Lunedì sarà lanciato in orbita il primo veicolo spaziale mosso a fotoni

Un'altra idea della fantascienza che diventa realtà

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Tra qualche giorno, presumibilmente il 24 giugno, un razzo Falcon Heavy di SpaceX, verrà lanciato dalla Florida verso lo spazio, portando in orbita un satellite delle dimensioni di una pagnotta, assolutamente privo di un sistema di propulsione a propellente, solido o liquido che sia.

Questo satellite si muoverà nello spazio utilizzando un’enorme “vela solare” in poliestere.

Anche se può sembrare un’idea folle, se ne parlava da tempo: far muovere nel vuoto dello spazio una sonda senza motore, senza carburante e senza pannelli solari, sfruttando esclusivamente la spinta dei pacchetti di energia luminosa che chiamiamo fotoni. Insomma, la propulsione di questo satellite sarà affidata alla luce emessa dal Sole.

La navicella spaziale che verrà lanciata lunedì, chiamata LightSail 2, è stata sviluppata grazie al crowfunding, dalla Planetary Society, un’organizzazione statunitense che promuove l’esplorazione dello spazio, co-fondata dal leggendario astronomo Carl Sagan nel 1980.

Diciamo subito, però, che non si tratta di un’idea rivoluzionaria. Anzi, in sé circola già da parecchio tempo.

Già nel 1600, Johannes Kepler ha parlato di vele tra le stelle“, racconta Bill Nye, l’amministratore delegato della Planetary Society.

Keplero teorizzò che le vele e le navi potessero essere adattate per “sfruttare le brezze celesti” e, anche se lui probabilmente non immaginava che queste brezze si sarebbero concretizzate nella luce del Sole, “oggi sappiamo che esiste davvero il vento solare. Non è solo poesia“.

In realtà, costruire una vela solare non richiede tecnologie all’avanguardia come si potrebbe immaginare. Una vela solare è, essenzialmente, un grande quadrato fatto con una pellicola molto sottile (meno della larghezza di un capello umano), ultra-leggera e riflettente.

La vela solare del LightSail 2 Ha una superficie di 32 metri quadrati ed è fatto di Mylar, una tipo di poliestere che è sul mercato dagli anni ’50.

Il principio della navigazione sfruttando il vento solare è molto semplice: quando i fotoni rimbalzano sulla vela, trasferiscono il loro slancio nella direzione opposta alla luce che rimbalza.

La spinta fornita dai fotoni è minuscola, ma continua e illimitata. “Una volta che sei in orbita, non rimani mai senza carburante“. L’agenzia spaziale giapponese lanciò una vela solare di test nel 2010, Ikaros, ma rimase una prova fine a sé stessa, fino ad oggi..

È un’idea romantica il cui tempo è finalmente giunto“, ha detto Nye. “Speriamo che questa tecnologia venga ulteriormente sviluppata e migliori“.

Energia illimitata

Nel 2015 fu lanciato il LightSail 1, destinato solo a testare lo spiegamento della vela, la cui missione fu funestata da parecchi problemi. Il LightSail 2 è costato 7 milioni di dollari, una miseria se confrontato ai costi delle normali missioni spaziali. È previsto che il satellite resti in orbita per un anno. “Vogliamo democratizzare l’esplorazione dello spazio“, ha affermato con entusiasmo Nye, che ha invitato università e imprese a riprendere lo sviluppo di questa tecnologia.

Pochi giorni dopo il suo lancio dal Kennedy Space Center, in Florida, LightSail 2 aprirà i suoi pannelli solari incernierati, quindi dispiegherà le quattro parti triangolari della sua vela, che insieme formano un quadrato gigante.

Per questa dimostrazione, i pannelli solari forniranno energia per le altre funzioni del satellite, come la fotografia e le comunicazioni via terra. La sonda aumenterà progressivamente la quota della sua orbita solo utilizzando la pressione della radiazione solare sulla vela.

Bene, a cosa servirà, in futuro, questa tecnologia?

Per cominciare, potrebbe facilitare l’esplorazione dello spazio profondo. Secondo i suoi progettisti, una sonda a vela solare, pur avendo una velocità iniziale molto più bassa di quella di una sonda normalmente alimentata a carburante, continuerà ad accelerare in modo permanente nel suo viaggio attraverso lo spazio, arrivando a raggiungere velocità inimmaginabili per le sonde normali.

Un’altra possibile applicazione potrebbe essere quella di mantenere una sonda stazionaria in un punto stabilito nello spazio, cosa che richiederebbe di apportare correzioni all’infinito. Ad esempio, un telescopio spaziale (Kepler è stato dismesso per avere finito il carburante) oppure un satellite in orbita geostazionaria sopra il Polo Nord.

“Servirebbe un’enorme quantità di carburante per tenere un satellite fermo in un punto stabilito per 10 anni, ma non è pratico”, ha detto Nye.

I fotoni, d’altra parte, sono illimitati e gratuiti.