon una civiltà molto più avanzata.

In altre parole, anche se ci fossero molte civiltà aliene in tutto l’Universo, o anche nella nostra stessa galassia, se fossero ad un livello simile al nostro in termini di progresso tecnologico. Questo perché le “impronte cosmiche” della nostra civiltà e della loro sarebbero relativamente piccole, rispetto a quelle di civiltà aliene altamente avanzate. I ricercatori chiamano questo concetto “disuguaglianza di contatto”.

Sembra improbabile che civiltà con un livello relativamente basso di sviluppo tecnologico entrino in contatto tra loro, poiché per il rilevamento reciproco sarebbero necessarie strumenti dalla sensibilità molto elevata o ingegneria altamente visibile”, si legge nel documento. “Le civiltà meno avanzate non hanno la sensibilità necessaria per rilevare altre civiltà a meno che non abbiano costruito strutture molto grandi o luminose”.

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“Oumuamua”, il primo oggetto interstellare conosciuto rilevato mentre attraversava il Sistema Solare. Alcuni scienziati hanno proposto che Oumuamua potrebbe essere un artefatto extraterrestre.Robert Weryk tramite Pan-STARRS 1

Quindi, a meno che una tecnologia del prossimo futuro ancora più avanzata del telescopio spaziale James Webb non consenta agli scienziati di rilevare biomarcatori nelle atmosfere di altri pianeti, è molto più probabile che scopriremo solo civiltà più sofisticate.

Come? Il documento delinea una serie di strategie che sono attualmente in uso, che potrebbero essere praticate insieme ad altre o che potrebbero essere sviluppate nel prossimo futuro.

Tra queste strategie la ricerca di:

  • Sfere di Dyson: strutture gigantesche che, in teoria, potrebbero orbitare attorno alle stelle e generare grandi quantità di energia per le civiltà.
  • Oggetti vicini alla Terra: le agenzie spaziali potrebbero esplorare la Luna, Marte o altri corpi spaziali alla ricerca di prove di artefatti extraterrestri, come i relitti di sonde precipitate.
  • Spettri anormali nelle atmosfere planetarie: se gli alieni conducessero attività industriale su un altro pianeta, l’atmosfera di quel pianeta conterrebbe probabilmente prove di tale attività.
  • Illuminazione notturna su esopianeti (ancora non alla nostra portata)
  • Segnali radio e laser

Quando si pensa ai modi migliori per cercare la vita aliena, è utile invertire la prospettiva: come potrebbero gli alieni sapere dell’esistenza degli umani? Con questa domanda in mente, i ricercatori che si occupano di tecnofirme considerano tutti i segnali che gli esseri umani inviano nello spazio.

Alcune delle nostre firme tecnologiche vengono trasmesse intenzionalmente, come il messaggio di Arecibo inviato dagli esseri umani verso l’ammasso globulare M13 nel 1974. Altre non sono intenzionali, come l’illuminazione notturna e i cambiamenti atmosferici causati dall’inquinamento.

Per mettere in prospettiva il concetto di tecnofirme, i ricercatori hanno sviluppato un quadro chiamato ichnoscale. Ichnoscale classifica la dimensione di una tecnofirma rispetto a ciò che la tecnologia umana è attualmente in grado di produrre.

La scala classifica anche il numero di potenziali bersagli in tutto l’Universo. Ad esempio, la ricerca di una sonda aliena precipitata sulla Luna rappresenterebbe un obiettivo, mentre la scansione delle stelle per individuare le sfere di Dyson avrebbe milioni di obiettivi.

Insieme, queste misurazioni aiutano gli scienziati a stimare i modi più probabili per scoprire prove dell’esistenza di civiltà aliene. Naturalmente, non vi è alcuna garanzia che una strategia funzioni o che gli alieni esistano.

Questo è uno dei motivi per cui gli sforzi per la ricerca di tecnofirme hanno ricevuto pochi finanziamenti. Per questo, ora i ricercatori propongono che molte di queste strategie potrebbero essere implementate in altre missioni astronomiche a basso costo.

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Socas-Navarro et al.

Attuare questo tipo di strategia avrebbe delle ricadute positive, infatti anche se le ricerche non portassero a nulla, secondo i ricercatori, i risultati fornirebbero comunque “enormi benefici accessori alla ricerca sul sistema solare e migliorerebbero la nostra conoscenza sugli oggetti esaminati” e “stabilirebbero limiti quantitativi superiori su alcuni tipi di tecnologie o processi di sviluppo delle civiltà nel quartiere solare”.

La ricerca sulla ST affronta questioni che hanno profonde implicazioni sul futuro dell’umanità”, concludono i ricercatori. “Forse una delle questioni più importanti è se le civiltà tecnologiche siano effimere o, al contrario, possano durare a lungo. Una questione strettamente correlata è se le civiltà che viaggiano nello spazio siano comuni e se l’umanità finirà per diventare una di queste”.

Non abbiamo ancora risposte a queste e ad altre domande importanti, ma se riusciamo a iniziare a esplorare lo spazio dei parametri di ricerca, anche in assenza di qualsiasi rilevamento, potremmo essere in grado di ottenere informazioni preziose”.

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