I batteri sono in grado di prosperare in condizioni estreme, come pressioni intense e mancanza di ossigeno.
Se la clamidia intimoriva, i suoi parenti stretti non sono da meno. Gli scienziati hanno trovato nei fondali dell’oceano Artico una nuova specie di clamidia che riesce a sopravvivere nonostante la mancanza di ossigeno e di ospiti su cui poter vivere e da poter predare.
A circa 3 chilometri sotto la superficie dell’oceano Artico esiste un tipo di batterio, la Chlamydiae, che è riuscita a prosperare nonostante sia sottoposto a pressioni intense e altre condizioni estreme, inclusa la privazione dell’ossigeno.
Jennah Dharamshi autore principale dello studio e studente laureato che si occupa di diversità microbica ed evoluzione all’università di Uppsala in Svezia, ha dichiarato in un comunicato stampa che “Trovare la Chlamydiae in un ambiente così inospitale ci ha molto sorpreso, e naturalmente ci ha creato molte domande, tra cui per quale motivo si trovasse lì”.
La nuova scoperta potrebbe riuscire a farci comprendere come le Chlamydiae sia siano evolute e come siano diventate infettive. Un tipo di Chlamydiae, tra tutte quelle scoperte, sembra strettamente correlato alla clamidia che infetta l’uomo.
Gli autori della ricerca ritengono che i batteri ritrovati riescano a sopravvivere sottraendo le risorse agli altri microbi che vivono nelle loro vicinanze. Thijs Ettema, autore senior e professore di microbiologia all’Università di Wageningen nei Paesi Bassi, afferma che “Le Clamidie scoperte non sono associate ad un organismo ospite, quindi ci si aspetta che utilizzino composti di altri microbi che vivono nei sedimenti marini per vivere”.
Questi batteri, pertanto, potrebbero far parte di un ecosistema ben più ampio.
Daniel Tamarit coautore della ricerca e ricercatore post-dottorato nel laboratorio di Ettema, ha dichiarato che “Attraverso le ricerche effettuate sulla famiglia di questi batteri abbiamo scoperto che potrebbero svolgere un ruolo molto importante nell’ecologia marina, a differenza di quanto pensato prima”.
Gli autori, per poter effettuare ulteriori ricerche, proveranno a far crescere questi batteri nei loro laboratori, anche se ritengono che sia molto difficile riuscire a ricreare esattamente le condizioni di vita estrema in cui vivono. Se riuscissero a trovare un modo per effettuare ulteriori studi, potrebbero riuscire a capire come questo gruppo di batteri è riuscito a diventare così contagioso.