Il fisico britannico Stephen Wolfram pensa che la vita intelligente extraterrestre sia inevitabile, ma con un avvertimento.
Sebbene la vita intelligente sia inevitabile, non la troveremo mai, almeno non cercando nella Via Lattea.
"Abbiamo scarse possibilità di distinguere artefatti ET da oggetti celesti naturali"
Il fisico britannico Stephen Wolfram pensa che la vita intelligente extraterrestre sia inevitabile, ma con un avvertimento.
Sebbene la vita intelligente sia inevitabile, non la troveremo mai, almeno non cercando nella Via Lattea.
Wolfram sottolinea che al fine di comprimere sempre più informazioni nei nostri segnali di comunicazione, siano essi conversazioni di telefonia mobile o trasmissione di dati, rimuoviamo ogni ridondanza o schema dai nostri segnali. Se qualcosa in un segnale si ripete, allora può essere cancellato. Ma questo processo di rimozione di qualsiasi modello da un segnale rende il segnale sempre più casuale, sempre più simile al “rumore” radio casuale che arriva sulla Terra proveniente dallo spazio.
Secondo Wolfram, se qualcuno trasmettesse dallo spazio i nostri segnali di comunicazione del 21° secolo, avremmo molti problemi a determinare se fossero artificiali o naturali. Quindi, che possibilità abbiamo di distinguere una comunicazione ET dallo sfondo radio statico generale del cosmo?
Insomma, Wolfram ci propone una vera e propria risposta al Paradosso di Fermi.
Nella sua opera A New Kind of Science, Wolfram, suggerisce che, per ragioni simili a questa, l’intelligenza extraterrestre sia inevitabilmente difficile da definire e riconoscere “Di solito si presume che rilevare segnali extraterrestri trasmessi secondo un sofisticato sistema matematico fornirebbe prove dell’intelligenza extraterrestre“, scrive. “Ma in “A New Kind of Science” dimostriamo che tale calcolo può effettivamente essere prodotto da regole di base molto semplici, del tipo che possono verificarsi in semplici sistemi fisici con nulla di simile a ciò che normalmente consideriamo intelligenza. Il risultato è una nuova visione del carattere dell’intelligenza e una raccolta di idee sulla natura dello scopo e il suo riconoscimento nelle estrapolazioni estreme della tecnologia“.
Come ha suggerito Avi Loeb di Harvard su Oumuamua, il primo oggetto interstellare noto ad essere rilevato mentre attraversava il Sistema Solare, nell’ottobre del 2017, gli artefatti Alieni potrebbero assomigliare molto ad un artefatto naturale.
Loeb fece notizia in tutto il mondo nel 2018 quando suggerì che Oumuamua, con la sua forma oblunga estrema fino a 10 volte la sua larghezza, potrebbe in realtà essere un’astronave aliena.
Un’analisi della sua traiettoria suggerisce che l’oggetto è arrivato da un posto molto al di là del sistema solare, da qualche parte nella costellazione della Lira, dirigendosi verso la costellazione di Pegaso.
Gli astronomi di tutto il mondo hanno tentato di analizzare l’oggetto tramite segnali radio per vedere se potevano determinare di cosa si trattasse. Era un frammento di un antico asteroide, una strana cometa? O era qualcos’altro?
Una possibilità, suggerisce Loeb, che non è più speculativa dell’esistenza dell’energia oscura o della materia oscura.
È facile distinguere un artefatto tecnologico come un’auto da un oggetto naturale come un albero. L’albero è molto più complicato.
Ma, afferma Wolfram, “questo succede semplicemente perché i nostri manufatti tecnologici sono ancora primitivi. Man mano che diventeranno più complessi – con processori che consentiranno loro di prendere decisioni momento per momento – inizieranno a sembrare complessi come alberi, persone e stelle”.
Abbiamo scarse possibilità, egli suggerisce, di distinguere un artefatto ET da un oggetto celeste naturale.
Se Wolfram ha ragione e gli ET sono là fuori ma non siamo in grado di riconoscerli – né nelle loro comunicazioni né nei loro artefatti – allora, ovviamente, potrebbero già essere qui nel Sistema Solare e non li riusciremmo a notare.
Secondo Wolfram, tutto nell’Universo è il prodotto di un programma per computer. In effetti, immagina un cyber-universo astratto di tutti i programmi per computer immaginabili, dal più semplice al più complesso. Questo “universo computazionale” contiene di tutto, dal sistema operativo Apple Macintosh a un programma per creare un’astronave più veloce della luce.
Wolfram crede di aver trovato il grande segreto della natura: il modo in cui genera la complessità del mondo, tutto, da un rododendro a un albero a una galassia a spirale sbarrata applicando ripetutamente semplici regole come semplici programmi per computer.
Wolfram giunse a questa straordinaria conclusione nei primi anni ’80 quando scoprì che il tipo più semplice di programma per computer – noto come automa cellulare – può generare infinita complessità se il suo output viene ripetutamente inserito come input.
Wolfram ritiene di aver trovato prove del fatto che il tipo di programma per computer che produce una complessità infinita può essere implementato “non solo in sistemi di molecole biologiche ma in tutti i tipi di sistemi fisici – nuvole di gas caotici, sistemi di particelle subatomiche e così via”. Conclude che la vita in tutto l’Universo – sebbene sicuramente non la vita come la conosciamo – nascerà spontaneamente. È una caratteristica fondamentale della materia.
L’esistenza di questo universo computazionale è un fatto cruciale. Ma la realtà è che sarebbe più facile ed efficiente per una civiltà ET rimanere a casa e usare un computer per cercare nell’universo computazionale programmi utili piuttosto che cercare di ottenere le stesse informazioni cercando gli ET con cui parlare tra le centinaia di miliardi di stelle nella Via Lattea. “È un semplice gioco di numeri“, afferma Wolfram.
Tutto è generato dal programma per computer “e questo include te e me“, afferma Wolfram. “Qualcuno a metà della galassia potrebbe aver inventato un programma per simularti e conversare con te proprio in questo momento.”
Fonte: Daily Galaxy