Neurodegenerazione: un aiuto efficace per contrastarla

Un team di ricercatori, ha individuato tramite il recettore NMDA (dell'acido glutammico un recettore ionotropico presente sulla membrana di cellule nervose) il ruolo decisivo nel consolidamento della memoria e quali sono i processi sinaptici alla base delle funzioni di una serie di malattie neurodegenerative. Questo ha condotto alla scoperta di una nuova classe di farmaci inibitori che proteggono le cellule nervose

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Le malattie neurodegenerative, sono oggi lo spettro di una società in perenne evoluzione. Non a caso, nell’arco degli ultimi anni, il focus di diverse équipe di medici-ricercatori, si è concentrato maggiormente sulle cause e le possibili cure.

Purtroppo, la neurodegenerazione, che è caratterizzata dalla progressiva perdita di cellule neuronali in specifiche aree del cervello, non ha trovato ancora un preciso filo conduttore.

Tuttavia, la ricerca che solo in Europa ha un costo sanitario di circa 55 miliardi di euro ogni anno, ha fatto enormi passi avanti; tra le patologie più comuni, spiccano senza dubbio l’Alzheimer, il Parkinson e la SLA (sclerosi laterale amiotrofica).

Ma è opportuno rilevare che ne esistono diverse e ancora oggi non sono del tutto chiare le condizioni, i fattori e le origini del problema. Fatta eccezione per l’ereditarietà e/o l’origine genetica associata ai fattori ambientali.

Neurodegenerazione: una nuova scoperta potrebbe rivoluzionare tutto

I neurobiologi dell’Università di Heidelberg hanno scoperto come uno speciale recettore in corrispondenza delle giunzioni sinaptiche (o sinapsi) che normalmente attiva un programma genetico protettivo, può causare la morte delle cellule nervose quando si trova al di fuori delle sinapsi.

Questa scoperta è fondamentale per i processi neurodegenerativi, in quanto ha portato contemporaneamente i ricercatori dell’Interdisciplinary Center for Neurosciences (IZN) a un principio completamente nuovo per gli agenti terapeutici. Nei loro esperimenti su modelli murini, è stata scoperta una nuova classe d’inibitori molto efficaci per la protezione delle cellule nervose.

Come sottolinea il Prof. Dr. Hilmar Bading, questa nuova classe di farmaci si apre per la prima volta alla lotta contro le malattie del sistema nervoso attualmente non curabili. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su Science.

La ricerca del Prof. Bading e del suo team è incentrata sul cosiddetto recettore NMDA. Il recettore dell’N-metil-D-aspartato (o recettore NMDA o NMDAR) è sia un recettore dell’acido glutammico che un recettore ionotropico presente sulla membrana di cellule nervose. Gioca un ruolo essenziale nella plasticità sinaptica e nella consolidazione della memoria.

Questo recettore è una proteina a canale ionico che è attivata da un messaggero biochimico: il neurotrasmettitore glutammato. Esso permette al calcio di fluire nella cellula.

Il segnale del calcio mette in moto i processi di plasticità nella sinapsi, ma si propaga anche nel nucleo della cellula, dove attiva un programma genetico protettivo.

I recettori NMDA attivati dal glutammato, situati nelle giunzioni delle cellule nervose, hanno una funzione chiave nel cervello, contribuendo ai processi di apprendimento e di memoria e alla neuroprotezione.

Livelli di glutammato e la presenza di gravi patologie

Ma gli stessi recettori si trovano anche al di fuori delle sinapsi. Questi recettori NMDA extrasinaptici rappresentano una minaccia perché la loro attivazione può portare alla morte delle cellule. Normalmente, efficienti sistemi di assorbimento cellulare per il glutammato, fanno in modo che questi recettori non siano attivati e che le cellule nervose rimangano intatte.

Questa situazione può cambiare drasticamente in presenza di malattie. Se, ad esempio, parti del cervello non sono fornite di ossigeno sufficiente dopo un ictus, le interruzioni della circolazione annullano i sistemi di assorbimento del glutammato.

Il livello di glutammato al di fuori delle sinapsi aumenta, attivando così i recettori NMDA extrasinaptici. Il risultato è il danneggiamento delle cellule nervose e la morte accompagnata da restrizioni delle funzioni cerebrali.

L’aumento dei livelli di glutammato al di fuori delle sinapsi non si verifica solo durante i disturbi circolatori del cervello. “L’evidenza suggerisce che le proprietà tossiche dei recettori NMDA extrasinaptici svolgono un ruolo centrale in una serie di malattie neurodegenerative”, spiega il Prof. Bading.

Secondo lo scienziato, questo vale, in particolare, per il morbo di Alzheimer e la sclerosi laterale amiotrofica, con la conseguente debolezza muscolare e lo spreco muscolare (noto anche come atrofia muscolare, è quando un muscolo diventa magro e debole). Nonché la degenerazione della retina, ed eventualmente anche i danni cerebrali in seguito a infezioni da virus o parassiti.

Mentre i recettori NMDA attivati dal glutammato all’interno delle giunzioni neuronali aiutano a costruire uno scudo protettivo, le sinapsi esterne cambiano da Dr. Jekyll a Mr Hyde.

“Capire perché i recettori NMDA extrasinaptici portano alla morte delle cellule nervose, è la chiave per sviluppare terapie neuroprotettive”, continua il Prof. Bading. È proprio qui che i ricercatori di Heidelberg stanno concentrando i loro sforzi.

Gli esperimenti e la scoperta di nuovi orizzonti terapeutici

Nei loro esperimenti su modelli murini, sono stati in grado di dimostrare che i recettori NMDA che si trovano al di fuori delle sinapsi formano un tipo di “complesso di morte” con un’altra proteina a canale ionico.

Questa proteina, chiamata TRPM4, (nota anche come melastatina-4, è una proteina che negli esseri umani è codificata dal TRPM4 – Transient receptor potential cation channel subfamily M member 4).

Inoltre, ha una varietà di funzioni nel corpo, con ruoli nel sistema cardiovascolare e risposte immunitarie. Secondo le ultime scoperte di Hilmar Bading e del suo team di ricercatori, TRPM4 conferisce proprietà tossiche ai recettori NMDA extrasinaptici.

Utilizzando metodi biochimici molecolari e proteici, gli scienziati hanno identificato le superfici di contatto delle due proteine che interagiscono. Con queste conoscenze, hanno utilizzato una ricerca basata sulla struttura per identificare le sostanze che potrebbero interrompere questo legame, smantellando e inattivando così il “complesso della morte”.

Questa nuova classe di inibitori – che i ricercatori di Heidelberg chiamano “inibitori di interfaccia” perché interrompono il legame formatosi sulle superfici di contatto tra i recettori NMDA extrasinaptici e TRPM4 – si è dimostrata estremamente efficace come protettore delle cellule nervose.

“Stiamo lavorando con un principio completamente nuovo per gli agenti terapeutici. Gli inibitori di interfaccia ci forniscono uno strumento in grado di rimuovere selettivamente le proprietà tossiche dei recettori NMDA extrasinaptici”; spiega il Prof. Bading.

I test evidenziano l’efficacia dei nuovi farmaci inibitori

Il Prof. Bading e il suo team sono già stati in grado di dimostrare l’efficacia dei nuovi inibitori nei modelli murini di ictus o di degenerazione della retina. Secondo il ricercatore di Heidelberg, ci sono buone ragioni per sperare che tali inibitori dell’interfaccia – somministrati per via orale come neuroprotettori ad ampio spettro – offrano opzioni di trattamento per le malattie neurodegenerative attualmente non curabili.

“Tuttavia, la loro possibile approvazione come farmaci farmaceutici per uso umano richiederà ancora diversi anni, perché le nuove sostanze devono prima passare con successo attraverso una serie di fasi di test preclinici e clinici”.