L’uomo deve difendere la natura per prevenire ulteriori pandemie

Il coronavirus, che sta dilagando in tutto il mondo, è la più grande dimostrazione che l'umanità sta indebolendo il potere che la natura ha di difenderci dalle malattie

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Il coronavirus, che sta dilagando in tutto il mondo, è la più grande dimostrazione che l’umanità sta indebolendo il potere che la natura ha di difenderci dalle malattie.
Il nostro pianeta ci offre una biodiversità unica nel suo genere, un luogo dove i più piccoli vengono inevitabilmente mangiati dai predatori più grandi, animali che molto probabilmente finiscono per essere mangiati dalle persone. L’uomo si trova in cima alla catena alimentare, ma questa volta quello che sta accadendo ci sta dimostrando che l’umanità è bloccata da un minuscolo virus.
Gli umani in tempi antichi non avevano la stessa mobilità di oggi, riuscendo così a mantenere le malattie a livello locale. L’umanità col passare dei secoli ha reso molto facile per i virus avere successo evolutivo, a causa delle alte densità abitative, e alla facilità di spostamento che nessun altra specie possiede.
L’uomo ha trasformato habitat naturali in città, terreni agricoli e centri commerciali, aumentando il contatto ravvicinato con le specie selvagge. Tutte queste condizioni hanno creato un habitat perfetto per produrre una piaga moderna.
La Covid19 ci ricorda che la conservazione dell’habitat è un fattore molto importante da non sottovalutare, la nostra stessa sopravvivenza dipende dal nostro essere i membri migliori della biosfera.
Il coronavirus, che è probabilmente trasmesso agli uomini da qualche animale selvatico in un mercato di Wuhan, nel giro di pochi mesi ha ucciso centinaia di persone, diventando il predatore preminente che abita la Terra. La pandemia ha colpito indistintamente tantissime persone in tutto il mondo, una situazione che sottolinea come la biodiversità sia estremamente necessaria per proteggere la salute umana e la sua sopravvivenza.
Da millenni i virus e i batteri nocivi si attaccano agli umani dagli animali selvatici attraverso contatti diretti. Gli umani, a causa dell’incessante invasione degli habitat selvaggi, della competizione con gli animali per acqua, cibo e territorio, stanno aumentando il contatto fisico e accrescendo la possibilità di contagio.
Uno studio, effettuato nel 2020, ha preso in esame come il legame tra l’abbondanza di specie che trasportano tali virus zoonotici, possa aumentare la probabilità di spillover per l’uomo. I ricercatori, per approfondire lo studio, hanno preso in esame la letteratura scientifica, ottenendo così dati su ben 142 virus zoonotici, arrivando a scoprire che roditori, primati e pipistrelli sono in grado di trasportare molti più virus rispetto ad altre specie.
Gli studiosi sono riusciti a scoprire che il rischio di trasmissione di un virus all’uomo, aumenta nel momento in cui una certa specie diviene più abbondante, condizione che si crea quando gli animali riescono ad adattarsi agli ambienti dominati dall’uomo.
I ricercatori si sono chiesti anche qual è l’impatto che le creature nell’oceano, che sono più del 70% del pianeta, possono avere sull’uomo, e se lo sfruttamento della vita oceanica potrebbe minacciare la salute umana. La risposta è stata scoperta durante un’esplorazione di alcune delle isole più remote del Pacifico centrale.
Essi sono riusciti, attraverso le ricerche svolte su cinque isole a nord dell’Equatore, a effettuare l’esperimento naturale che ha fornito i diversi livelli che l’impatto umano ha sulle barriere coralline. Le cinque isole, che presentavano condizioni oceanografiche e climatiche, flora e fauna pressoché identiche, differivano tra di loro solo a livello di numero di abitanti. L‘isola Kingman era completamente disabitata, Palmyra, aveva 20 persone che gestivano una stazione di ricerca e un rifugio per la fauna selvatica, più a sud era situata Teraina con 900 persone, Tabuaeran 2.500 persone e Kiritimati 5.100 persone.
Il team di ricercatori ha analizzato tutta la biodiversità presente nelle acque, dai virus, ai batteri, alle alghe, agli invertebrati sino ai pesci. Inoltre, hanno misurato come cambia l’ecosistema della barriera corallina attraverso un gradiente di disturbo umano. I risultati sono stati molto chiari: quando le persone, anche con un numero ridotto, cominciano a a pescare, tagliano la rete alimentare dall’alto. Nel caso il numero di persone aumentasse da nessuna a poche miglia, come nelle isole esaminate, la barriera corallina cambierebbe da un numero elevato di squali e coralli a piccoli pesci ed alghe.
Forest Rohwer, ecologo virale alla San Diego State University che ha partecipato allo studio, è stato uno dei primi a utilizzare la tecnologia genomica per studiare virus e batteri nell’oceano. Nel mare delle cinque isole i ricercatori hanno raccolto un gran numero di campioni d’acqua, per riuscire a misurare l’abbondanza di microbi rispetto alla presenza umana.
Le analisi hanno individuato 10 volte più batteri nell’acqua a Kiritimati rispetto a quelle di Kingman. Non solo, il numero di microbi aumentava con la presenza di un maggior numero di persone, e anche il loro impatto era maggiore. I ricercatori nell’isola di Kingman hanno trovato delle acque molto cristalline, dove metà dei microbi erano solamente batteri molto piccoli, come il Prochlorococcus, al contrario dell’isola di Kiritimati in cui sono state trovate acque torbide, e dove circa un terzo dei batteri erano patogeni, compresi diversi tipi di Staphylococcus, Vibrio ed Escherichia.
Il Vibrio trovato è molto pericoloso e può causare malattie nei coralli, contribuendo così al passaggio a barriere coralline dominate da alghe, che a loro volta migliorano le fioriture microbiche. Il Vibrio è noto nel causare malattie mortali negli esseri umani, come il colera, la gastroenterite, le infezioni delle ferite e la setticemia.
I ricercatori hanno condotto anche un altro studio, sempre con le stesse finalità, in cinque delle Line Islands a sud dell’Equatore, sta volta tutte disabitate. Lo studio ha evidenziato le stesse condizioni trovate nell’acqua dell’isola di Kingman, ossia acqua pulita. una biomassa di pesce estremamente elevata, inclusi molti squali, e una barriera corallina dominata da coralli viventi.
I ricercatori nella laguna del Millennium Atoll sono rimasti estremamente sorpresi nel trovare una grande abbondanza di vongole giganti. Questa specie è nota come filtro naturale dell’acqua, animali che con il loro corpo catturano i microrganismi come fonte di nutrimento. A tal proposito i ricercatori si sono chiesti se questa specie potesse aiutare a mantenere l’acqua pulita.
Per effettuare l’esperimento hanno riempito degli acquari con l’acqua dalla laguna, in cui in alcuni hanno messo una vongola gigante vivente, altri con una conchiglia vuota e nell’ultima nient’altro che acqua. Successivamente, sono stai misurati i livelli di batteri e virus.
I risultati sono stati sorprendenti: le vongole giganti hanno rimosso la maggior parte dei batteri e dei virus dall’acqua di mare entro 12 ore, mentre l’acqua negli altri acquari è diventata torbida e carica di microbi. I ricercatori per avere maggiori elementi della capacità delle vongole di assorbire i microbi hanno inserito il Vibrio negli acquari. Il risultato è stato che le vongole riuscivano a ridurre in modo significativo il Vibrio presente nell’acqua.
Purtroppo le vongole giganti a causa delle catture sono quasi del tutto scomparse in molti luoghi. Le persone, quindi, hanno inconsapevolmente rimosso i filtri naturali del mare, le maschere N95 della laguna, una specie che riusciva a proteggerli dalle malattie.
Il mondo con la pandemia si è dimostrata generosa nell’aiutare le persone bisognose, ma cosa si potrà fare per riuscire a prevenire la prossima pandemia zoonotica? Si è visto che nonostante non si conosca il vero valore della biodiversità, bisogna comunque proteggere sia la fauna che la flora sul nostro pianeta, perché tutti hanno compiti importanti e mantengono un equilibrio dell’habitat.
Una cosa che dobbiamo assolutamente capire è che lo studio effettuato sugli ecosistemi naturali dai ricercatori, ci deve far comprendere che non serve uccidere gli animali che portano i virus per non farci ammalare, bensì proteggerli per consentire loro di creare una biodiversità.
Lo studio dimostra come il degrado della biodiversità possa determinare una maggiore diffusione di malattie, diminuendo le diverse specie vegetali e animali. La biodiversità è in grado di diminuire la diffusione dei virus che emergono e fornisce uno scudo naturale che assorbe la ricaduta dai patogeni.
Per far si che ciò avvenga bisogna bloccare il commercio illegale di fauna selvatica, porre fine alla deforestazione, proteggere gli ecosistemi, ma sopratutto educare le persone sui rischi del consumo di fauna selvatica, cambiare il modo in cui produciamo cibo, eliminare gradualmente i combustibili fossili e passare a un’economia circolare, tutte cose che l’uomo può attuare.
L’uomo deve capire che se vuole salvaguardare la propria sopravvivenza deve proteggere la natura selvaggia, un mondo naturale sano potrà essere la miglior cura e un ottimo antivirus.
Fonte: National Geographic