The Philadelphia experiment

L'Esperimento di Philadelphia sarebbe avvenuto il 28 ottobre del 1943 sotto la guida di Franklin Reno, indicato anche come "Dott. Rinehart", insieme al quale avrebbero partecipato anche scienziati di fama mondiale come Albert Einstein e Nikolas Tesla

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Il Progetto Arcobaleno (Rainbow Project) sarebbe stato un esperimento scientifico che avrebbe visto il coinvolgimento di Albert Einstein. L’esperimento, secondo alcuni, doveva deformare tramite un campo elettromagnetico il flusso della luce nell’area attorno a una nave, tanto da renderla invisibile. I sostenitori del progetto (smentito dalle fonti ufficiali degli enti che lo avrebbero portato a termine) attribuiscono al progetto stesso anche numerosi altri scopi irrealizzabili dal punto di vista scientifico.

L’Esperimento di Philadelphia sarebbe avvenuto il 28 ottobre del 1943 sotto la guida di Franklin Reno, indicato anche come “Dott. Rinehart”, insieme al quale avrebbero partecipato anche scienziati di fama mondiale come Albert Einstein e Nikolas Tesla. Secondo i sostenitori della teoria dell’esperimento, alle ore 17.15 il cacciatorpediniere USS Eldridge (DE-173) ormeggiato nei pressi del molo di Philadelphia, sarebbe scomparso, ricomparendo, dopo pochi minuti, a Norfolkm in Virginiam per poi rimaterializzarsi nuovamente presso lo stesso molo di Philadelphia. L’Esperimento di Philadelphia è un presunto test condotto nel corso del Progetto Arcobaleno dalla United States Navy.

Secondo i sostenitori del progetto, installando nello scafo cavi elettrici lungo tutto il perimetro si sarebbe creato un campo magnetico funzionante in maniera simile al processo di degauss o demagnetizzazione, il procedimento con il quale si elimina la carica magnetica da un oggetto, sia di natura metallica ferrosa o di altra natura; Il procedimento è effettivamente usato, ad esempio, per la creazione di acciaio amagnetico, come anche sullo scafo di una nave, per renderla meno individuabile da mine magnetiche.

L’esperimento sarebbe fondato sulla teoria del campo unificato di Einstein, che presuppone una relazione tra le radiazioni elettromagnetiche e la forza gravitazionale, sfruttando per la generazione del campo magnetico delle bobine progettate da Tesla. Secondo i sostenitori della teoria, l’invisibilità sarebbe dovuta al campo magnetico, che avrebbe curvato la luce attorno all’oggetto, facendola passare oltre lo stesso senza rifletterla.

Altre ipotesi danno assegnano all’esperimento lo scopo di misurare le distorsioni magnetiche e gravitazionali, anche se non se ne capisce il fine. Un’ultima e fantasiosa ipotesi, che non ha nessun riscontro scientifico, ma in passato ampiamente divulgata, è quella secondo la quale il Progetto Arcobaleno sarebbe stato in grado di teletrasportare oggetti a grandi distanze.

Sulla base di questo ipotetico esperimento, adottando alcune delle tesi complottiste, sono stati, in passato, realizzati diversi film di fantascienza.

L’esperimento

La nascita della leggendaChi sostiene la teoria che vorrebbe che la USS Eldridge sia stata coinvolta in un esperimento di teletrasporto, afferma che l’imbarcazione ormeggiata nel porto di Philadelphia sarebbe scomparsa dopo aver emesso un lampo di luce azzurra, materializzandosi istantaneamente in Virginia per poi riapparire, dopo qualche minuto, nuovamente nel molo di Philadelphia. Al termine dell’esperimento alcuni marinai scomparvero nel nulla, mentre cinque furono ritrovati fusi con il metallo della struttura della nave come se le molecole dello scafo e quelle dei loro corpi si fossero compenetrate. Ancora oggi non è stato possibile trovare nessun documento che confermi l’esperimento e, tanto meno, è stato possibile rintracciare i testimoni dell’evento. Svariate ricerche hanno portato a identificare l’origine della leggenda in una serie di pubblicazioni su giornali sensazionalistici, unite alle esperienze di personale di marina che avrebbe assistito all’uso di bobine elettromagnetiche nei porti dove si stavano costruendo le installazioni necessarie alla nascente pratica della demagnetizzazione degli scafi navali in modo da renderli quasi inattaccabili dalle mine magnetiche.

Nel 1957 Morris K, Jessup disse di essere stato contattato dall’Office of Naval Research di Washington. L’ente aveva ricevuto una copia del suo libro: The Case for the UFO (1955), con diverse annotazioni da parte di tre persone che trattavano di due tipi di creature che avrebbero vissuto nello spazio. Tra queste vi sarebbero state anche annotazioni che alludevano all’esperimento di Philadelphia, come se chi scrivesse ne fosse a conoscenza. Le affermazioni di Jessup riportarono all’attenzione dell’opinione pubblica l’esperimento Philadelphia, facendo circolare anche l’ ipotesi che alcune delle di queste annotazioni potessero essere state scritte da esseri extraterrestri. Un confronto calligrafico sembrò, comunque, dimostrare che uno degli autori delle note risultasse essere Allende/Allen, e anche le altre sarebbero state scritte dalla stessa persona, ma con penne diverse. L’indirizzo del mittente corrispondeva ad una fattoria abbandonata.Nel 1955, Morris K. Jessup, un astronomo dilettante, avanzò un’ipotesi sull’uso delle forze elettromagnetiche nella propulsione spaziale dei dischi volanti che, dichiarò, aveva osservato egli stesso. Morris sosteneva che l’utilizzo dei razzi avrebbe sottratto ingenti risorse ad altri settori della ricerca. Durante lo stesso anno, Jessup affermò di aver ricevuto tre missive firmate da un certo “Carlos Miguel Allende”, nelle lettere l’autore avrebbe citato l’esperimento di Philadelphia, riferendosi ad una serie di articoli di giornali scandalistici senza citare nesusuna fonte verificabile. Secondo Jessup, Allende avrebbe raccontato nelle lettere di essere uno dei testimoni oculari dell’esperimento, avvenuto mentre si trovava a bordo della SS Andrew Furuseth. Riferì inoltre che Allende sarebbe stato a conoscenza della scomparsa e del destino di alcuni membri dell’equipaggio della Eldrige. Allende, a una richiesta di approfondimento da parte di Jessup, avrebbe risposto solo dopo mesi, questa volta col nome di Carl M. Allen, dichiarando di non poter fornire ulteriori prove, ma che le stesse sarebbero emerse tramite ipnosi regressiva di altre persone coinvolte, se si fosse provato a scavare nella storia.

Jessup fu trovato morto nel 1959 nella sua macchina. La sera prima aveva organizzato un appuntamento nel quale si proponeva di divulgare nuove scoperte sul fantomatico esperimento navale ma all’appuntamento non arrivò mai. Gli investigatori sostennero l’ipotesi del suicidio dovuto al crollo di notorietà, mentre per i sostenitori della teoria del complotto Jessup fu assassinato per metterlo a tacere.

Su questa storia scrissero ni parecchi, spesso manipolandola riportando notizie imprecise e artefatte. La notorietà assunta dalla vicenda portò alla realizzazione anche di un film ma nessuna delle tesi proposte nell’esperimento trovarono conferma e nessuno dei supposti testimoni si fece vivo.

La storia dell’esperimento di Philadelphia entra, quind,i a pieno titolo nel regno delle leggende metropolitane, una delle tante che verrà, in seguito alla morte di Jessup, accostata a grandi scienziati, agli alieni e al triangolo delle Bermuda in un libro di Berlitz, nonostante il luogo dell’esperimento si trovi a centinaia di chilometri di distanza. L’apparato teorico del presunto esperimento sarebbe pura fantascienza e nessuna prova dimostra che Albert Einstein avrebbe partecipato. Il grande scienziato collaborò negli anni ’40 collaborò effettivamente con la Marina statunitense ma solo per delle ricerche sulle esplosioni. Il secondo, ma non meno importante, scienziato coinvolto, Tesla, all’epoca dei fatti narrati era già morto. Nel 1990, in una conferenza, un certo Alfred Bielek, raccontò di essere un sopravvissuto all’esperimento e disse di essere stato catapultato nel futuro per salvare la nave e di essere poi riuscito a tornare nel suo tempo. Quanto narrato da lui è simile alla trama del film del 1983, The Philadelphia experiment, quindi poco credibile, tanto più che la sua versione dei fatti cambiò diverse volte, ed è quindi poco attendibile.

L’equipaggio della Eldridge e la SS Andrew Furuseth

Nel 1999, durante un incontro tra veterani, l’equipaggio della USS Eldridge venne intervistato dal giornale Philadelphia Inquirer. La nave, varata il 27 agosto 1943, era rimasta in porto a New York fino a metà settembre, e nell’ottobre dello stesso anno parti per il suo viaggio inaugurale alle Bahamas, tornando a Long island il 18 ottobre. Secondo il giornale di bordo la Eldridge non è mai stata a Philadelphia. La nave prestò regolare servizio sino al 1951 per la US Navy. In seguito fu venduta alla marina civile per la quale operò fino al 1977. I diari di bordo della a SS Andrew Furuseth ci dicono che fu in navigazione nel mare mediterraneo fino al ’44. Nemmeno questa nave fu, all’epoca, ormeggiata al molo di Philadelphia.