Microsoft sta da tempo scommettendo sui cosiddetti computer quantistici topologici, la cui peculiarità è quella di utilizzare i fermioni di Majorana, particelle dalle proprietà interessanti. Ma non ne è ancora stata dimostrata la loro esistenza.
Nella fisica delle particelle un fermione di Majorana o particella di Majorana, così detta in onore del fisico teorico italiano Ettore Majorana che l’ha teorizzata, è una particella fermionica che è anche la propria antiparticella.
L’azienda aveva ottenuto un primo successo con un esperimento condotto nel 2018 in collaborazione con l’Università Tecnica di Delft, nei Paesi Bassi, ma una nuova analisi dei dati ha portato al ritiro della pubblicazione e al rinvio della realizzazione di un computer quantistico topologico funzionante “entro cinque anni“, come era stato precedentemente annunciato.
L’esperimento del 2018
L’esperimento effettuato nel 2018, e pubblicato sulla rivista Nature, vedeva alcuni ricercatori di Microsoft e dell’Università Tecnica di Delft sicuri di aver individuato per la prima volta i fermioni di Majorana, particelle la cui particolarità è quella di essere anche la propria antiparticella.
I fermioni di Majorana hanno la caratteristica singolare di essere sia particella che antiparticella e questo li rende interessanti per una loro possibile applicazione ai computer quantistici. Contrariamente ai fermioni di Dirac in cui esistono, invece, due particelle distinte, come ad esempio l’elettrone e il positrone.
Nessuno ha mai ancora scoperto i fermioni di Majorana
Questi fermioni sono stati ipotizzati nel 1937 dal fisico italiano Ettore Majorana, ma per adesso ancora nessuno è riuscito a dimostrare in maniera definitiva la loro esistenza.
L’azienda Microsoft sta investendo molto per riuscire a scoprire queste particelle, al fine di poter arrivare presto all’ideazione dei computer quantistici, che avrebbero tra le proprie caratteristiche fondamentali, quella di essere maggiormente resistenti agli errori rispetto agli approcci tradizionali usati dai concorrenti come IBM e Google.
Perché l’esperimento del 2018 non ha funzionato
L’esperimento condotto nel 2018, che era stato dichiarato come vincente, è stato rivisionato da Sergey Frolov, professore all‘Università di Pittsburgh, e da Vincent Mourik, ricercatore dell’Università del Nuovo Galles del Sud (in Australia).
I due hanno dunque analizzato nuovamente i dati dell’esperimento e hanno scoperto che la pubblicazione originale non teneva conto di molteplici dati che dimostravano che non era stato individuato il fermione di Majorana.
Sembra che la squadra di ricerca di Microsoft abbia tralasciato dei dati fondamentali, considerando solo quelli utili al proprio scopo.
“Gli autori erano colti dall’entusiasmo del momento e non hanno dunque fatto abbastanza attenzione ai dati che non si adattavano al loro scopo”, sono stati questi i motivi del flop secondo le indagini svolte dall’Università di Delft.
Serviranno ancora tanti anni per arrivare ai computer quantistici, almeno più di 10
Il fatto che non siano state ancora scoperte le particelle di Majorana è una vera disfatta sia per il gruppo Microsoft, ma anche per tutto il mondo della fisica e dei computer quantistici in generale.
Tuttavia Frolov ha dichiarato che: “Anche se i risultati della ricerca fossero stati confermati dalla scoperta, la strada per arrivare ai computer quantistici è molto lunga, non di cinque anni e nemmeno di dieci. E per allora potremmo avere computer quantistici così avanzati che i qubit di Majorana avranno bisogno di ancora più tempo per recuperare lo svantaggio“.
A cosa servono le particelle di Majorana?
La promessa dei fermioni di Majorana nell’ambito del quantum computing è quella di essere maggiormente resistenti agli errori e di poter scalare più facilmente verso computer più grandi e potenti rispetto alle tecnologie concorrenti.
Purtroppo però è possibile che servano ancora decenni di ricerca prima di provare che tali fermioni esistano.