Il futuro dell’esplorazione: icebot

Il futuro dell'esplorazione spaziale si chiama Icebot, macchine che esplorano autonomamente lo spazio e si riparano estendendo cosi le loro missioni

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Se vogliamo esplorare lo spazio esterno dobbiamo mandare dei robot con delle caratteristiche uniche. Gli esploratori robotici dovranno essere in grado non solo di prendere decisioni ma anche di autoripararsi utilizzando le materie prime disponibili.

Questa è l’idea di base di un team di ricercatori che sta sviluppando delle macchine fatte di ghiaccio capaci di esplorare luoghi lontani e in caso di guasti o malfunzionamenti, in grado di ripararsi da sole. Per questi veicoli sarebbe facile esplorare luoghi lontani del sistema solare e trovare il ghiaccio necessario per ricostruire parti danneggiate.

L’idea è una delle più bizzarre ed incredibili mai esposte per l’esplorazione dei pianeti e delle lune del nostro sistema solare. Lo studio è stato presentato alla IEEE / RSJ International Conference on Intelligent Robots and Systems (IROS), rapporti IEEE Spectrum.

Il futuro dell’esplorazione spaziale si chiama Icebot, macchine senza equipaggio che esplorano autonomamente lo spazio e si riparano in caso di guasto estendendo cosi le loro missioni.

Per decenni le agenzie spaziali come la NASA o l’ESA hanno realizzato e sguinzagliato nel sistema solare dei veicoli stupefacenti. Spesso questi veicoli, progettati per durare pochi mesi, hanno compiuto imprese epiche estendendo miracolosamente la loro vita al di la di ogni più rosea aspettativa. Purtroppo un guasto, anche se di lieve entità, alla lunga, se non riparato può causare l’interruzione della missione. Anche l’usura eccessiva delle ruote di un rover possono interrompere una missione che potrebbe durare molto a lungo se solo la macchina potesse autoripararsi.

I costruttori di veicoli spaziali hanno risolto molto bene il problema dell’energia, facendo affidamento sui pannelli solari o su reattori a radioisotopi che possono durare per anni. Ma le parti danneggiate di un veicolo sono un problema ben più impegnativo da superare. purtroppo ruote o parti cruciali non possono essere ottenute facilmente come l’energia solare ad esempio.

Ma questi problemi possono essere risolti e le ruote o altre parti della struttura di un veicolo spaziale possono essere realizzate con altri materiali molto comuni nel sistema solare, uno di questi materiali è il ghiaccio.

Lo studio si trova nella sua fase iniziale per quanto riguarda l’invio di un robot fatto di ghiaccio verso i pianeti (o le lune) e le difficoltà da superare sono molte. Una di esse è che non si possono costruire batterie o dispositivi elettronici con il ghiaccio, ne sostituire materiali come titanio, fibra di carbonio e altri materiali.

Tuttavia, il ghiaccio è abbastanza comune nel sistema solare e possiede proprietà uniche, può essere facilmente lavorato: strumenti caldi possono tagliarlo e scolpirlo, oltre a incollare le varie parti tra di loro.

Il documento IROS prende in considerazione vari modi di sviluppare componenti strutturali per robot – utilizzando il ghiaccio in attività di produzione sia sottrattiva che additiva – per sviluppare un nuovo concetto in cui i robot possono possedere “auto-riconfigurazione, auto-replicazione e autoriparazione”, riferisce Spectrum IEEE .

L’idea è che i robot fatti di ghiaccio funzionino in ambienti ricchi di tale materia prima, dove la temperatura è abbastanza bassa da non destabilizzare la sua struttura solida, e anche abbastanza fredda da compensare il calore interno del robot stesso (che non scioglierà la propria struttura fatta di ghiaccio).

Lo stampaggio, la lavorazione CNC e la stampa 3D hanno dimostrato la fattibilità di tagliare il ghiaccio o forarlo con un trapano. Tuttavia gli ingegneri dovrebbero assicurarsi che l’acqua ghiacciata sciolta non si congeli in luoghi scomodi.

IceBot è un proof-of-concept per l’esplorazione robotica dell’Antartide e pesa 6,3 kg. Il robot è fatto a mano, i ricercatori lo hanno costruito per mostrare come un robot fatto di ghiaccio possa muoversi senza andare in pezzi, anche a temperature ambiente.

Si deve però sottolineare quanto ci sia da lavorare prima che un sistema come IceBot possa arrivare ad avere il tipo di capacità di auto riconfigurazione, riparazione e replica necessarie per l’esplorazione interplanetaria. Fino ad allora, dovremo accontentarci di missioni come Perseverance e altre simili che si svilupperanno negli anni ’20 di questo XXI secolo.