Da sempre, periodicamente, salta fuori qualcuno che profetizza l’imminente fine del mondo; tutti ricordiamo ad esempio il 21 dicembre 2012 in cui, secondo alcuni interpreti del calendario Maya, terribili cataclismi avrebbero dovuto distruggere la Terra. Sappiamo tutti com’è andata…
Anche nell’ormai lontana estate 1960, la spensieratezza delle vacanze fu offuscata da una cupa profezia: il 14 luglio una catena di esplosioni atomiche incontrollabili (al posto dell’antiquata pioggia di fuoco e di zolfo) avrebbe posto fine alla razza umana, lasciando in vita soltanto 12.000 eletti.
Il menagramo di turno era “Emman il consolatore”, capo carismatico della Comunità Massiccio Bianco, in realtà un pediatra milanese trentottenne di nome Elio Bianca, il cui viso gioviale e la cui barbetta da alpino mal si accordavano colle sue fosche previsioni. Insieme coi suoi adepti, tra cui spiccava Py-a-Dassi, autentico sacerdote tibetano, già da anni trascorreva le vacanze estive in un rifugio alpino a più di duemila metri di quota presso Courmayeur, da loro ribattezzato Pavillon Gehovonise, nome che nella lingua monotematica olosemantica dell’Essere Supremo significava “tenda di Dio”.
Come faceva Emman a conoscere questo strano linguaggio?
Semplice: gli era stato insegnato dall’Essere Supremo cioè il Logos, la Sapienza divina in persona, col quale regolarmente dialogava ogni giorno ad ora fissa; alla fine di ogni colloquio i messaggi ricevuti venivano registrati al magnetofono da cui venivano trascritti pazientemente a macchina da sua madre, sorella Wamthar, che ne aveva già composto un libro di ben tredicimila cartelle.
Non solo: volete che l’Essere Supremo fosse il solo a dialogare con Emman? Mai più: Pascoli, Leopardi e D’Annunzio dettavano dall’aldilà tragedie e poesie che venivano diligentemente trascritte dall’infaticabile dattilografa.
Se qualcuno fosse stato tanto ingenuo da crederci, solo leggendole avrebbe cambiato idea: com’era possibile, per esempio, che D’Annunzio (per quanto rimbambito dai tormenti del Purgatorio) componesse versi brutti come: “Trenta uomini dinnanzi – nella forte insurrezione – sia colui che la propone – quel che in testa solo avanzi”?
Nel 1958 Emman ricevette il terribile messaggio: il 14 luglio 1960 ci sarebbe stata la fine del mondo.
Senza perdersi d’animo radunò alcuni adepti, si recò con loro al Pavillon ed iniziarono senza indugio lavori difensivi: le porte interne furono rinforzate e si costruirono tre “camere di decompressione”, cioè tre sgabuzzini comunicanti nei quali entrare uno per volta per “abituarsi gradatamente al nuovo clima post-apocalittico”.
Emman diede subito ai giornali l’annuncio del finimondo.
Via via che la data fatidica si avvicinava, l’opinione pubblica cominciò ad interessarsene sempre più, e quando ai primi di luglio 1960 la comunità si ritirò nel Pavillon, gli italiani si divisero tra coloro che prendevano la cosa semplicemente in ridere, e quelli che, pur alzando le spalle, sentivano un leggero brivido nella schiena. E se Emman avesse avuto ragione?
Ci fu chi tirò in ballo persino il Terzo Segreto di Fatima (poteva mancare?).
Dal canto suo Emman mise le mani avanti: il 10 luglio concesse un’intervista a un inviato di “Oggi” nella quale avanzava l’ipotesi che l’Apocalisse potesse non avvenire, o perlomeno non in quella data esatta, e che le rivelazioni avute fossero soltanto una specie di avvertimento. In questo caso avrebbe sopportato dileggio, beffe ed umiliazioni con animo sereno, come una prova alla quale l’Essere Supremo aveva voluto sottoporlo.
Era però certo del contrario: come stava scritto nella Bibbia (secondo lui, ovviamente) solo l’alta Val D’Aosta si sarebbe salvata, e quando l’inviato di “Oggi” gli disse il nome dell’albergo in cui alloggiava, gli raccomandò di andarsene in quanto quello stava proprio sotto uno dei monti che sarebbero sicuramente crollati.
Ovviamente, quando il 14 luglio passò e non successe nulla, un coro di risate e di sarcasmo percorse l’Italia intera: su questo Emman, alias Elio Bianca, fu veramente buon profeta per la prima (e unica) volta.