Nel 2007 Ralph Simon, da studente laureato, ha seguito un’intuizione basata su una foto trovata su una rivista. Cercava una foglia a forma di piatto del vitigno autoctono Marcgravia evenia. Le foglie sembravano ideali per riflettere il suono, e Simon sospettava che avrebbero attirato efficacemente i pipistrelli verso i loro fiori nell’oscurità.
Simon, oggi ecologo sensoriale presso l’Università di Anversa in Belgio continua a raccogliere campioni di foglie e testare come il suono rimbalzando su di esse attira i pipistrelli. Simon non si limita a fare test sulle foglie, utilizza le sue conoscenze per sviluppare tecnologie che aiutano i robot a navigare con il suono, proprio come i pipistrelli.
Quasi tutti i robot utilizzano per spostarsi una serie di sensori molto sofisticati. Il sonar è una tecnologia che può aiutare i robot a evitare ostacoli presenti in luoghi con una visibilità scarsa o in ambienti potenzialmente dannosi per le telecamere. Il sonar può guidare i movimenti attraverso l’ecolocalizzazione grazie a impulsi sonori che rimbalzano sugli oggetti più vicini che possono essere raccolti e analizzati. L’ambiente circostante, però, può riflettere segnali di disturbo difficili da interpretare per un robot a differenza dei pipistrelli che possono interpretare questi segnali in maniera efficace mappando i nuovi ambienti in tempo reale.
I pipistrelli sono molto difficili da imitare e i ricercatori come Simon hanno il compito di migliorare le prestazioni dei robot aiutandoli ad interpretare i segnali di disturbo.
I robot sono già in grado oggi di orientarsi grazie a punti di riferimento artificiali. Sott’acqua, ad esempio, semplici riflettori acustici dirigono robot dotati di sensori sonar. Ma pochi gruppi di ricerca hanno studiato come realizzare marcatori acustici sulla terraferma: attualmente non esiste traccia del loro utilizzo.
Il lavoro di Simon ha portato a nuove soluzioni che potrebbero aprire alle applicazioni del sonar: i riflettori acustici stampati in 3D a forma di foglie di M. evenia. Mentre una parte della vegetazione restituisce semplicemente una parte del suono, le foglie di M. evenia riflettono un modello coerente di echi che attirano i pipistrelli verso i suoi fiori.
Nel 2006, Simon e il suo gruppo di ricerca hanno dimostrato che il cambiamento delle dimensioni delle strutture cave, emisferiche e simili a foglie alterava i loro echi di ritorno e che i pipistrelli erano in grado di distinguere queste sottili variazioni. Cinque anni dopo, il gruppo ha scoperto che M. evenia era particolarmente efficace nel riflettere segnali acustici chiari e riconoscibili.
Le foglie a forma di piatto hanno creato un’eco di ritorno a lungo raggio con una firma unica che è rimasta coerente indipendentemente dalla direzione di avvicinamento dei pipistrelli. Le foglie riflettono l’acustica in maniera così efficace da dimezzare il tempo di ricerca dei pipistrelli, nonostante il rumore di fondo circostante. Da questo, il team ha deciso di realizzare riflettori di varie dimensioni per vedere se un robot autonomo poteva utilizzare gli stessi principi per la navigazione.
I ricercatori hanno addestrato gli algoritmi del loro robot a riconoscere i vari riflettori, proprio come un pipistrello distingue oggetti di varie forme in base agli echi raccolti. Ogni tipo di riflettore trasmetteva un’istruzione, indicando al robot di accendere o spegnere un segnale.
Mentre il loro robot alto poche decine di centimetri si muoveva su tre ruote attraverso il laboratorio, emettendo richiami come un pipistrello, gli echi dei riflettori brillavano come piccoli fari. I suoni che rimbalzavano sui fiori artificiali, tuttavia, lo facevano caoticamente.
Ma il robot è stato capace di interpretare gli echi di ritorno dai riflettori ispirati alla M. evenia distinguendoli dal rumore di fondo. Simon afferma che lo studio dimostra come la ricerca ecologica di base possa far avanzare la tecnologia di navigazione. I riflettori potrebbero aiutare i robot autonomi in spazi ristretti, come serre polverose o miniere buie, dove i sistemi visivi sono inutilizzabili.
“Oggigiorno i sensori sonar vengono utilizzati principalmente per la misurazione”, aggiunge Simon. “Ma potrebbero anche fare molto di più.”
Secondo Jan Steckel, ingegnere elettronico dell’Università di Anversa e coautore dello studio, la semplicità e la salienza dei loro riflettori ha “eliminato l’intero problema del disordine dell’eco”. Nonostante questi progressi, dietro la ricerca di Simon e Steckel, e altri sforzi simili, si nasconda un mistero più profondo su come funzioni in natura la navigazione con sonar.
C’è un dibattito in corso su come i pipistrelli utilizzino l’ecolocalizzazione per percepire e muoversi nel loro ambiente. Riconoscono semplicemente gli echi che rimbalzano su oggetti specifici o possono ricostruire un layout 3D più dettagliato? Forse, sostengono alcuni ricercatori, è una combinazione di entrambe le cose.
Il modo in cui i pipistrelli usano il sonar per navigare è “la questione da un milione di dollari nell’ecolocalizzazione”, afferma Yossi Yovel, biologo dell’Università di Tel Aviv in Israele e co-creatore del robot pipistrello Robat. La sua ricerca preliminare suggerisce che la costruzione di robot che utilizzano algoritmi di apprendimento può aiutarci a capire quali informazioni estraggono i pipistrelli dai dati sonar.
Dopotutto, queste reti neurali imitano qualcosa che i pipistrelli hanno ma i robot no: un cervello. E sebbene le reti neurali siano uno strumento potente, potrebbero non essere una soluzione in grado di imitare il cervello dei maestri ecologisti. Il sonar dei delfini, ad esempio, è stato studiato per decenni, ma le capacità naturali dei mammiferi continuano a superare le loro controparti di fabbricazione umana, specialmente in ambienti disordinati.
A fare l’osservazione Yan Pailhas, uno scienziato del Centro di ricerca e sperimentazione marittima in Italia, che ha sviluppato sistemi sonar ispirati ai delfini e modellato punti di riferimento sonar subacquei. Nonostante i recenti progressi, afferma che le reti neurali non possono ancora competere con il modo in cui i delfini interpretano i dati sensoriali. “Hanno un cervello”, dice. “E questo è il trucco.”
Riuscire a capire come funziona l’ecolocalizzazione in natura è un enigma che gli scienziati devono ancora risolvere. Herbert Peremans dell‘Università di Anversa, un coautore dello studio sul riflettore di Simon e Steckel, afferma che sarebbe felice se potesse semplicemente duplicare ciò che stanno facendo i pipistrelli. “Considero la natura un ingegnere”, aggiunge. Essendo uno di loro, sa cosa può raccogliere dagli altri inventori, Homo sapiens o no.
È orgoglioso dei riflettori del gruppo perché offrono una risposta semplice al problema del disordine dell’eco e potrebbero aiutare il sonar artificiale in ambienti esterni. “Penso che abbia senso guardare a soluzioni evolute naturalmente, perché di solito sono molto semplici”, afferma Peremans. “Semplici ed eleganti”.