Scoperto un buco nero enorme risalente all’universo primordiale

Una scoperta che sfida le attuali teorie sulla formazione e l'evoluzione dei buchi neri supermassicci appartenenti all'universo primordiale.

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Gli astronomi hanno scoperto un nuovo, il più lontano mai individuato, nonché il primo a ricevere un nome indigeno hawaiano, ossia Pōniuāʻena.
Il quasar presenta una massa di 1.5 miliardi quella del Sole e risulta essere il più massiccio ad oggi conosciuto nell’universo primordiale, considerando che la sua luce risale ad un periodo in cui l’universo aveva aveva solo 700 milioni di anni.
Gli astronomi hanno spiegato che nel quasar è presente un gigantesco buco nero, la cui massa è il doppio di quella dell’altro buco nero supermassiccio appartenente alla stesso periodo. Questa scoperta sfida le attuali teorie sulla formazione e l’evoluzione dei buchi neri supermassicci appartenenti all’universo primordiale.
Un gruppo internazionale di astronomi, tra cui è presente Roberto Decarli dell’Inaf, dopo più di un decennio di ricerche effettuate sul primo quasar, ha usato l’Osservatorio Gemini e il Ctio di Noirlab per riuscire a rintracciare il quasar più massiccio, che corrisponde a un redshift di 7.52, praticamente come guardare indietro nel tempo di 13.02 miliardi di anni.
I quasar sono gli oggetti con una potenza energetica molto alta, e sono alimentati da buchi neri supermassicci. Gli astronomi, da quando li hanno scoperti, stanno provando a capire quando sono apparsi per la prima volta nella storia dell’universo.
Il programma A Hua He Inoa ha chiamato l’oggetto scoperto J1007 + 2115 Pōniuāʻena, che significa letteralmente “invisibile sorgente rotante della creazione, circondata da splendore” in lingua hawaiana.
Jinyi Yang, ricercatore presso lo Steward Observatory dell’Università dell’Arizona ha dichiarato che “Pōniuāʻena ad oggi è l’oggetto più distante mai conosciuto nell’universo, che ospita un buco nero di ben un miliardo di masse solari”.
Secondo gli astronomi, per formare un buco di tali dimensioni deve essere partito da un piccolo “seme” di diecimila masse solari.
La ricerca, che è stata pubblicata su ApJ Letters, è stata effettuata da Roberto Decarli dell’Inaf, grazie all’Osservatorio Gemini e al Cerro Tololo Inter-American Observatory (Ctio), programmi del Noirlab (National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory) della National Science Foundation.
Xiaohui Fan, professore del Dipartimento di Astronomia dell’Università dell’Arizona si domanda: “come può l’universo avere prodotto un buco nero così massiccio, così presto nella sua storia? Questa scoperta rappresenta una delle sfide più grandi mai incontrate fin’ora, per quanto riguarda la teoria delle formazioni e dell’evoluzione dei buchi neri nell’universo primordiale”.
La teoria attuale indica che inizialmente nell’universo, subito dopo il Big Bang, gli atomi fossero troppo distanti tra di loro per poter interagire e riuscire a formare delle stelle e delle galassie. Infatti, dalle scoperte effettuate, si pensa che la nascita delle stelle e delle galassie sia iniziata durante l’epoca della reionizzazione, quindi a partire da 400 milioni di anni dopo il Big Bang.
La scoperta del quasar Pōniuāʻena, risalente alla lontana epoca della reionizzazione, è un enorme passo in avanti verso la comprensione di questo processo e della formazione dei primi buchi neri supermassicci e delle galassie massicce e pone dei nuovi e importanti vincoli sull’evoluzione della materia tra le galassie, ossia il cosiddetto mezzo intergalattico, risalente all’epoca della reionizzazione.
Il team è riuscito a individuare il secondo quasar nei dati rilevati nel 2019, dopodiché l’ha osservato con vari telescopi tra cui il Gemini North e l’Osservatorio W.M. Keck, entrambi a Maunakea.
Lo strumento Gnirs del Gemini è riuscito a confermare l’esistenza di Pōniuāʻena. A tal proposito Feige Wang, coautore dello Steward Observatory, ha spiegato che “le osservazioni con Gemini sono state fondamentali per riuscire a ottenere degli spettri nel vicino infrarosso di alta qualità, che ci hanno fornito la misurazione della straordinaria massa del buco nero”.
https://www.media.inaf.it/2020/06/29/buco-nero-mostruoso/