L’olio di palma, è un prodotto che si utilizza in vari ambiti, dalla pasticceria, ai prodotti alimentari, alla costruzione, ai prodotti per la cura del corpo, ai carburanti. Ma la produzione dell’olio di palma, sta costando cara alla Terra, a causa del danneggiamento delle foreste pluviali. E’ possibile sostituirlo visto il largo utilizzo?
L’olio di palma, è l’olio vegetale più utilizzato al mondo, è nel 50% dei prodotti che si consumano, e svolge un ruolo centrale in una serie di applicazioni industriali. Gli agricoltori, nel 2018 hanno prodotto 77 milioni di tonnellate di olio di palma, per il mercato globale, e si prevede una produzione di 107,6 milioni di tonnellate per il 2024.
L’ampio utilizzo dell’olio di palma, è dovuto alla sua grande versatilità come prodotto, grazie alla sua composizione chimica. L’olio di palma, che viene raccolto dai semi della palma dell’Africa Occidentale, ha un colore pallido ed è inodore, caratteristica che lo rende un ottimo additivo alimentare. L’olio, ha un alto punto di fusione, ed è ricco di grassi saturi, ciò lo rende ideale per la produzione di creme e dolciumi. La maggior parte degli altri oli vegetali, deve essere parzialmente idrogenata in modo chimico, per riuscire a ottenere la stessa consistenza, trasformandoli in grassi saturi.
La chimica unica dell’olio di palma, riesce a resistere ad alte temperature date dalla cottura, inoltre, è molto resistente al deterioramento, grazie a ciò riesce a conferire una lunga durata ai prodotti in cui si trova. Quest’olio, può essere utilizzato come combustibile, così come anche i chicchi di palma dopo la lavorazione. I gusci, possono essere frantumati e utilizzati per produrre il cemento, e la cenere che rimane dalla combustione di fibre di palma e dei noccioli, può essere usata come sostituto del cemento.
La rapida espansione delle piantagioni di olio di palma, è accusata di una massiccia deforestazione in Indonesia e Malesia, e della distruzione dell’habitat della fauna selvatica autoctona, come l’orangutan, ed è la causa dell’aumento del rischio di estinzione di molte specie. Secondo la Global Forest Watch, l’Indonesia ha perso 25,6 milioni di ettari di copertura arborea tra il 2001 e il 2018, un’area grande quasi quanto la Nuova Zelanda.
La composizione dell’olio di palma, lo rende perfetto per la produzione di burro di arachidi e altre creme spalmabili.
La soluzione più rapida sarebbe trovare un altro tipo di olio vegetale con proprietà simili. Il marchio di cosmetici britannico LUSH, per i suoi prodotti ha scelto di utilizzare una miscela di olio di colza e olio di cocco, sviluppando così il “Movis”, una base di sapone che contiene olio di semi di girasole, burro di cacao, olio extra vergine di cocco e germe di grano. Gli scienziati, che si occupano di settore alimentare e cosmetico, stanno inventando alternative, tra cui troviamo oli di karitè, sal, jojoba, kokum, illipé, jatropha e chicchi di mango. Idrogenando e mescolando questi oli esotici è possibile creare una miscela con proprietà simili all’olio di palma. P
urtroppo, nessuno di questi ingredienti è economico o facilmente reperibile come l‘olio di palma. I Karité africani ad esempio, vengono raccolti e venduti in piccole quantità dalle comunità locali, e non coltivati in piantagioni, avendo quindi un offerta ridotta.
Una delle destinazioni di olio di palma, insieme alla soia, altra coltivazione incolpata per la distruzione delle foreste pluviali, è l’alimentazione del bestiame e alimenti per animali domestici. L’olio di palma, oltre ad essere altamente calorico, è ricco di acidi grassi essenziali, e aiuta l’assorbimento di vitamine liposolubili. A causa dell’aumento della domanda globale di carne, pollame e prodotti lattiero-caseari, crescerà anche la domanda di olio di palma.
La distruzione della foresta pluviale, per far posto alle piantagioni di palma da olio, trasforma gli habitat pieni di specie in monocolture desolate.
Combustibili verdi
La metà dell’olio di palma, importato nell’unione Europea, nel 2017 è stato utilizzato per produrre il carburante. La direttiva dell’UE, riguardanti le energie rinnovabili ha fissato un obiettivo ambizioso, che il 10% dell’energia dei trasporti su strada provenisse da fonti rinnovabili entro il 2020, e il biodiesel, prodotto con l’olio di palma, ha contribuito a raggiungere tale obiettivo. Nonostante ciò, nel 2019 la UE, ha annunciato che i biocarburanti derivati dall’olio di palma e da altre colture a base alimentare dovevano essere gradualmente eliminati, a causa del danno ambientale dovuto dalla loro produzione.
La UE, sta cercando un alternativa valida ai biocarburanti, ed un opzione potrebbero essere le alghe. L’alga produce un olio molto simile a quello di palma, e grazie alle spore riesce a sopravvivere anche in condizioni aride. Alcune specie di alghe sono in grado di produrre il petrolio, che può essere trasformato in un “biocrude”, che può essere distillato in una gamma di carburanti che potrebbero sostituire il diesel. Nonostante possa sembrare strano l’utilizzo di alghe come carburante, in realtà non lo è, visto che alcuni giacimenti petroliferi nel mondo, non sono altro che resti fossili di alghe. David Nelson, genetista delle piante, presso la New York University di Abu Dhabi, ha studiato le alghe, e la sua ricerca sulla genetica del cloroidio, un’alga microscopica comune ad Abu Dhabi, potrebbe creare una valida alternativa all’olio di palma.
L’olio può essere estratto dalle alghe, ma coltivarlo su una scala che potrebbe competere con la produzione dell’olio di palma, si sta rivelando difficile.
David Nelson, insieme al suo team spera di riuscire a far crescere l’alga in vasche o stagni aperti, permettendogli successivamente di raccoglierne l’olio. Nelson, afferma che “Per fare si che questo tipo di olio prenda piede nel mercato, bisognerà avere un cambiamento nel mondo del mercato, allora si che l’olio algale, potrà essere prodotto per la vendita di mercato”.
Nelson, non è l’unico a credere nell’olio algale. La ExxonMobil e Synthetic Genomics, nel 2017, hanno annunciato di aver creato una varietà di alghe che ha prodotto il doppio della quantità di olio rispetto al suo predecessore. La casa automobilistica Honda, ha installato una azienda sperimentale di alghe nel suo impianto in Ohio, che cattura l’anidride carbonica nei centri di prova dei motori. La Solazyme, una società biotecnologica con sede a San Francisco, ha sviluppato carburanti derivanti dalle alghe, per applicazioni automobilistiche, aeronautiche e militari.
Una nuova foglia
Se non si riuscisse a sostituire l’olio di palma, una possibilità valida sarebbe ridurre l’impatto ambientale, cambiando il modo in cui viene coltivato, e valutando le applicazioni del prodotto.
La maggior parte delle aziende occidentali, acquistano olio di palma certificato dalla Roundtable for Sustainable Palm Oil (RPSO). Ma il mercato di olio sostenibile risulta saturo di richieste, portando così i produttori a vendere olio certificato senza etichettatura di ecosostenibilità. La RPSO, è stata accusata di essere poco efficace e non in grado di riuscire a costringere i coltivatori ad un cambiamento.
La palma da olio cresce solo al 20° grado dall’equatore, in un area dove crescono le foreste pluviali e che ospitano l’80% di tutte le specie del mondo. Bisognerebbe creare una pianta da olio, che riuscisse a crescere ovunque, diminuendo cosi la pressione sulle foreste pluviali. Questo e ciò che Reynolds, e i suoi colleghi stanno cercando di fare.
Reynolds, afferma che “La palma da olio non può crescere troppo a sud o troppo a nord, essendo una pianta tropicale. Stiamo cercando di trovare una pianta che abbia un alta biomassa, così da essere in grado di crescere in diversi climi”.
Per il momento la situazione sull’olio di palma non sembra cambiare, sostituirlo sembra ancora molto difficile.
Si spera che grazie al potenziale scientifico e l’intenzione di diminuire l’impatto ambientale si possano soddisfare le esigenze alimentari, di carburante e cosmetiche diminuendo i danni alla natura, serve solo la volontà di creare il cambiamento.