Siamo in una fase storica nella quale molti fisici ritengono che si stia approssimando una crisi in questa disciplina o che nella migliore delle ipotesi viviamo in quella sorta di “terra di nessuno” nella quale si aspetta un novello Einstein in grado di avviarne una nuova fase.
Non è la prima volta che si grida alla “fine della fisica” appena qualche decennio fa, il compianto astrofisico britannico, Stephen Hawking (ed altri con lui) prevedevano che di li a poco, il Santo Graal della fisica, ovvero “la teoria del tutto” fosse ormai imminente, sistemando in modo semplice ed elegante le caselle mancanti nella nostra comprensione dell’universo. Come sappiamo si sbagliavano.
La stessa sicurezza sulla morte di questa disciplina molti fisici l’avevano manifestata verso la fine del XIX secolo e solo pochi anni dopo ci fu un’esplosione di nuove scoperte (l’elettrone, la radioattività, i raggi X) che non si riuscivano a spiegare con le conoscenze del tempo e questo portò alla nascita della fisica moderna.
Oggi molti si attendono una nuova rivoluzione che ad esempio riesca a correlare in modo compiuto ed armonico la teoria della relatività e la meccanica quantistica, ma non soltanto. Dopo la scoperta del bosone di Higgs e quindi la conferma dell’esistenza dell’omonimo campo, niente di veramente grande e nuovo è più avvenuto. Non sappiamo nulla di certo e di verificato sulla natura della materia oscura che tiene insieme le galassie, o dell’energia oscura che sta espandendo in modo accelerato l’universo.
Ne abbiamo risposto in modo convincente del perché esiste più materia che antimateria. Non sappiamo se è esistito qualcosa prima del Big Bang e neppure se il multiverso è un fenomeno concreto oppure una speculazione che sa più di fantascienza e filosofia che di scienza vera e propria.
Questo non significa che la conoscenza complessiva dei fenomeni che sottostanno all’esistenza dell’universo non sia cresciuta. Siamo andati avanti secondo un percorso incrementale che ha aggiunto singoli fasci di luce attorno ancora ad un vasto ed insondabile buio.
Un ulteriore esempio della fase di apparente impasse che vive la fisica è il Modello Standard fondamentale per la fisica delle particelle. Si tratta di un amalgama di due teorie matematiche distinte, chiamate «teoria elettrodebole» e «cromodinamica quantistica», che insieme descrivono le proprietà di tutte le particelle elementari note e le forze con cui si relazionano.
Molti fisici ritengono che questo modello costituisca soltanto una passaggio intermedio verso un approdo più completo ed esaustivo della conoscenza. Questo, nonostante che il Modello Standard abbia egregiamente svolto la sua funzione di chiarirci la natura della materia: come e perché gli elettroni si dispongono attorno ai nuclei atomici, come gli atomi interagiscono per formare le molecole, come queste ultime si combinano per formare tutto quello che vediamo attorno a noi, e come la materia interagisce con la luce.
Però il Modello Standard non include la gravità e non spiega né la materia oscura né l’energia oscura. Per questo la ricerca oltre il Modello Standard si sta intensificando, per dare una risposta ai numerosi enigmi ancora irrisolti.
La fisica, più di ogni altra disciplina scientifica, progredisce attraverso la continua interazione tra teoria e sperimentazione: le teorie sopravvivono nel tempo solo se le loro previsioni continuano a essere verificate. Più queste teorie reggono all’usura del tempo, più verifiche sperimentali acquisiscono a loro favore, più sono ritenute affidabili dalla comunità scientifica, fino a diventare dei veri e propri paradigmi.
E’ il caso, ad esempio, della teoria della relatività, sia ristretta che generale, che ad oltre un secolo di distanza, continua ad incamerare esperimenti che ne confermano la validità. A volte gli esperimenti rivelano fenomeni inspiegabili, che richiedono nuovi sviluppi teorici. Il progresso nella fisica si ottiene soltanto quando teoria e sperimentazione vanno a braccetto, sostenendosi reciprocamente.
In questa disciplina ci sono sempre stati due tipi di ricercatori. Il primo gruppo si muove all’interno di teorie consolidate, questi scienziati ottengono una percentuale più alta di successi, incrementano la conoscenza un pezzetto per volta, ma di solito non sono in grado di lanciare teorie o scoperte veramente originali e rivoluzionarie.
Il secondo gruppo si muove prevalentemente nel mare più ignoto, attraverso idee più originali e speculative. Il loro tasso di insuccesso è molto alto, ma quando ci “azzeccano” le loro scoperte portano a rivoluzioni negli stessi paradigmi della scienza.
Forse la fisica ha bisogno di uno di questi arditi “avventurieri” per uscire dall’impasse degli ultimi anni.
Fonti: alcune voci di Wikipedia, Il mondo secondo la fisica, di Jim Al Khalili
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