Psoriasi: anche in Italia il nuovo farmaco che la cura

Disponibile anche in Italia il nuovo farmaco contro la psoriasi. Si chiama Guselkumab ed è il primo trattamento biologico mirato per inibire l'Interleuchina 23

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L’azione di questo farmaco sembra decisamente efficace per una percentuale del 40% dei pazienti mentre sono addirittura il 90% quelli che hanno avuto giovamento dal trattamento a base di Guselkumab. 

Il farmaco è prescrivibile per chi soffre di gravi manifestazioni della malattia.

La Psoriasi è una malattia della pelle, infiammatoria e cronica, non infettiva né contagiosa, e spesso recidivante.  Nella sua patogenesi intervengono fattori autoimmunitari, genetici e ambientali. La psoriasi non sembra avere correlazione con il sesso e l’età. Sono circa 125 milioni le persone che ne soffrono nel mondo.

Si riconoscono più forme di psoriasi: la psoriasi pustolosa e forme non pustolose tra cui la psoriasi a placche (circa l’80% delle forme di psoriasi), guttata, inversa ed eritrodermica.

Il disturbo può comparire in qualsiasi zona del corpo ma, in genere, si localizza in corrispondenza di gomiti, ginocchia, cuoio capelluto e parte lombare della schiena, oltre che ai palmi delle mani, alle piante dei piedi ed in regione genitale.

Le cause alla base della psoriasi non sono ancora del tutto chiare, ma si ritiene che la componente genetica ed immunologica abbiano un ruolo fondamentale

Antonio Costanzo, responsabile della Dermatologia all’Istituto Humanitas di Milano, ha spiegato a SkyTtg24 come agisce il farmaco: “L’IL-23 è una proteina del sistema immunitario, stimolatrice della produzione di altre interleukine, come la IL-17, responsabile più diretta delle placche psorisiache. Il Guselkumab, in pratica, inibisce l’azione dell’IL-23, bloccando, a cascata, gli altri regolatori dell’infiammazione coinvolti nella Psoriasi“.

Questo farmaco, secondo numerosi studi, appare efficace anche a distanza di anni. Nell’82 per cento dei casi si è visto che, interrompendo la cura, l’efficacia del farmaco si mantiene a lungo nel corso del tempo. “Per questo – conclude l’esperto – si pensa che in alcune persone il farmaco possa riuscire a modificare la malattia e si possa sperare un domani di parlare di guarigione”.