Qualche settimana fa l’India ha usato la sua avanzata capacità di difesa balistica antimissile per condurre un test cinetico anti-satellite (“Missione Shakti“) contro uno dei suoi satelliti. L’India è diventata il quarto stato, dopo gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, per dimostrare una capacità ASAT e la terza a condurre un’intercettazione diretta di un oggetto nello spazio.
L’India era già considerata una potenza spaziale in crescita. Questo test è stato semplicemente imprudente. La rivalità regionale dell’India con la Cina, a sua volta una potenza spaziale, è un fattore chiave degli equilibri geopolitici dell’area. Purtroppo, le conseguenze di queste azioni sono inevitabilmente globali.
I dettagli dell’evento sono ancora coperti da segreto, ma è stato reso noto che un intercettore missilistico BMD, sviluppato dall’Indian Defense Research and Development Organization, è stato lanciato dal complesso di lancio dell’isola di Abdul Kalam per intercettare un satellite indiano, Microsat-R, a un’altitudine di circa 300 chilometri. Il Ministero degli Affari Esteri dell’India ha affermato: “Il test ha avuto pieno successo e ha raggiunto tutti i parametri previsti dai piani“. Secondo il governo indiano, il test rende l’India una “potenza spaziale“.
La prima conseguenza generale dell’improvvido test effettuato dall’India è la produzione di nuovi detriti spaziali in orbita bassa, che rappresenta un pericolo per tutti gli altri veicoli spaziali che passano in prossimità dell’area interessata dall’esplosione. L’India afferma di aver adottato un approccio responsabile su questo piano. infatti, secondo i responsabili dell’operazione, l’esplosione avvenuta alla relativamente bassa altitudine di 300 chilometri, facendo in modo che quasi tutti i detriti risultanti precipitino e si distruggano nell’atmosfera terrestre entro poche settimane.
Si tratta certamente di un risultato migliore rispetto all’ampia e spessa nuvola di detriti creata dalla Cina nel 2007 – che continua a rappresentare tuttora una minaccia nello spazio – ma non è affatto una situazione soddisfacente. Non sappiamo ancora esattamente quanti detriti sono stati prodotti e con precisione quanto ampia sia la loro distribuzione. Anche se di breve durata, alcuni di questi detriti potrebbero essere stati spediti dall’esplosione nell’area percorsa dalla Stazione Spaziale Internazionale, diventando un nuovo fattore di rischio.
Inoltre, questo test non annunciato rompe la moratoria contro i test antisatellite che Stati Uniti e Cina stavano osservando da oltre un decennio. Ci sono altri modi in cui l’India avrebbe potuto dimostrare di avere la capacità di intercettare e distruggere satelliti senza creare detriti. La Cina, ad esempio, negli ultimi anni ha effettuato numerosi test di volo ravvicinato. Certo, è un sistema meno spettacolare del fare esplodere un satellite ma è più sicuro. Ma anche così, tali dimostrazioni rimangono aggressive.
Le ricadute dell’ASAT effettuato dall’India vanno, purtroppo, ben oltre i detriti. Il test dell’India aggiunge benzina a quella che è già una corsa alla militarizzazione dello spazio ed esacerba le crescenti tensioni tra le potenze spaziali. Sebbene l’India sostenga che il test sia stato condotto per salvaguardare i suoi beni nello spazio, le armi ASAT sono intrinsecamente offensive. Il senso di aggressività è accentuato dal fatto che il test è stato condotto senza dare alcun preavviso alla comunità internazionale.
Tale capacità distruttiva fa poco per migliorare la sicurezza nazionale nello spazio. Invece, il modo migliore per preservare un bene comune globale come lo spazio è sostenere la sicurezza comune attraverso regole e restrizioni su armi e comportamenti pericolosi.
Da questo punto di vista, il test dell’India è stato anche diplomaticamente imprudente. Un gruppo di esperti in rappresentanza di oltre 25 stati ha recentemente concluso una serie di colloqui a Ginevra che esplorano le opzioni per l’adozione di ulteriori misure per prevenire una corsa agli armamenti e conflitti armati nello spazio (PAROS). L’India, ufficialmente, è parte di questa discussione e sostiene che supporta gli sforzi su PAROS e gli usi pacifici dello spazio. Tuttavia, le sue azioni possono solo alimentare la determinazione di coloro che intenzionati a boicottare nuove misure per il controllo degli armamenti e potrebbe incoraggiare la proliferazione degli armamenti.
L’India ha una storia lunga e notevole nello spazio. Creata nel 1969, l’Indian Space Research Organization è una delle più antiche agenzie spaziali civili del mondo. L’India ha lanciato il suo primo satellite nel 1980. Il primo astronauta indiano è salito a bordo di una stazione spaziale sovietica nel 1984. Nel 2008, l’India è diventata una delle poche nazioni a collocare un satellite in orbita intorno alla Luna, con una seconda missione lunare p programmata per essere lanciata verso la fine di quest’anno. E l’India sta procedendo con un’ambizioso programma di esplorazione spaziale e di volo spaziale umano. Ha aperto la strada a innovazioni a basso costo nel settore del lancio e lancia satelliti commerciali governativi e stranieri, con clienti in tutto il mondo.
L’India è cresciuta costantemente come potenza spaziale. L’affermazione secondo cui è necessario testare le armi per stabilire tale stato è pericolosa. E, proprio come la ricerca di armi nucleari, incoraggia gli altri a seguire l’esempio per far parte di questo “club d’élite”.
In effetti, però, un simile percorso di “potere” viene legittimato dalle reazioni internazionali abbastanza smorzate che si sono registrate: forse più di uno stato ha motivo di non alzare troppa polvere su questo argomento.
Il grosso delle reazioni sono state sollevate dall’industria e dalla società civile. Planet, una società che si occupa di imaging terrestre globale, ha stigmatizzato il test come una minaccia alla stabilità dell’ambiente spaziale esterno. I membri della Secure World Foundation e l’Union of Concerned Scientists hanno sollevato preoccupazioni su una dinamica di corsa agli armamenti e sul potenziale devastante di un conflitto nello spazio.
Ma al di là delle elucubrazioni sui pericoli dei detriti, la comunità internazionale degli stati ha taciuto.
Un silenzio che lascia tutti noi meno al sicuro.