Lo tsunami coronavirus che ha travolto il centro nord Italia tra marzo ed aprile ha portato i sistemi sanitari regionali sull’orlo del collasso. Gli operatori delle terapie intensive, in particolare, medici ed infermieri, hanno dovuto fronteggiare un vero e proprio trauma mentre si confrontavano con un virus sconosciuto, un numero di pazienti mai visto prima, il rischio di infettarsi e morire come è avvenuto per 167 medici ed una cinquantina di infermieri.
Medici, infermieri, ma anche personale delle RSA, addetti alle pulizie ed alla sanificazione hanno lavorato in condizioni di stress eccezionali. In quei due mesi di fuoco nessuno si è preoccupato della salute psichica della nostra “prima linea” contro Covid19.
Uno studio effettuato ad inizio febbraio su 1257 operatori sanitari cinesi (39% medici, 61% infermieri il 42% dei quali coinvolto direttamente nella cura dei pazienti Covid19) e pubblicato su “Jama Network Open” ha rilevato tassi elevati di depressione (50%), ansia (45%), insonnia (34%) e stress (72%). Soltanto tra il 10 e il 20% ha però mostrato sintomi gravi al punto da poter sfociare nella sindrome post traumatica da stress.
Individuare questa quota di personale sanitario che potrebbe soffrire di una sindrome altamente pericolosa, anche per la peculiarità della professione che esercitano, è un imperativo adesso che la situazione più acuta dell’emergenza si sta risolvendo.
Un’attenzione particolare va rivolta anche a quelle categorie come gli operatori socio-sanitari e gli addetti alle pulizie ed alla sanificazione, inizialmente dimenticate, che pure hanno operato in contesti altamente stressanti, assistendo anche ad un numero di morti concentrato in un lasso di tempo relativamente breve senza precedenti.
Per tutti gli operatori e per i medici in particolare poi l’infodemia dilagante in questo periodo ha acuito le condizioni traumatiche nelle quali hanno dovuto operare. La mancanza da parte delle istituzioni preposte di informazioni chiare, univoche, tempestive ed attendibili per la terapia e la soluzione di problemi etici, giuridici e decisionali è stata stigmatizzata da una nota dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Nel nostro paese è in atto una ricerca ETHICOVID19 intesa a valutare il danno morale sofferto dai medici legato all’incertezza nella prescrizione di farmaci contro l’infezione in assenza di dati certi sulla loro efficacia.
I risultati così ottenuti saranno incrociati con quelli ottenuti somministrando questionari di misurazione dei livelli di ansia e stress. L’obiettivo della ricerca sarà quello di fornire alle autorità sanitarie elementi utili per predisporre training specifici ad evitare che gli operatori sanitari siano afflitti da sensi di colpa per le scelte effettuate in una situazione di assoluta emergenza.
fonte: Le Scienze, giugno 2020, edizione cartacea