Encelado, uno dei satelliti di Saturno, è stato scoperto da Fredrick William Herschel il 28 agosto 1789, con l’uso del suo nuovo telescopio da 1,2 m, il più grande del mondo in quel tempo. Fino alle spettacolari missioni delle due sonde Voyager, tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni 1980, le caratteristiche di questo corpo celeste erano poco note, a parte l’identificazione di ghiaccio d’acqua sulla superficie, e per questo Encelado, con un diametro di soli 500 km riflette quasi il 100% della luce solare. La Voyager 1 scoprì che Encelado orbita nella regione più densa dell’anello E di Saturno mentre Voyager 2 rivelò che, nonostante le sue piccole dimensioni, il satellite presenta regioni che variano da superfici antiche con molti crateri da impatto a zone recenti datate circa 100 milioni di anni.
Nel 2005, Encelado fu studiato della sonda Cassini, che ne rivelò ulteriori dettagli superficiali approfondendo le scoperte fatte dalle sonde Voyager 1 e 2. In particolare, la sonda Cassini scoprì un pennacchio ricco d’acqua emesso nella regione polare sud. Questa scoperta, assieme alla presenza di fuoriuscite di calore interno e di pochi crateri da impatto nel polo sud, indica che Encelado è attualmente geologicamente attivo. Le analisi dei gas emessi composti da molecole complesse 10 volte più pesanti del metano, suggeriscono che siano stati generati da acqua liquida situata sotto la superficie.
Assieme alle analisi chimiche del pennacchio, queste scoperte hanno alimentato le ipotesi che Encelado sia un importante soggetto di studio nel campo dell’esobiologia potendo vantare condizioni ideali per il sostentamento della vita, in particolare per microrganismi monocellulari simili ai nostri archei.
Gli archei si trovano sulla Terra nei pressi delle sorgenti idrotermali degli oceani e sopravvivono convertendo il biossido di carbonio e l’idrogeno in metano. sono tra i batteri più antichi conosciuti e in particolare uno di essi, il Methanothermococcus okinawensis, un batterio metanifero, è stato studiato da un gruppo di ricerca che ha poi pubblicato la propria esperienza su Nature Communications. Secondo i ricercatori le molecole complesse e il metano rilevati nei pennacchi di Encelado possono teoricamente essere il sottoprodotto di un tipo di batteri simili. Per capire se quanto affermato è possibile, i ricercatori hanno simulato un ambiente simile a quello di Encelado che potrebbe ospitare un oceano di acqua liquida sotterraneo, riscaldato dagli effetti mareali del pianeta gigante Saturno.
Gli scienziati pensano che anche su Encelado il calore possa fuoriuscire da spaccature nel fondo degli oceani come nei mari che ospitano sorgenti idrotermani sul nostro pianeta e i pennacchi potrebbero essere ricchi di forme di vita monocellulare che producono metano.
L’esperimento, condotto utilizzando tre ceppi di batteri di cui uno, lo stesso Methanothermococcus okinawensis, è risultato uno dei più resistenti, hanno prosperato producendo metano in condizioni presumibilmente simili a quelle dell’ambiente di Encelado. Questo ha portato Simon von Rittmann, un microbiologo dell’Università di Vienna e uno degli autori dello studio, a pensare che questo organismo potrebbe vivere in maniera simile su altri corpi planetari come appunto Encelado.
A far crescere le speranze sulla presenza di forme di vita anche se unicellulari ci hanno pensato gli scienziati dell’Università di Washington che hanno annunciato che molto probabilmente Encelado, oltre a vantare un oceano sotterraneo, è molto più ricco di anidride carbonica e di idrogeno e che è caratterizzato da livello di pH più alto di quanto teorizzato da precedenti studi.
Questi elementi disciolti nell’acqua di Encelado rappresenterebbero i nutrienti per eventuali microbi presenti nell’oceano, come riferisce Lucas Fifer. Ovviamente questa non è una prova dell’esistenza di qualche tipo di forma di vita su Encelado, questi elementi potrebbero semplicemente essere presenti anche in assenza di forme di vita, ma la notizia è positiva e ci aiuta a migliorare la nostra comprensione di questo mondo che forse ospita un oceano sotterraneo che, secondo gli ultimi dati ricavati, sembra almeno come tipo di salinità e pH, molto simile agli oceani della Terra. Lo studio dei pennacchi che espellono materiale attraverso la crosta ghiacciata di Encelado potrà fornire ulteriori dati.
Secondo Lucas Fifer, lo studente dell’Università di Washington che ha realizzato l’interessante studio, questi pennacchi non sono uguali a livello chimico all’acqua dell’oceano da cui vengono generati perché il processo stesso dell’eruzione cambia la loro composizione. Ciò sarebbe dovuto ad un fenomeno di “frazionamento” in base al quale durante l’evoluzione si separano i gas e alcuni di essi restano indietro.
Si tratta di “condizioni incoraggianti” secondo il ricercatore, che aggiunge che potrebbero esserci anche altre concentrazioni di ammonio, un altro carburante potenziale per la vita.
Un ulteriore passo in avanti si farà in un prossimo futuro quando si potrà studiare in loco il suolo ghiacciato di Encelado, grazie a sonde dotate di dispositivi in grado di perforare la crosta del satellite e cercare forme di vita