sabato, Novembre 23, 2024
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Cosa c’è dentro un wormhole?

I wormholes permetterebbero il passaggio di una nave spaziale con il suo equipaggio, che lo attraverserebbe indenne ritrovandosi in un battito di ciglia in zone distanti dell'universo o addirittura in un universo parallelo

23In un futuro molto lontano potremmo viaggiare tra le stelle utilizzando una struttura che viene chiamata wormhole, letteralmente “buco di verme”. Queste strutture potrebbero bypassare quanto affermato da Albert Einstein nel secondo postulato della relatività ristretta, secondo cui nessun oggetto può raggiungere né superare la velocità della luce.

A causa del secondo postulato di Einstein i viaggi interstellari umani sono improponibili per un veicolo spaziale con equipaggio. I wormholes invece permetterebbero di raggiungere zone distanti dello spazio in tempi brevissimi come spesso succede nei film di fantascienza che narrano di viaggi interstellari compiuti grazie a queste strutture prodotte dai buchi neri.

I wormholes permetterebbero quindi il passaggio di una nave spaziale con il suo relativo equipaggio, che lo attraverserebbe indenne ritrovandosi in un battito di ciglia in zone distanti dell’universo o addirittura in un universo parallelo.

Wormhole, le obiezioni

Esistono però tre obiezioni al viaggio iperspaziale attraverso un wormhole.

La prima obiezione afferma che l’orizzonte degli eventi può essere definito come una regione dello spazio-tempo oltre la quale non è possibile osservare un qualsiasi fenomeno e, pertanto, si comporta come una membrana che consente il passaggio in una sola direzione cioè gli oggetti possono cadere all’interno ma non possono emergere nuovamente in una zona diversa dello spazio.

La seconda obiezione afferma che l’oggetto all’estremità opposta, quello dalla quale la nave spaziale emerge dopo aver attraversato l’orizzonte del buco nero, non può essere un buco nero in quanto si comporterebbe in maniera opposta consentendo il passaggio di una nave spaziale.

La terza obiezione afferma che un buco nero genera intense forze gravitazionali mareali che producono un’enorme accelerazione relativa fra il punto più vicino e quello più lontano di una nave spaziale all’orizzonte degli eventi. Queste forze mareali sono capaci di “spaghettificare” qualsiasi cosa si avvicini troppo rendendo impossibile non solo il viaggio iperspaziale ma l’integrità della nave e del suo stesso equipaggio.

Nonostante le obiezioni i wormholes hanno un certo fascino per gli scienziati o per i semplici appassionati anche se non sappiamo se un passaggio del genere può esistere nel nostro universo.

Tuttavia nuove teorie indicano diversi modi per rilevarli, osservando ad esempio un fiotto di particelle ad alta energia emergere al momento della formazione del passaggio iperspaziale.

Ma se un wormhole esistesse, come funzionerebbe? Dimentichiamoci per un attimo delle obiezioni che non permettono l’esistenza di un simile passaggio e cerchiamo di capirlo.

Un wormhole è un passaggio che connette due punti distanti dell’universo che verrebbe attraversato in tempi brevissimi, forse in una frazione di secondo. Questo oggetto è noto con un nome un po’ più tecnico o “ponte di Einstein – Rosen” in quanto è descritto dalla relatività generale.

Esistono davvero i wormholes?

Purtroppo per noi, nonostante abbiamo una descrizione matematica non sappiamo se un passaggio del genere esiste ne sappiamo come utilizzarlo. Negli anni sono state presentate diverse teorie da molti fisici che tentano di gettare le basi per realizzare un wormhole utilizzabile. Le teorie proposte però non reggono perché quando il passaggio iperspaziale viene attraversato anche solo da una particella, collassa inesorabilmente.

I wormholes sono incredibilmente instabili: non appena una singola particella come un fotone viaggia al suo interno, l’intero wormhole si richiude alla velocità della luce, trasformando la scorciatoia in una trappola mortale.

Un wormholes tende naturalmente a chiudersi e per evitarne il collasso occorrerebbe un tipo di materia con massa negativa. Questa materia purtroppo non esiste in natura e i teorici vedono cosi sfumare i loro propositi di viaggi iperspaziali.

Ma i teorici non si sono dati per vinti, e in un nuovo studio che appare sul giornale di prestampa arXiv esiste la possibilità di trovare un wormhole “funzionante” grazie a una nuova tecnica.

Supponiamo che una particella cada in un wormhole che si è appena formato. La particella può, se possiede un’energia sufficientemente elevata, decadere spontaneamente in due nuove particelle. Una di queste particelle può fuoriuscire attraverso il wormhole, mentre l’altra può essere riflessa attraverso l’apertura, a causa della strana fisica esistente all’interno di questi tunnel.

Quindi, una nuova particella entra nel wormhole e si scontra con la particella riflessa. L’autore dello studio ha scoperto che la collisione può raggiungere energie arbitrariamente elevate.

Questo vuol dire che ciò che vediamo alla nostra estremità del tunnel iperspaziale potrebbe essere una pioggia di radiazioni ad alta energia, un’inconfondibile esplosione di energia proveniente da un wormhole appena aperto.

Ora che sappiamo che questo tipo di pioggia di particelle è possibile, forse possiamo dare una un’occhiata all’interno del wormhole per vedere luoghi lontani dell’universo o addirittura luoghi presenti in altri universi e forse un giorno raggiungerli.

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