Quando il 26 ottobre 1860, nei pressi di Teano, Giuseppe Garibaldi consegnava il Regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele, lo stato borbonico aveva ancora dei focolai di resistenza. In particolare i borbonici resistevano ancora nelle fortezze di Messina, di Civitella e soprattutto di Gaeta, dove si era rifugiata la giovane coppia reale Francesco II di Borbone e Maria Sofia di Baviera.
I due giovani reali, lui ventiquattrenne e lei appena ventenne, illuminarono con il loro comportamento il tramonto della dinastia che aveva regnato nell’Italia meridionale per un secolo. In particolare la giovanissima regina fu l’anima della resistenza di Gaeta, diventando in breve molto popolare tra i soldati impegnati in una difesa disperata. Maria Sofia nata nel 1841 era una delle cinque scapigliate e bellissime sorelle Wittelsbach della famiglia reale di Baviera, famose per i loro illustri matrimoni. Ad Elisabetta, in seguito conosciuta come Sissi era toccato addirittura come marito, Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria e d’Ungheria.
Maria Sofia appena diciassettenne, era andata in sposa invece a Francesco II di Borbone che lei non aveva mai incontrato prima delle nozze. Si trattava di un matrimonio combinato, pratica diffusa tra i reali d’Europa. Mai coppia risultò più male assortita dei due, “Pussi” come era soprannominata Maria Sofia amava cavalcare, cacciare, tirare di scherma, fumare, leggere romanzi e flirtare con garbo con i gentiluomini della corte paterna.
Francesco era invece l’opposto, introverso, cattolico fin quasi al bigottismo, aborriva ogni tipo di esercizio fisico e passava la giornata leggendo libri edificanti che il severo padre Borrelli, suo educatore, gli indicava. Collezionista di reliquie sacre aveva un pessimo rapporto con la sua sessualità, tanto che non consumò il matrimonio durante la prima nozze di notte, creando una prima frattura con l’esuberante Maria Sofia.
Asceso al trono il 22 maggio 1859 il giovane sovrano, circondato da una corte corrotta ed incapace, iniziò ad inanellare errori che nel volgere di poco più di un anno gli costeranno la corona. Nell’estate del 1859 aveva respinto la proposta di Cavour di entrare a far parte di una confederazione di stati italiani che avrebbero unificato la penisola.
Il secondo errore esiziale Francesco lo commette quando Garibaldi ed i suoi mille volontari sbarcano a Marsala. Il sovrano non ascolta l’invito di Maria Sofia di mettersi alla testa del suo esercito per ributtare a mare le camicie rosse ed invia nell’isola il settantaduenne generale Francesco Landi, che soffre di prostata e si muove sul teatro di battaglia in calesse. Risultato i 93.000 uomini dell’esercito borbonico vengono sbaragliati da un pugno di volontari male armati.
Quando però la coppia reale si rifugia a Gaeta, anche Francesco, finalmente darà il meglio di se e quel periodo sarà anche il momento di massima unità emotiva dei due giovani. L’assedio che inizia il 14 novembre 1860 sarà l’ultimo dei 14 assedi subiti dalla fortezza di Gaeta. Le truppe assedianti, al comando del generale Cialdini, raggiungevano le 15.000 unità e 160 pezzi di artiglieria, più quelli della squadra navale comandata dall’ammiraglio Carlo Pellion di Persano. Per contro gli ultimi dei Borboni potevano contare su 12.000 soldati e 300 cannoni, ma questi ultimi era vecchi pezzi ad avancarica con canna liscia, mentre quelli piemontesi erano a retrocarica e con anima rigata.
I primi a capire che le sorti della fortezza erano segnate furono i membri del Corpo diplomatico che avevano seguito la corte nell’ultimo ridotto del Regno di Napoli e Sicilia. Ben presto si imbarcarono su una nave francese riparando a Roma.
Con il passare dei giorni le condizioni degli assediati divennero sempre più dure: scarsità di cibo, cannoneggiamenti furiosi e perfino un epidemia di tifo che fece più vittime del bombardamento piemontese misero a dura prova l’ultima resistenza dei borbonici. Un colpo durissimo per il morale di Francesco e Maria Sofia fu quando Cavour riuscì a convincere Napoleone III a ritirare la squadra navale francese schierata a protezione di Gaeta.
Dopo quattro mesi di lotta disperata, il 13 febbraio 1861 la piazzaforte borbonica capitolò firmando l’atto di resa. L’unica concessione di Cialdini fu riconoscere l’onore delle armi. Il 14 febbraio, alle ore 8 circa, mentre le truppe dell’esercito piemontese entravano nella piazzaforte di Gaeta e si raccoglievano su Monte Orlando, come previsto dagli accordi di capitolazione, il re Francesco II di Borbone e la regina Maria Sofia, seguiti da principi e ministri, dopo aver ricevuto gli ultimi onori militari dalle truppe borboniche schierate sul lungomare di Gaeta e un caloroso saluto dalla popolazione civile sopravvissuta ai bombardamenti, si imbarcarono sulla nave da guerra francese “Mouette” per recarsi in esilio a Roma, ospiti del Papa.
Il 12 anche Messina si arrese e il 20 marzo cadde anche la fortezza di Civitella. Il Regno dei Borboni in Italia non esisteva più.
L’assedio di Gaeta
L'assedio di Gaeta del 1861, il quattordicesimo subito dalla città nel corso della sua storia, rappresentò l'ultima atto del Regno di Napoli e delle Due Sicilie
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