L’impatto provocato sul nostro pianeta dalla presenza dell’uomo è ormai cosa nota, oggetto di numerosi studi e dibattiti di frequenza praticamente quotidiana, e siamo abituati a sentir parlare di inquinamento, cambiamenti climatici e delle relative conseguenze sull’ambiente. Parlando, più nello specifico, di animali, viene da chiederci: qual è la prima specie estintasi a causa dell’uomo?
Sappiamo che in un momento non ben precisato di fine 1600, il dodo, uccello che viveva nell’isola di Mauritius, si estinse; fino ad allora l’animale aveva vissuto nelle rigogliose foreste dell’isola senza particolari problemi, ma quando giunsero i colonizzatori portoghesi e olandesi, in meno di 100 anni sparì dalla faccia della terra.
Era opinione comune che questo animale fosse il primo estintosi a causa dell’uomo, il quale a sua volta si è sentito quasi assolto (o forse sarebbe meglio dire che si è auto-assolto) dalla colpa di averne provocato l’estinzione, perché il dodo era considerato un animale grosso, poco agile e molto pigro, oltre che dotato di scarsa intelligenza, tutte caratteristiche che quasi ne giustificavano e preannunciavano un destino già scritto.
Niente di più lontano dalla realtà, come ha dimostrato Julian Hume, paleontologo e ricercatore del National History Museum nel Regno Unito: dalla sua riproduzione digitale in 3D dei resti dello scheletro di un dodo, è infatti emerso che era molto più agile e intelligente di quanto pensiamo.
Sembra infatti che la vera ragione della sua estinzione sia stata la presenza dell’uomo.
Ma non è l’unica opinione comune rivelatasi errata: sembra infatti che il dodo non sia stato il primo animale estintosi a causa dell’uomo, ma anzi la sua opera di cancellazione dalla faccia del pianeta di diverse specie faunistiche sarebbe cominciata molto tempo prima.
E allora, quale animale si è estinto per primo a causa dell’uomo e del suo impatto sul pianeta?
Siamo abituati a pensare all’estinzione come a un fenomeno relativamente recente, ma sono oramai numerosi gli studi che dimostrano il contrario. “Il problema è sorto quando noi esseri umani abbiamo iniziato a migrare” ha ribadito Hume. Diversi studi evidenziano infatti un significativo incremento di estinzioni di animali di grossa taglia parallelamente all’inizio delle migrazioni dei nostri antenati dall’Africa e dal sud-est dell’Asia verso l’Eurasia, l’Oceania e le Americhe circa 125000 anni fa, come dimostrano i fossili rinvenuti nei vari continenti.
“Man mano che gli ominidi migrarono fuori dall’Africa, possiamo vedere un aumento incredibilmente regolare delle estinzioni”, ha dichiarato Felisia Smith, docente di Ecologia e Biologia dell’Evoluzione presso l’Università del New Mexico. Lo studio della Smith e dei suoi colleghi risale al 2018, ed evidenzia come ogni volta che l’uomo ha messo piede su un nuovo territorio, animali di grossa taglia come ad esempio gli antenati di elefanti, antilopi e orsi, si estinguessero in un arco di tempo che va dai 100 ai 1000 anni al massimo, e i fossili rinvenuti ne sono la prova. Una scoperta davvero sorprendente, se si pensa che da quando un asteroide spazzò via dalla terra i dinosauri circa 65 milioni di anni fa, non si è più verificato un processo di estinzione così rapido. Verrebbe da dire che, dove non è arrivato l’impatto di un asteroide, è intervenuto l’uomo.
Si trattava principalmente di megafauna, ovvero animali di grossa taglia, che oggi vediamo solo al cinema o di cui leggiamo nei libri fantasy. “C’era una specie di armadillo denominato glittodonte, grande quanto un autobus”, spiega Felisia Smith, e questi animali sono scomparsi dalle Americhe alla fine dell’ultima era glaciale, circa 12.000 anni fa, proprio quando giunsero i primi uomini in quelle zone. Per non parlare degli orsi delle caverne dell’Eurasia, molto più grandi e pesanti degli attuali orsi grigi, che circa 40.000 anni fa andarono incontro a un rapido declino, più o meno nello stesso momento in cui l’uomo iniziò a insediarsi nel loro habitat.
Ma come mai animali così grandi e forti, risentirono tanto dell’arrivo dell’uomo da arrivare a scomparire dalla faccia della terra? Agli occhi dei nostri antenati apparivano come cibo da cacciare, o come una minaccia date le loro dimensioni, e ciò unito al fatto che questi animali si trovarono impreparati all’arrivo di questi intrusi, li rese un facile bersaglio. Inoltre, a differenza di animali di taglia più piccola capaci di riprodursi velocemente, questi giganti erano più lenti sotto questo aspetto, e di conseguenza numericamente inferiori alle altre specie.
Anche i numerosi incendi provocati dall’uomo rappresentarono una minaccia, poiché ne distrussero l’habitat aumentando la competizione con gli umani per il cibo; dunque il cambiamento climatico unito all’impatto apportato dall’uomo con la caccia, fu una combinazione letale per parte della megafauna.
Da allora purtroppo non ci siamo più fermati: come ha infatti aggiunto Julian Hume “abbiamo continuato sulle orme dei nostri antenati, conducendo all’estinzione tra le varie specie, gli ippopotami malgasci 1000 anni fa, i moa, uccelli della Nuova Zelanda, circa 600 anni fa, e i piccioni migratori 106 anni fa. E sono riconducibili alla nostra condotta tante altre estinzioni che hanno luogo anche oggi”.
Ma ancora non abbiamo risposto alla domanda che ci siamo posti all’inizio: quale specie si estinse per prima?
Arriviamo al punto: i dati relativi alle estinzioni dovute alla presenza dell’uomo possono essere rintracciati al massimo fino a 125000 anni fa, ma questo non significa che l’uomo non abbia provocato la scomparsa di altri animali prima di quella data in Africa, anzi vi sono numerose prove che dimostrerebbero il contrario.
Nonostante non vi sia un modo certo per conoscere con esattezza quale animale si sia estinto per primo, Felisia Smith immagina che “Probabilmente si è trattato di un animale della specie degli elefanti, ma se fosse un paleomastodonte o uno stegodonte, non posso affermarlo con certezza”.
Probabilmente la nostra domanda iniziale non troverà mai risposta, ma forse c’è qualcosa di più importante che ora dobbiamo chiederci: cosa può insegnarci questo nesso tra la presenza dell’uomo e la scomparsa di numerose specie riguardo la salvaguardia del pianeta in futuro?
Quanto avvenuto in passato ha dimostrato che quando gli animali scompaiono definitivamente, specialmente la megafauna, l’impatto sull’ambiente è devastante: interi paesaggi si trasformano in loro assenza, provocando cambiamenti anche nella vegetazione e in altre specie. La professoressa Smith ha pubblicato una ricerca che dimostra come il declino della megafauna sul pianeta nei millenni scorsi, abbia condotto a un crollo della quantità di metano che essa espelleva, con conseguenze potenzialmente capaci di trasformare il clima globale. Inoltre, quando un animale scompare, tutta una serie di specie scompare con lui, e il dodo di cui abbiamo parlato all’inizio ne è un esempio ben chiaro: quando questo infatti si estinse, scomparve per sempre anche cosiddetto scarafaggio delle Mauritius, che si nutriva delle sue feci.
Comprendere le estinzioni provocate in passato dall’uomo, può aiutarci a capire quali siano state le conseguenze sull’ambiente, ha spiegato la Smith, e come in futuro possiamo limitarle proteggendo le specie che rimangono. Anche la stessa estinzione dei dodo può darci un indizio su come preservare oggi l’ecosistema. Hume sta infatti lavorando a un progetto di catalogazione delle spore presenti nei sedimenti attorno ai fossili di dodo, per ricostruire un’immagine dettagliata delle foreste dove vivevano, e aiutare così gli scienziati a ripopolare l’isola con la vegetazione presente un tempo. “Stiamo letteralmente ricostruendo le esatte specie di piante e alberi esistenti ai tempi dei dodo, prima dell’arrivo dell’uomo” ha dichiarato Hume.
Forse allora non è ancora detta l’ultima parola, e la scienza oggi, unita a una più vigorosa e attenta consapevolezza in materia di ambiente tra le persone, può aiutarci a non ripetere gli errori del passato e, dove possibile porvi rimedio, prima che altri pezzi di paradiso vadano perduti per sempre.