I buchi neri sono oggetti cosmici con un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire dal loro interno né la materia, né la radiazione elettromagnetica, ovvero, da un punto di vista relativistico, un luogo dello spaziotempo con una curvatura grande abbastanza che nulla dal suo interno può uscirne.
Alcuni fisici hanno suggerito che sarebbe possibile utilizzare i campi gravitazionali dei buchi neri per realizzare potenti acceleratori di particelle. Un nuovo studio svela come fare, in modo che le particelle non vengano intrappolate all’interno dell’orizzonte degli eventi, terminando la loro esistenza nella singolarità al centro del buco nero. L’intuizione sarà d’aiuto nell’individuazione dei buchi neri identificando le particelle che sfuggono dalle loro vicinanze.
Supponiamo che una particella inizi a precipitare in un buco nero. Man mano che si avvicina, accelera, come una palla accelera mentre rotola giù da un pendio. Certo, l’accelerazione impressa alla particella dalla grande curvatura del campo gravitazionale è di gran lunga più potente, tanto che la particella si avvicina all’orizzonte degli eventi quasi alla velocità della luce.
L’orizzonte degli eventi è una superficie immaginaria che circonda ogni buco nero, ed è caratterizzata dal fatto che in ogni suo punto la velocità di fuga è uguale alla velocità della luce. All’interno di questo orizzonte raggiungere la velocità della luce non è più sufficiente a sfuggire alla morsa del buco nero, e dato che nell’universo non è possibile muoversi più velocemente della propagazione della luce, da ogni punto interno all’orizzonte degli eventi non può uscire nulla.
Se una particella precipita al suo interno, non ha nessuna speranza di fuga. Realizzare un acceleratore di particelle in un luogo simile non è ovviamente possibile, in quanto una particella non può sfuggire da quella regione. Però se a essere coinvolte sono due o più particelle le cose possono cambiare.
Se due particelle si avvicinano a un buco nero, ciascuna di esse aumenta la propria energia. I nostri attuali collisori accelerano le particelle pesanti come i protoni a oltre il 99% della velocità della luce, ma ci vuole molto lavoro e nel caso del più grande collisori di protoni del mondo, il Large Hadron Collider, un anello di tubi a vuoto superconduttori lungo quasi 27 chilometri. I buchi neri creano questo tipo di accelerazione semplicemente esistendo.
Quando le due particelle si avvicinano all’orizzonte degli eventi, le loro velocità aumentano. E se hanno la giusta combinazione di velocità e direzione, possono rimbalzare a vicenda, facendo precipitare una di loro verso il buco nero, mentre l’altra costeggia l’orizzonte degli eventi evitando di essere preda della singolarità.
Questi eventi capitano molto raramente, ma ricerche svolte in precedenza hanno scoperto che coppie di particelle possono collidere e decadere ad energie arbitrariamente alte, tutto dipende da quanto possono avvicinarsi all’orizzonte degli eventi (e quanto si avvicinano alla velocità della luce) alla momento di collidere.
Un acceleratore di particelle simile funzionerebbe ancora meglio se il buco nero fosse rotante. Grazie al loro spin estremo, questi tipi di buchi neri possono distorcere lo spazio-tempo attorno all’orizzonte degli eventi, consentendo a più particelle di raggiungere le vicinanze dell’orizzonte degli eventi stesso prima di volare verso l’infinito.
Dobbiamo però segnalare un problema dovuto alla natura complessa della matematica coinvolta in questo tipo di ricerche. Lo scenario preso in esame poco fa è stato analizzato solo nel caso dei cosiddetti buchi neri “estremi”. Questi buchi neri sono solo “teorici” e hanno la massa più piccola possibile che può ruotare a una data velocità. In realtà, gli scienziati pensano che quasi tutti (se non assolutamente tutti) i buchi neri siano molto più massicci di quanto debbano essere.
Ciò renderebbe i buchi neri reale “non estremi”, il che significa che fino ad ora i fisici non erano sicuri che potessero agire o meno come collisori di particelle. Grazie a una ricerca pubblicata l’1 ottobre nel database di preprint arXiv e impostata per la pubblicazione sulla rivista Physics Review D gli scienziati hanno scoperto che i buchi neri possono comportarsi come collisori. La nuova ricerca ha scoperto che i buchi neri reali, inclusi buchi neri massicci e rotanti e elettricamente carichi possono accelerare le particelle.
Per funzionare a dovere e dare la velocità richiesta, le particelle devono avvicinarsi al buco nero a velocità elevate, e i ricercatori hanno scoperto che più collisioni a bassa velocità possono avvenire vicino all’orizzonte degli eventi, portando alla quantità richiesta di alta energia.
Sfortunatamente, poiché le collisioni devono avvenire vicino all’orizzonte degli eventi in modo da raggiungere energie elevate, quando sfuggono al buco nero devono lottare contro l’intensa gravità, rallentando prima di raggiungere lo spazio interstellare. Per fortuna, i ricercatori hanno trovato una soluzione anche a questo problema, dimostrando che le collisioni ad alta energia possono verificarsi attorno ai buchi neri rotanti senza avvicinarsi troppo all’orizzonte degli eventi, il che significa che le particelle possono lasciare il buco nero ed essere rilevate.
Fonte: https://www.livescience.com/black-holes-transformed-into-particle-accelerators.html
Buchi neri e collisori naturali
L’orizzonte degli eventi è una superficie immaginaria che circonda ogni buco nero, ed è caratterizzata dal fatto che in ogni suo punto la velocità di fuga è uguale alla velocità della luce. All'interno di questo orizzonte raggiungere la velocità della luce non è più sufficiente a sfuggire alla morsa del buco nero
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