La depressione clinica, in alcuni casi, risulta molto difficile da curare e neanche gli psicofarmaci riescono a risollevare le persone dall’incubo. Una nuova e inaspettata speranza, però, arriva dai funghetti allucinogeni. Infatti, i risultati di una nuova ricerca danno la speranza che in futuro, il principio attivo ricavato da questi funghi possa essere utilizzato come terapia per la salute mentale.
I funghi allucinogeni, utilizzati in una sperimentazione clinica, hanno dato riscontri positivi su una dozzina di volontari che si sono sottoposti alle cure. Da quanto emerso dallo studio sembra che le esperienze psichedeliche, amate dagli Aztechi e dalla controcultura hippy degli anni ’70, possano dare buone speranze.
Lo studio clinico effettuato ha richiesto molti anni di sperimentazione e un grande contributo economico per essere completato, sopratutto a causa delle rigorose restrizioni normative imposte intorno ai farmaci di classe 1. Nonostante ciò, è emerso che due dosi di psilocibina, il principio attivo presente nei funghi allucinogeni, sono stati sufficienti per migliorare lo stato di depressione nei 12 volontari per un periodo di tre settimane. In alcuni di loro, gli effetti si sono prolungati fino a tre mesi.
Ovviamenti, la piccola dimensione del campione e l’assenza di un gruppo di controllo indicano che la ricerca, finanziata dal Medical Research Council e pubblicata sulla rivista Lancet Psychiatry, si trova ancora nelle prime fasi di sperimentazione.
Gli scienziati dell’Imperial College di Londra dichiarano di avere la speranza che i risultati ottenuti dalla sperimentazione possano incoraggiare la MRC, o altri finanziatori, a stanziare i soldi necessari per poter terminare la ricerca. Nonostante gli ottimi risultati ottenuti, i ricercatori esortano le persone a non far uso dei funghi allucinogeni.
Il dott. Robin Carhart-Harris, autore principale della ricerca spiega che “i farmaci psichedelici hanno potenti effetti psicologici e vengono utilizzati nelle nostre ricerche solo quando sono stati testati con molta attenzione così da avere misure di sicurezza adeguate, come ad esempio uno screening accurato e un supporto terapeutico professionale. Nessuno di noi, pur ammettendo che la ricerca ha avuto buoni risultati, esorta le persone a pensare di poter curare la propria depressione utilizzando i funghi allucinogeni senza un attento monitoraggio medico. Questo tipo di approccio “fai da te” potrebbe essere molto pericoloso”.
Il prof. David Nutt, autore senior della ricerca, spiega che l’utilizzo dei funghi allucinogeni è consentito solamente per effettuare le ricerche in campo medico, e ricorda che questo tipo di droga è illegale. Inoltre, spiega che “per i gruppi di ricerca accademici è fondamentale che si cerchi di sviluppare dei possibili nuovi trattamenti per curare la depressione, a differenza dell’industria farmaceutica, che si sta allontanando da questo campo. Il nostro studio sta dimostrando che la psilocibina è sicura e ha un azione rapida sul soggetto, quindi se somministrata in maniera adeguata, può dare un enorme beneficio ai pazienti”.
I volontari sottoposti al trattamento erano soggetti affetti da una grave depressione per la quale non ottenevano più benefici con le cure di antidepressivi che assumevano. Nella fase iniziale dello studio gli è stata somministrata una dose bassa di psilocibina, così da evitarne effetti indesiderati, la dose successiva è stata fornita al soggetto una settimana dopo. Lo studio sui pazienti è avvenuto in una stanza appositamente preparata, dove potevano ascoltare musica, ed erano alla presenza di due psichiatri che hanno parlato con loro per tutto il tempo. L’esperienza psichedelica è durata fino a cinque ore.
Kirk Rutter, uno dei volontari, è entrato in depressione a causa della morte della madre, che non era riuscito ad accettare, nonostante le consulenze e le medicine. Ha dichiarato che la partecipazione allo studio gli ha creato un po’ di nervosismo, visto che era la prima volta che assumeva funghi allucinogeni, ma il personale cordiale, la disposizione della stanza e la musica lo hanno molto rilassato, tranquillizzandolo prima dell’assunzione delle capsule.
Infatti, il 45enne racconta che “entrambe le volte che ho assunto le capsule, ho sperimentato un qualcosa chiamato turbolenza psichedelica. Inizialmente, durante il periodo di transizione verso lo stato psichedelico mi sono sentito ansioso e provavo freddo, ma la sensazione è quasi subito svanita, portandomi ad un esperienza piacevole e molto bella. Grazie a questa esperienza ho potuto rivivere, in maniera piacevole, i ricordi che avevo con mia madre, ma sopratutto non avevo più il pensiero che lasciar andare il dolore significasse che mi stavo dimenticando di lei”. Già con le prime dosi si intravisti ottimi risultati.
Per ottenere il farmaco ci sono voluti 30 mesi, il quale doveva essere appositamente prodotto in capsule e confezionato da un unica società che aveva ottenuto la licenza per farlo. Il prof David Nutt ha dichiarato che le approvazioni normative hanno richiesto ben 32 mesi.
I ricercatori hanno affermato di non sapere se l’effetto del farmaco è stato causato dai cambiamenti chimici nel cervello, o se l’esperienza psichedelica, che le persone descrivono come spirituale o mistica, potrà dar loro una nuova prospettiva di vita. Secondo i ricercatori, in ogni modo, la psilocibina può offrire buone speranze a coloro che vivono in uno stato di depressione da gran parte della loro vita.
Amanda Feilding, condirettrice del programma di sperimentazione con il prof David Nutt, ha dichiarato che “i risultati della nostra ricerca stanno aiutando a capire come i principi attivi psichedelici possano cambiare la coscienza, e come queste informazioni possano essere utilizzate per trovare trattamenti innovativi per molte persone affette da disturbi psichiatrici non trattabili, come la depressione, la dipendenza e il disturbo ossessivo compulsivo”.
Fonte: The Guardian