Probabilmente Planet Nine non esiste

Perché le scoperte sulle orbite dei KBO non corrispondono alle previsioni? La risposta potrebbe essere che la teoria del Pianeta 9 non regge a osservazioni dettagliate.

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Il pianeta 9 gioca a rimpiattino. Questo misterioso pianeta chiamato in tanti modi, Planet Nine, Planet X, the Perturber, Jehoshaphat, “Phattie” sta mettendo a dura prova i nervi di chi da anni gli da la caccia.
Non disponiamo di nessuna osservazione diretta del pianeta 9, tuttavia ci sono alcuni indizi che fanno ritenere molto probabile la sua esistenza. Questi indizi si basano in gran parte sul raggruppamento di oggetti distanti, nelle profondità del sistema solare: i Kuiper Belt Objects (KBO).
I KBO sono ciò che resta dei primi giorni tumultuosi del Sistema Solare. Non sono entrati a far parte della formazione planetaria, e ora eccoli lì. Le dimensioni variano dalla grandezza di un masso a oggetti di oltre 2.000 km di diametro.
Alcuni di questi KBO hanno orbite che sconcertano gli astronomi. Sono molto ellittiche e inclinate, proprio come l’orbita percorsa da Plutone. Quelle orbite potrebbero essere la prova dell’esistenza di un grande pianeta invisibile, ma che guida con la sua enorme influenza gravitazionale i KBO lungo i loro insoliti percorsi.
Samantha Lawler è assistente professore di astronomia all’Università di Regina, in Canada. In un recente articolo pubblicato su The Conversation ha descritto lo stato attuale delle prove relative all’esistenza del Pianeta 9. La Lawler ha studiato gli oggetti KBO distanti e gli oggetti Trans-Nettuniani (TNO) nel tentativo di comprendere il processo e le interazioni di possibili grandi pianeti che modellano il sistema solare profondo deducendo che “… la teoria dell’esistenza del Pianeta 9 non regge alle osservazioni dettagliate“.
Intorno al 2016, gli astronomi Mike Brown e Konstantin Batygin hanno ipotizzato l’esistenza del Pianeta 9 dopo aver scoperto i KBO con quelle strane orbite ellittiche. Potrebbero essere le prove che oltre Nettuno esiste un pianeta, una super Terra, che perturba le orbite degli KBO.
Brown e Batygin, pur con cautela, ritenevano l’ipotesi solida, lo stesso Brown all’epoca disse: “sebbene questa analisi non dica direttamente nulla sul fatto che il Pianeta 9 esista, indica che l’ipotesi poggia su solide basi“. Da allora, ci sono state molte discussioni e congetture sul misterioso Pianeta 9, alcune serie, altre molto meno.
Ora la Lawler, che ha studiato il sistema solare profondo e i suoi oggetti, pensa che sia giunta l’ora di mettere la parola fine all’idea del Pianeta 9. “Le scoperte derivanti dallo studio della cintura di Kuiper di maggior successo fino ad oggi, effettuato con l’Outer Solar System Origins Survey (OSSOS), suggeriscono una spiegazione diversa per le orbite che vediamo“, scrive. E tutto ha a che fare con Nettuno.
Calcoli matematici e dettagliate simulazioni al computer hanno dimostrato che le orbite che vediamo nella Cintura di Kuiper possono essere state create solo se Nettuno originariamente formatosi qualche UA più vicino al Sole e in seguito migrato verso l’esterno nella sua orbita attuale“, scrive ancora la Lawler: “la migrazione di Nettuno spiega la pervasività delle orbite altamente ellittiche nella Cintura di Kuiper e può spiegare tutte le orbite KBO che abbiamo osservato“, ha scritto, “tranne una manciata“.
Gli astronomi si aspettano di trovare una varietà di orbite tra gli oggetti, a meno che qualcosa non agisca su di essi per modellarli allo stesso modo. “Trovare diversi KBO estremi sulle orbite rivolte nella stessa direzione è stato un indizio del fatto che qualcosa stesse succedendo“, scrive la Lawler. Sottolinea che ben due gruppi distinti di ricercatori hanno presentato studi che indicano l’esistenza del Pianeta Nove che modella l’orbita. E ci sono stati diversi studi che affermano che solo un Pianeta Nove potrebbe essere il responsabile. Ma quelle conclusioni erano un po’ premature, secondo la Lawler. Dopo quattro anni, sottolinea nel suo articolo, non ci sono prove dirette dell’esistenza del Pianeta 9: solo prove indirette.
Samantha Lawler fa parte di una collaborazione di scienziati che utilizzano il telescopio Hawaii Canada-Francia per cercare KBO. In cinque anni ne hanno trovati più di 800. Ciò ha raddoppiato il numero di KBO con orbite note. In breve, la comprensione del sistema solare esterno e dei corpi celesti che lo popolano ora è molto più dettagliata.
Questi oggetti sono incredibilmente difficili da scoprire. Si trovano molto in profondità nello spazio esterno del sistema solare e i più distanti si trovano a oltre 1000 unità astronomiche (150 miliardi di chilometri). Alcuni di essi superano i 100 km di diametro ma la grande distanza li rende quasi invisibili. E poiché seguono orbite altamente ellittiche, trascorrono la maggior parte del loro tempo a grande distanza dal Sole, complicando l’osservazione.
Qui sta il pregiudizio osservativo che Lawler afferma stia offuscando la comprensione del lontano Sistema Solare. Scrive: “ciò significa che i KBO su orbite ellittiche sono particolarmente difficili da scoprire, specialmente quelli estremi che rimangono sempre relativamente lontani dal Sole. Solo alcuni di questi sono stati trovati fino ad oggi e, con gli attuali telescopi, possiamo scoprirli solo quando sono vicini al pericentro, il punto più vicino al Sole nella loro orbita”.
La Lawler rafforza la sua idea ancora più chiaramente, spiegando che “questo porta a un altro pregiudizio di osservazione che è stato storicamente ignorato da molti studi sui KBO: i KBO in ogni parte del sistema solare possono essere scoperti solo in determinati periodi dell’anno. I telescopi terrestri sono inoltre limitati dal tempo stagionale, con scoperte che hanno meno probabilità di accadere quando le condizioni nuvolose, piovose o ventose sono più frequenti. Le scoperte di KBO sono anche molto meno probabili vicino al piano della galassia della Via Lattea, dove innumerevoli stelle rendono difficile trovare i corpi ghiacciati nelle immagini telescopiche“.
Ma conoscere in anticipo questi pregiudizi e renderne conto durante i cinque anni di osservazioni, ha chiarito alcune cose. Lawler afferma che la scoperta di ulteriori KBO estremamente distanti con una distribuzione uniforme mostra che non c’è davvero nessuna grande massa. E un altro studio aggiuntivo ha rilevato più KBO che mostrano una distribuzione uniforme.
Per chiarire le loro scoperte, Lawler e i suoi colleghi hanno fatto alcune simulazioni. Quelle simulazioni hanno mostrato che “se le osservazioni sono fatte solo in una stagione da un telescopio, i KBO estremi saranno naturalmente scoperti solo in un quadrante del sistema solare“, ha scritto, aggiungendo: “Queste simulazioni prevedono che ci dovrebbero essere molti KBO con pericentri grandi quanto i due valori anomali, ma anche molti KBO con pericentri più piccoli, che dovrebbero essere molto più facili da rilevare“, scrive. “Perché le scoperte sulle orbite dei KBO non corrispondono alle previsioni? La risposta potrebbe essere che la teoria del Pianeta 9 non regge a osservazioni dettagliate“.
Molti oggetti meravigliosi e sorprendenti rimangono da scoprire nel misterioso sistema solare esterno , ma non credo che Planet Nine sia uno di questi“, conclude Samantha Lawler.
Per quanto riguarda il nome di questo oggetto, nell’evento apparentemente improbabile che venga confermato, alcuni scienziati hanno alcune idee al riguardo. Nel 2018, il planetologo Alan Stern, che è il principale investigatore della missione New Horizons, tra le altre cose, firmò una lettera insieme ad altri 34 scienziati che obiettavano al nome molto poco scientifico di “Planet Nine”. Tutti quegli altri nomi “dovrebbero essere sospesi a favore di termini culturalmente e tassonomicamente neutri per tali pianeti, come Pianeta X, Pianeta Prossimo o quinto Pianeta Gigante“, hanno scritto.
Fonte: Universe Today