Gli astronomi si concentrano sulle regioni di formazione stellare nelle galassie vicine

"Per la prima volta, stiamo risolvendo singole unità di formazione stellare su un'ampia gamma di posizioni e ambienti in un campione che rappresenta bene i diversi tipi di galassie"

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Gli astronomi sanno che le stelle nascono in nubi di gas, ma ciò che innesca la formazione stellare e il modo in cui le galassie nel loro insieme giocano in essa, rimane un mistero.

Per formazione stellare si intende il processo e la disciplina che studia le modalità mediante le quali ha origine una stella. Quale branca dell’astronomia, la formazione stellare studia anche le caratteristiche del mezzo interstellare e delle nubi interstellari in quanto precursori, così come gli oggetti stellari giovani e il processo di formazione planetaria in quanto immediati prodotti.

Nonostante le idee che ne stanno alla base risalgano già all’epoca della rivoluzione scientifica, lo studio della formazione stellare nella sua forma attuale vede la luce solamente tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, in concomitanza con i numerosi progressi che l’astrofisica teorica compì all’epoca. L’avvento dell’osservazione a più lunghezze d’onda, soprattutto nell’infrarosso, diede i contributi più sostanziali per comprendere i meccanismi che stanno alla base della genesi di una nuova stella.

Il modello attualmente più accreditato presso la comunità astronomica, detto modello standard, prevede che una stella nasca a partire dal collasso gravitazionale delle porzioni più dense (dette “nuclei”) di una nube molecolare e dal successivo accrescimento dell’embrione stellare, originatosi dal collasso, a partire dai materiali presenti della nube.

Tale processo ha una durata che può variare tra alcune centinaia di migliaia e alcuni milioni di anni, a seconda del tasso di accrescimento e della massa che la stella nascitura riesce ad accumulare: si stima che una stella simile al Sole impieghi all’incirca un centinaio di milioni di anni per formarsi completamente, mentre per le stelle più massicce il tempo è notevolmente inferiore, nell’ordine dei 100 000 anni.

Il modello spiega bene le modalità che conducono alla nascita delle singole stelle di massa piccola e media (tra 0,08 e 10 volte la massa solare) e trova riscontro anche nella funzione di massa iniziale; risulta più lacunoso invece per quanto riguarda la formazione dei sistemi e degli ammassi stellari e delle stelle massicce.

Per tale ragione sono stati sviluppati dei modelli complementari che includono gli effetti delle interazioni tra gli embrioni stellari e l’ambiente in cui si formano ed eventuali altri embrioni nelle vicinanze, importanti ai fini delle stesse dinamiche interne dei sistemi e soprattutto della massa che le stelle nasciture riusciranno a raggiungere.

Le fasi successive della vita della stella, a partire dalla sequenza principale, sono di competenza dell’evoluzione stellare.

Per comprendere questo processo, gli astronomi hanno osservato cinque galassie vicine – NGC 1087, NGC 1300, NGC 3627, NGC 4254 e NGC 4303 – con lo strumento Multi-Unit Spectroscopic Explorer (MUSE) sul Very Large Telescope (VLT) dell’ESO e l’ Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), che scansiona le diverse regioni galattiche coinvolte nelle nascite stellari.

“Per la prima volta, stiamo risolvendo singole unità di formazione stellare su un’ampia gamma di posizioni e ambienti in un campione che rappresenta bene i diversi tipi di galassie”, ha affermato il dott. Eric Emsellem, astronomo dell’ESO e capo del VLT basate su osservazioni condotte nell’ambito del progetto Physics at High Angular Resolution in Near GalaxieS (PHANGS).

“Possiamo osservare direttamente il gas che dà vita alle stelle, vediamo le giovani stelle stesse e assistiamo alla loro evoluzione attraverso varie fasi”.

Il Dr. Emsellem e colleghi hanno usato MUSE per tracciare le stelle appena nate e il gas caldo intorno a loro, che è illuminato e riscaldato dalle stelle e agisce come una pistola fumante della formazione stellare in corso.

Combinando le immagini MUSE e ALMA, possono esaminare le regioni galattiche in cui sta avvenendo la formazione stellare, rispetto a dove si prevede che avvenga, in modo da capire meglio cosa innesca, aumenta o trattiene la nascita di nuove stelle.

Le immagini risultanti sono sbalorditive e offrono una visione spettacolare e colorata dei vivai stellari nelle nostre galassie vicine.

“Ci sono molti misteri che vogliamo svelare”, ha detto la dott.ssa Kathryn Kreckel, astronoma dell’Università di Heidelberg e membro del team di PHANGS.

“Le stelle nascono più spesso in regioni specifiche delle loro galassie ospiti – e, in tal caso, perché? E dopo la nascita delle stelle in che modo la loro evoluzione influenza la formazione di nuove generazioni di stelle?”

Gli astronomi potranno ora rispondere a molte domande sulla formazione stellare

“Per quanto sorprendente sia PHANGS, la risoluzione delle mappe che produciamo è appena sufficiente per identificare e separare le singole nuvole di formazione stellare, ma non abbastanza per vedere cosa sta succedendo al loro interno in dettaglio”, ha affermato la dott.ssa Eva Schinnerer, un’astronoma al Max Planck Institute for Astronomy e ricercatore principale del progetto PHANGS.

“Nuovi sforzi di osservazione da parte del nostro team e di altri stanno spingendo il confine in questa direzione, quindi abbiamo decenni di scoperte entusiasmanti davanti a noi”.

Fonte: bbc – science focus