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Cina: nuovo record quantistico grazie ai fotoni

A poco più di un anno dal lavoro del team del Google Quantum AI Lab, un gruppo di ricerca cinese ha pubblicato su Science un paper dal titolo eloquente: Quantum computational advantage using photons (Vantaggio quantistico computazionale usando i fotoni)

A poco più di un anno dal lavoro del team del Google Quantum AI Lab, un gruppo di ricerca cinese ha pubblicato su Science un paper dal titolo eloquente: Quantum computational advantage using photons (Vantaggio quantistico computazionale usando i fotoni).

I ricercatori hanno costruito un sofisticato apparato fatto di laser, fotoni, prismi e specchi, simile a un interferometro, per risolvere un problema estremamente complesso da un punto di vista computazionale (il boson sampling, di cui parleremo più avanti), che è stato matematicamente dimostrato essere non risolvibile da computer classici, se non impiegando un tempo di calcolo pari alla metà dell’età della Terra, 2,5 miliardi di anni.

Il sistema a fotoni utilizzato dai ricercatori cinesi invece sfrutta i principi della meccanica quantistica, come la sovrapposizione tra stati, ed è riuscito a eseguire il calcolo in circa 200 secondi. Il vantaggio quantistico (termine che sta gradualmente sostituendo quello di supremazia quantistica) rispetto alla controparte classica è di un ordine di grandezza pari a 1014, ben maggiore di quello ottenuto da Google, che era circa 109 volte più veloce del più potente supercomputer classico.

La ricerca è stata guidata da Jian-Wei Pan dell’università di scienza e tecnologia della Cina a Hefei, già coordinatore del progetto del satellite Micuis per le comunicazioni quantistiche, e dal collega Chao-Yang Lu, già noto per essere stato ribattezzato da Nature nel 2016 il mago dei fotoni.

“Confesso che, pur lavorando nello stesso campo e avendo visto i contributi degli ultimi anni, il tipo di sorgenti applicate e i risultati ottenuti sono stati una sorpresa” commenta Fabio Sciarrino, direttore del Quantum Information Lab e Professore al Dipartimento di fisica della Sapienza di Roma. “Se mi avesse chiesto quando saremmo riusciti a raggiungere questo obiettivo le avrei risposto tra qualche anno”. Sciarrino è Principal Investigator di un progetto ERC Advanced Grant sul computer quantistico a hardware fotonico, in collaborazione con l’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR e l’International Iberian Nanotechnology Laboratory.

Un contributo innovativo

Il nome dell’apparato sviluppato dal team cinese è Jiŭzhāng, da Jiŭzhāng Suànshù, opera nota anche come “I nove capitoli sull’arte matematica”, un antico testo cinese paragonabile i nostri Elementi di Euclide.

“La tecnologia utilizzata permette di generare, manipolare e rilevare stati quantistici” spiega Fabio Sciarrino. “L’aspetto più notevole di questo apparato consiste nel gestire l’interferenza quantistica tra un numero elevato di singoli fotoni. Questo l’hanno fatto combinando tre componenti: la prima ha a che fare con la complessità del sistema, la seconda con il mantenimento della stabilità, la terza con la scalabilità”.

Il primo aspetto riguarda un’architettura innovativa con cui il gruppo cinese ha generato una sorgente di luce “squeezed”, luce quantistica, “una sorgente analoga a quella utilizzata, negli esperimenti Ligo e Virgo sulle onde gravitazionali, per abbassare il rumore degli interferometri. Hanno sviluppato 25 di queste sorgenti, tante e uguali, un risultato niente affatto banale”.

Il secondo passaggio ha a che fare con la capacità di manipolare il sistema. Questa luce viene iniettata in un mega interferometro, una struttura a 3D. E anche qui la complessità è notevole: avevano 100 modi ottici e nonostante questo sono riusciti a mantenere un’ottima stabilità.

Inoltre sono riusciti a mantenere l’interferenza classica e quantistica tra i vari campi. Per interferenza classica si intendono dei percorsi che sono stabili in fase, per interferenza quantistica fotoni che devono essere indistinguibili.

“Il terzo ingrediente è più una questione di forza bruta, cioè avere 100 rivelatori di singolo fotone. Qui si tratta di spendere, ormai esistono diversi di questi rivelatori, averne 100 che funzionano tutti all’unisono richiede un investimento cospicuo di risorse, e loro l’hanno fatto”.

Che cos’è la Supremazia quantistica

Il termine è stato coniato dal fisico teorico John Preskill nel 2012 e si riferisce alla capacità di un dispositivo quantistico di risolvere un dato problema computazionale in maniera più efficiente rispetto a qualunque controparte classica. Più di recente la comunità scientifica ha iniziato ad adottare il termine vantaggio quantistico, un’accezione meno bellicosa che vuole sottolineare appunto il vantaggio che un calcolatore quantistico può portare in termini di velocità e potenza di calcolo rispetto a un computer classico. “In altri termini la supremazia quantistica, o vantaggio quantistico, vuole stabilire un livello di demarcazione tra quello che si può calcolare con un sistema classico e con uno quantistico. Il problema in questione può essere anche un problema astratto, di scienza pura, senza puntare ad un guadagno economico o a progettare una produzione industriale”.

Le disuguaglianze di Bell sono un esempio di demarcazione tra come interpretare la realtà classicamente e quantisticamente: se vengono rispettate siamo in un mondo in cui vigono le leggi della fisica classica, se vengono violate significa che siamo nel dominio della meccanica quantistica. “Solo dopo questa scoperta è arrivata la crittografia quantistica che sfrutta i principi della violazione delle disuguaglianze di Bell. Per la computazione quantistica la questione è analoga, solo che non riguarda come interpretiamo la realtà, ma riguarda la capacità computazionale di un sistema. Il raggiungimento della supremazia quantistica è un lavoro per sperimentali con un fortissimo supporto teorico”.

Che cos’é il boson sampling

Si può dimostrare la supremazia quantistica? “Innanzitutto dobbiamo avere un problema semplice da risolvere con un hardware quantistico e quindi mostrare che è difficile per qualunque computer classico”.

Il boson sampling è un problema sviluppato da due esperti di computer science, Scott Aaronson e Alex Arkhipov, nel 2011. È un problema con i bosoni (particelle fondamentali della fisica), fotoni nella fattispecie, le cui onde quantistiche interferiscono l’una con l’altra in modo tale da rendere casuale la posizione delle particelle. La probabilità di trovarne una in una certa posizione può essere calcolata da un’equazione con moltissime incognite. “A livello computazionale si dice che si sta campionando (sample) da una distribuzione di probabilità, ovvero quella associata agli stati dei fotoni in uscita da questo sistema”.

Nella teoria della complessità computazionale si dice che questo genere di problemi sono “#P-hard problems”, ancora più ostici dei #NP-hard, e il numero delle loro possibili soluzioni aumenta esponenzialmente con il numero delle variabili. “In computer science i problemi di campionamento sono solitamente ben definiti. Aaronson e Arkhipov hanno dimostrato matematicamente in maniera molto profonda che questo campionamento è computazionalmente difficile da svolgere con un computer classico. Una difficoltà che cresce esponenzialmente con il numero di fotoni”.

Il computer quantistico tuttavia è in grado di superare questa difficoltà simulando direttamente il processo fisico quantistico alla base, ovvero lasciando i fotoni interferire l’uno con l’altro e misurando (campionando) la distribuzione dei fotoni in uscita dal sistema.

Il gruppo di ricerca cinese è riuscito a collaudare un sistema quantistico a fotoni che lavora a temperatura ambiente. Sfruttando impulsi laser hanno ricavato l’informazione sulla posizione dei fotoni e sul loro stato di polarizzazione (ovvero l’orientamento del loro campo magnetico). Hanno lasciato che questi sistemi interferissero tra loro per generare la distribuzione di fotoni come output del sistema. Per misurare la distribuzione dei fotoni hanno usato dei fotorivelatori in grado di recepire il segnale di un singolo fotone. Di fatto hanno creato un sistema che riproduce fisicamente il problema del boson sampling, o più precisamente una sua variante nota come Gaussian boson sampling, e in 200 secondi hanno trovato le soluzioni al problema del campionamento di fotoni. Un computer classico avrebbe impiegato 2,5 miliardi di anni a compiere la stessa operazione, un vantaggio quantistico stimato nell’ordine di grandezza di 1014.

In sintesi, in un computer quantistico l’operazione di calcolo è costituita dalla misura dello stato del sistema. Il team di Google aveva misurato i possibili stati che potevano assumere i 53 qubit del processore Sycamore in circa tre minuti e mezzo. Il team cinese ha misurato gli stati in cui potevano trovarsi fino a 76 fotoni (nella maggior parte dei casi erano 40 fotoni) in uscita da Jiŭzhāng. In altri termini Wei-Pan, Lu e colleghi per risolvere il problema di calcolo del boson sampling hanno creato un computer quantistico che è esso stesso una distribuzione misurabile di fotoni. Secondo Scott Aaronson, se Sycamore poteva raggiungere un numero di stati pari a 1015 (l’equivalente di 253), Jiŭzhāng riesce ad arrivare fino a 1030 stati.

Ad oggi ancora non si può escludere che qualcuno trovi un algoritmo classico migliore che riduca il “gap” generato dall’esperimento del gruppo cinese tra soluzione classica e soluzione quantistica al problema del Gaussian boson sampling, fa notare Fabio Sciarrino, anche se per ora nessuno ci è riuscito.

Il lavoro però un limite effettivo ce l’ha: “il maxi interferometro non è programmabile, hanno un dispositivo che trasmette molti più fotoni di quelli che fino ad ora era possibile trasmettere, ma al momento non è programmabile” e quindi non può venire usato per risolvere problemi pratici.

Ciononostante il risultato ottenuto è senza dubbio importante e “mostra il potenziale di questa strada”. Sulla fotonica integrata hanno puntato anche alcune aziende private come Xanadu in Canada e PsiQuantum in California.

Nello sviluppo del calcolatore quantistico si stanno esplorando diversi approcci tecnologici: i superconduttori (Google e Ibm), gli ioni intrappolati, i fotoni e altri approcci ancora. I fotoni sono arrivati dopo, ma stanno crescendo velocemente e sembra saranno in grado di risolvere problemi specifici, come la comprensione del ripiegamento delle proteine, un problema complesso fondamentale per la chimica farmaceutica.

“Oggi non è facile dire quale tecnologia arriverà a 100.000 qubit, la soglia di potenza di calcolo oltre la quale nessuna controparte classica potrà mai arrivare. Mi sembra adesso prematuro fare questo tipo di previsioni. Ma chiaramente tutte le forze coinvolte in questo ambito creano le premesse per poter andare lontano”.

Le tecnologie quantistiche in Cina e nel mondo

Il lavoro sul vantaggio quantistico raggiunto dal gruppo di Wei Pan e Lu arriva a riconferma di quanto la Cina sia attiva nello sviluppo delle tecnologie quantistiche.

È loro il satellite Micius, che per la prima volta ha distribuito stati di fotoni entangled, e Jian-Wei Pan aveva diretto quel lavoro. Oggi sono attivi anche sui superconduttori, sono estremamente forti in ottica quantistica, hanno stabilito un centro di ricerca molto ambizioso, hanno costruito una rete quantistica da Shangai a Pechino che permette la distribuzione quantistica di chiavi crittografiche. E abbiamo visto in diverse occasioni che spesso hanno la capacità di stupire. Ci sono grandi investimenti statali ma ci sono anche forti interessi privati, come quelli del gruppo Ali Baba. Insomma c’è una forte spinta”.

Ma il resto del mondo non sta certo a guardare. Nel 2018 gli Stati Uniti approvavano il Quantum Initiative Act allocando 1,2 miliardi di dollari per il settore, un’iniziativa analoga a quella inaugurata lo stesso anno in Europa, la Quantum Flagship, che ha destinato almeno 1 miliardo di euro in 10 anni. Già nel 2014 invece si era mosso il Regno Unito con il suo National Quantum Technology Programme da 1 miliardo di sterline. Programmi nazionali dello stesso tipo stanno venendo finanziati anche in Russia, in Germania e persino in Italia, che oltre ad essere presente nella Quantum Flagship europea ha deciso di inserire nel prossimo Programma Nazionale di Ricerca l’ambito delle tecnologie quantistiche, che comprende non solo il calcolo, ma anche la comunicazione, la simulazione e la sensoristica.

“Questo è un ambito in cui l’Italia ha grandi competenze non solo in diverse università e centri di ricerca, ma anche in ambiti di ricerca che ben si combinano con le tecnologie quantistiche. Cnr, Asi, Infn sono diverse realtà che se messe a sistema possono formire contributi significativi. Per quanto riguarda il Quantum Computing, i finanziamenti messi a disposizione sono davvero cospicui in alcune piattaforme a livello internazionale. L’Italia per dare il proprio contributo deve lavorare con un sistema complessivamente integrato, considerando i finanziamenti a livello globale”, auspica Fabio Sciarrino, che un finanziamento molto importante lo ha vinto proprio ad agosto 2020.

“Il nome del mio progetto ERC è molto simile al titolo dell’articolo dei cinesi, “Quantum advantage via non-linear boson sampling”.

“Il nostro obiettivo è dimostrare il vantaggio quantistico sempre utilizzando i fotoni, ma con un approccio più semplice, che richieda meno risorse, un po’ più sofisticato, ma che consenta di raggiungere questo regime senza un approccio di forza bruta”. E la fotonica integrata permette di rendere l’apparato programmabile, cosa che per ora non sembra valere per il sistema cinese. “Questo è il pilastro del progetto, la fase successiva è utilizzare questo dispositivo per diverse applicazioni. Il nostro sistema è molto simile a quello cinese, ma utilizziamo un’altra variante di boson sampling, con altre proprietà. Chiaramente lavoriamo in un contesto molto competitivo, ora stiamo completando l’analisi teorica e stiamo allestendo i nuovi laboratori”.

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