I meteoriti possono darci la possibilità di studiare mondi inaccessibili. Quei mondi possono essere dei semplici frammenti di asteroidi che hanno resistito alla furia della caduta nella nostra atmosfera, e qualche volta quei pezzi di roccia provengono dalla Luna o da Marte, scagliati nello spazio interplanetario dopo immani impatti avvenuti milioni di anni fa.
I frammenti dei meteoriti rinvenuti sul nostro pianeta sono delle vere e proprie capsule temporali che consentono agli scienziati di studiare l’ambiente geologico del mondo in cui si è formato il meteorite.
Nel deserto del Sahara, alcuni anni fa, è stata ritrovata proprio una di queste “capsule temporali”. Il meteorite, chiamato NWA 7533 (dal nome “Africa nordoccidentale”), è una roccia che si è formata 4,4 miliardi di anni fa su Marte.
Un team guidato dai Prof. Zhengbin Deng dell’Università di Copenaghen e Takashi Mikouchi dell’Università di Tokyo, sotto il coordinamento dell’Università di Parigi, ha trovato prove che il meteorite NWA 7533 si è formato in presenza di acqua.
La scoperta conferma la teoria che l’acqua potrebbe avere un legame molto stretto con la formazione di pianeti rocciosi come Marte e la Terra.
Il prezioso liquido, utilizzato come solvente nei processi che portano alla vita, si sarebbe formato a partire da una serie di processi chimico-fisici, avvenuti durante la formazione dei pianeti. Forse l’acqua è giunta sulla Terra e su altri mondi rocciosi solo in minima parte grazie alla caduta di comete e asteroidi.
Si stima attualmente che su Marte l’acqua sia comparsa circa 3,7 miliardi di anni fa, ma la scoperta retrodata tale stima di 700 milioni di anni apportando significative implicazioni su come si sia formato il pianeta rosso e ogni sua possibile biosfera precedente.
Lo studio è apparso su Science Advances (l’articolo: “Early oxidation of the martian crust triggered by impacts”).
Lo studio suggerisce che l’acqua doveva essere presente su Marte nei suoi primi 90 milioni di anni di vita; in tempi astronomici. Si tratta di un periodo di gran lunga antecedente a quello in cui gli asteroidi ricchi di acqua hanno bombardato i pianeti del Sistema Solare interno.
Il Pianeta Rosso doveva avere riserve d’acqua già dalla sua formazione, che non dipendevano quindi da fonti esterne come meteoriti o comete.
Gli scienziati sono arrivati a questa conclusione studiando un campione di 50 g del meteorite, facendolo passare attraverso una serie di test spettroscopici. Un materiale comune che hanno trovato erano i clasti ignei, un tipo di roccia frammentata “comunemente causata da impatti e ossidazione”, spiega il dottor Mikouchi.
Gli impatti in presenza di acqua tendono ad avere il profilo di ossidazione necessario per formare il tipo di clasti ignei osservati nel meteorite. Pertanto, i ricercatori hanno concluso che l’impatto che ha formato NWA753, ha avuto luogo su un Marte molto più umido di quanto si riteneva in precedenza.
Marte, nelle prime fasi della sua esistenza, è stato colpito da uno o più asteroidi: questi impatti hanno fornito l’energia cinetica necessaria all’emissione di una grande quantità di ossigeno e l’elemento che probabilmente ha causato il rilascio del gas è stata proprio l’acqua.
Lo studio ha implicazioni molto più importanti della semplice presenza di acqua su Marte. Anche la modellazione che tenta di quantificare la probabilità che la vita si evolva altrove nella galassia richiederebbe di essere aggiornata. I meteoriti sono rocce abbondanti e presto avremo nuove sorprese.