La domanda “dove sono tutti?” È il punto cruciale del paradosso di Fermi. Se la vita sulla Terra fosse una normale conseguenza dell’interazione tra ambiente ed energia emessa dalla sua stella non dovrebbe essere considerata così speciale ed unica ma, allora, dove sono le le civiltà aliene, visto che non ne troviamo traccia?
Per rispondere a queste domande che assillano i ricercatori da almeno 70 anni sono state proposte molte ipotesi. Certo, nessuno si aspetta che tutte le stelle ospitino la vista sui corpi che gli ruotano intorno ma, secondo le ultime stime, di stelle nella sola Via Lattea ce ne sono almeno duecentomila miliardi e probabilmente i pianeti sono anche di più. Tutto è possibile ma appare quanto meno improbabile che la vita sia un incidente casuale avvenuto solo sulla Terra, soprattutto davanti a questi numeri e pensando che nell’universo di galassia probabilmente ce ne sono più di duecentomila miliardi…
Certo, sono tanti i fattori di cui tenere conto. L’universo ha quasi 14 miliardi di anni e non sappiamo se i 4,5 miliardi di anni trascorsi sulla Terra dalla comparsa delle prime forme di vita al sorgere della nostra civiltà tecnologica siano uno standard oppure siamo stati più veloci o più lenti rispetto ad una potenziale media, inoltre non sappiamo quanto possa durare e restare vitale e attiva una civiltà tecnologia, la nostra ha poco più di cento anni ma anche fossero mille, come fare per sapere quante possibilità ci sono di incontrare una civiltà aliena nostra contemporanea?
Potremmo non incrociare altre civiltà non fosse altro perché siamo arrivati troppo tardi o troppo presto. Per spiegare perché sembriamo essere soli nel vastissimo universo, e dare una risposta al Paradosso di Fermi, l’astronomo Frank Drake propose un’equazione per calcolare quante possibili civiltà potrebbero esserci nella galassia ma, essendo quasi tutti i fattori dell’equazione hann valori arbitrari a causa della mancanza di dati, le possibili risposte date dall’equazione di Drake vanno da 1 milioni, in funzione dei valori arbitrariamente assegnati alle varie variabili dell’equazione, ovviamente soluzioni non soddisfacenti.
Anche il fisico russo Alexander Berezin, della National Research University of Electronic Technology (MIET), si è voluto cimentare con il Paradosso di Fermi ed ha elaborato una sua particolare teoria. L’ha chiamata la soluzione del “First in, last out“. La sua ipotesi suggerisce che una volta che una civiltà raggiunge le capacità di diffondersi tra le stelle, finirà per spazzare via inevitabilmente tutte le altre civiltà.
Secondo lo scienziato russo, la sua soluzione non implica necessariamente che una razza che si espande nella galassia debba essere necessariamente malvagia ma, semplicemente, potrebbe, come un bulldozer che distrugge un nido di formiche mentre spiana il terreno per costruire una strada, non notare civiltà inferiori e magari distruggerle senza nemmeno rendersene conto.
L’articolo in cui Berezin propone la sua ipotesi è disponibile su arxiv.org.
Il fisico russo suggerisce anche che, se siamo ancora qui, è perché, probabilmente, siamo noi i futuri distruttori di innumerevoli civiltà.
“Supponendo che l’ipotesi sopra sia corretta, cosa significa per il nostro futuro? L’unica spiegazione è l’invocazione del principio antropico: saremo i primi ad arrivare allo stadio [interstellare] e, molto probabilmente, saremo gli ultimi a sparire” ha spiegato.
La soluzione di Berezin per il paradosso deriva dalla semplificazione di diverse ipotesi: Ad esempio, la nostra definizione di vita dipende da sette parametri, ma per Berezin ce n’è solo uno che conta: la crescita.
La crescita è la spinta per espandersi oltre il pianeta di origine, e se la spinta all’espansione diventa la forza dominante, nel suo slancio calpesterà ogni altra forma di vita esistente nell’universo. Colonialismo e capitalismo sono due esempi storici di tali forze.
Quindi, il nostro destino come razza è questo? Dovremo andare là fuori e conquistare tutto o essere distrutti? Possibile che non vi sia un’altra soluzione più moderata? In fondo, l’universo è talmente vasto che dovrebbe esserci spazio per tutti.
A mio avviso, questa è un’ulteriore ragione per continuare a cercare la vita vicino a noi: se trovassimo la vita, anche in forme semplicissime, su Marte o su uno dei satelliti del sistema solare saremmo, in questa fase storica, portati a proteggerla e preservarla. Questo potrebbe contribuire a formare nell’umanità una cultura diversa da quella ipotizzata da Berezin.
La consapevolezza di non essere soli potrebbe, alla fine, renderci migliori.
Per finire, qui sotto un breve documentario in inglese con sottotitoli (settateli in italiano) che spiega il Paradosso di Fermi ed alcune possibili soluzioni.
First in, last out, l’inquietante ipotesi che risponde al paradosso di Fermi – video
Ancora non abbiamo una risposta definitiva alla domanda posta dal Paradosso di Fermi sul perché non riusciamo a trovare altre civiltà tecnologiche in grado di comunicare. Uno fisico russo ha proposto un'ipotesi che presenta una soluzione davvero inquietante...
Indice