Lo ius primae noctis è un’espressione entrata nella leggenda, ma da tale “mito” possiamo ricavarne qualcosa di storicamente accertato e reale? Secondo la tradizione, tale diritto era utilizzato dal signore di un feudo o di un villaggio per deflorare le fanciulle vergini poco prima della loro prima notte di nozze. Questo desiderio sessuale da parte del potente andava dunque a calpestare l’amore puro e genuino di due giovani sposi, desiderosi solamente di essere felici. In realtà una cosa è assodata dalla storia medioevale: questo diritto non ha alcun fondamento reale. In realtà, come afferma il professor Alessandro Barbero. medievista e notissimo divulgatore, questa leggenda nacque in realtà nel ‘500.
Ius primae noctis: le dichiarazioni di Barbero
Queste le dichiarazioni del professor Alessandro Barbero riguardo al famigerato (e falso) mito dello ius primae noctis: “Lo ius primae noctis è una straordinaria fantasia che il medioevo ha creato, che è nata alla fine del medioevo, e a cui hanno creduto così tanto che c’era quasi il rischio che qualcuno volesse metterlo in pratica davvero, anche se non risulta che sia mai successo. In realtà è una fantasia: non è mai esistito“. Insomma, una vera propria fake news ante litteram.
Come nasce tale mito?
Non è facile comprendere come sia nata la leggenda dello Ius primae noctis. Bisogna fare un excursus nella storia medioevale, traendo spunto da vari testi dell’epoca, che vanno a illustrare la situazione dei feudi, dei villaggi e dei piccoli borghi di tale epoca. Ebbene, nel 2013, nel corso del festival della Mente di Sarzana, sempre il professor Alessandro Barbero ha tenuto una lezione di un’ora con l’obiettivo di screditare questa leggenda tanto pruriginosa quanto bugiarda. Secondo lo studioso, tutto nascerebbe da un documento del 1247 attestante il diritto di un signorotto francese a chiedere la tassa sul matrimonio dal genitore di una fanciulla, una volta che questa avrebbe sposato un giovane di un altro villaggio. La tassa è solo uno dei diversi diritti posti dal signore in un elenco in lingua latina, per distinguerli da altri spettanti invece ai monaci della locale abbazia.
Le rime del monaco
Proprio un monaco, forse un po’ annoiato, ebbe come trastullo il tradurre in rima questa serie di diritti pretesi dal nobiluomo. Una volta giunto al punto in cui si parlava della tassa sul matrimonio, ecco come scrive il monaco: “Oggi si pagano 3 soldi, ma ai contadini va bene, perché nei tempi antichi la tassa era tanto costosa che, piuttosto che dare al Signore un capo di bestiame, il padre gli offriva la verginità della figlia“. Un fraintendimento madornale! In realtà non è il signore a pretendere il diritto, ma lo stesso contadino, padre della ragazza, il quale pur di non pagare la tassa è disposto a offrire un altro compenso. Ci auguriamo con il nostro articolo di aver chiarito come lo ius primae noctis non abbia in realtà alcuna valenza storica.
FONTI:
https://www.treccani.it/vocabolario/ius-primae-noctis/