Una ricerca condotta da Benjamin Brown, un ricercatore della Scuola di Fisica dell’Università di Sydney, e pubblicata sulla rivista Science Advances lo scorso 22 maggio, apre nuove frontiere nel campo del computing quantistico.
Lo studio ha avuto come obiettivo quello di sviluppare un codice per la correzione degli errori nei computer quantistici, permettendo in questo modo di rendere l’hardware più libero per sviluppare operazioni più utili.
Inoltre, tale codice fornisce un approccio che permetterà alle grandi compagnie, come Google e IBM, di progettare dei microchip quantistici più performanti.
Nell’articolo “Il futuro dell’informatica passa dalla fisica quantistica” del 19 maggio 2020, pubblicato su questa stessa rivista, avevamo già affrontato la tematica sul funzionamento dei computer quantistici. E sono state evidenziate quelle che sono le potenzialità, ma soprattutto le fragilità di questi nuovi dispositivi.
Una delle criticità più difficili da risolvere, è legata al fatto che i qubit sono soggetti a errori in modo esasperante. Il più debole campo magnetico o impulso di microonde vagante determina su di essi inversioni di bit (“bit-flip“), che commutano le loro possibilità di essere |0⟩ e |1⟩ rispetto agli altri qubit, o inversioni di fase (“phase-flip“) che commutano la relazione matematica tra i loro due stati.
Perché i computer quantistici funzionino, gli scienziati devono trovare schemi per proteggere le informazioni anche quando i singoli qubit vengono corrotti. Inoltre, questi schemi devono rilevare e correggere gli errori senza misurare direttamente i qubit, poiché le misure fanno collassare le possibilità coesistenti dei qubit in realtà definite: i vecchi semplici 0 o 1 che non possono sostenere calcoli quantistici.
La novità introdotta dal Dr. Brown è consistita nell’applicare il codice di correzione noto, operante in tre dimensioni, su una struttura bidimensionale. In pratica, il codice viene utilizzato su due dimensioni fisiche, considerando il tempo come la terza dimensione. È un po’ come lavorare a maglia. Ogni riga è come una linea unidimensionale; ma riga dopo riga, alla fine si ottiene una superficie di materiale bidimensionale.
Come abbiamo detto sopra, l’informazione quantistica è molto fragile e produce molti errori; quindi l’obiettivo degli scienziati è quello di riuscire a sviluppare un’architettura tollerante agli errori (tecnicamente fault-tolerant), nella quale le operazioni di calcolo superino di gran lunga le operazioni necessarie per correggere gli errori.
Per avere un’idea dell’ordine di grandezza di questa problematica, basti pensare che un telefono cellulare o un laptop sono in grado di effettuare miliardi di operazioni, in un ampio arco temporale, prima che un singolo errore porti a un qualunque malfunzionamento del dispositivo. Al momento, nel quantum computing si registra un errore ogni 20 operazioni, ossia milioni di errori ogni ora, con un rilevane impegno dell’hardware per la loro correzione.
L’approccio del Dr. Brown, di utilizzare un codice su un’architettura bidimensionale è stato apprezzato, oltre che a livello scientifico, soprattutto dagli stake holder impegnati nel quantum computing perché stabilisce una nuova opzione per porte fault-tolerant con maggiori prestazioni operative, avendo la capacità di ridurre notevolmente il carico dell’hardware e aprendo la strada alla costruzione di computer quantistici più pratici.
Molteplici sono le start-up, oltre che le grandi aziende come Google, IBM e Microsoft, che stanno portando avanti la poderosa sfida per sviluppare una tecnologia di quantum computing su larga scala. È quindi importantissimo e urgente riuscire a trovare dei codici per la correzione degli errori che permettano alle loro macchine di raggiungere prima gli obiettivi.
Il codice di correzione degli errori proposto da Brown inoltre apre la strada per il raggiungimento di un quantum computing universale in due dimensioni senza la necessità di ricorrere alla cosiddetta distillazione di stato magico (magic – state distillation), un processo che comprende più stati quantistici soggetti a errori e genera un numero di stati quantistici più affidabili. Ma questa operazione prevede, appunto, un numero elevato di hardware per individuare e sopprimere gli errori.
Il gruppo di ricerca coordinato dal Dr. Brown all’Università di Sydney, lo scorso mese di marzo ha pubblicato un articolo sulla rivista Physical Review Letters, dove sono stati riportati gli esiti di una ricerca nella quale si evidenzia lo sviluppo di un decoder che identifica e corregge molti più errori di quanto fatto prima, raggiungendo un record mondiale nella correzione degli errori.
Il lavoro di Brown ha mostrato come ciò si possa fare per un chip quantistico. Questo tipo di progresso ci permetterà di andare da piccoli numeri di qubits a numeri elevatissimi e costruire dei computer quantistici ultra potenti in grado di risolvere i grandi problemi del futuro.