Virus e Matematica

Per contrastare le epidemie insieme a prevenzioni, quarantene, vaccini sono sempre più importanti modelli matematici in campo epidemiologico.

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Tra gli strumenti più importanti in mano ad epidemiologi e medici per contrastare la diffusione delle malattie infettive alcuni modelli matematici rivestono un ruolo tutt’altro che secondario.
Ma cosa c’entra,  ad esempio,  un modello matematico con un’epidemia di morbillo? Questa malattia causata da un paramayxovirus aggredisce le vie respiratorie e causa una serie di eruzioni cutanee. I focolai epidemici vanno e vengono. Ebbene gli studi epidemiologici hanno rilevato, come per altri agenti patogeni, che esiste un valore numerico minimo della popolazione contagiabile oltre il quale il virus non può esistere come fattore endemico.
Questo valore è noto come “dimensione critica della popolazione” e dipende dall’efficienza della trasmissione, dalla virulenza dell’agente patogeno (il suo tasso di mortalità)  e dal fatto che un’unica esposizione può conferire o  meno l’immunità permanente.
Nel caso del morbillo il valore della dimensione critica della popolazione si attesta intorno alle 500.000 persone. Una comunità sotto questa soglia numerica può essere occasionalmente colpita da un’epidemia di morbillo ma il virus è destinato a scomparire in poco tempo.
Questo perché ha già sfruttato tutte le possibilità di riprodursi con gli ospiti suscettibili alla malattia ed il “rifornimento” di nuovi neonati non è sufficiente ad alimentare la propagazione di nuove epidemie. Naturalmente questo è vero anche perché il morbillo non è una malattia zoonotica ovvero il virus non proviene da un’animale. In caso contrario l’agente patogeno si rifugerebbe nell’ospite serbatoio riuscendo a sopravvivere benissimo anche in una comunità inferiore ai 500.000 abitanti.
Le diverse caratteristiche di un virus (infettività, virulenza, conferimento dell’immunità permanente) influiscono quindi anche sul valore della dimensione critica della popolazione. Nel caso della pertosse questo valore infatti risulta decisamente più basso che per il morbillo, 200.000 abitanti.
Il primo ad utilizzare la matematica per studiare le epidemie fu Daniel Bernouilli (1700-1782), matematico e fisico svizzero. La sua fu una carriera lunga ed improntata ad uno straordinario eclettismo, spaziando tra fisica, astronomia ed economia politica. Nel 1760 mentre insegnava all’Università di Basilea, Bernouilli redasse uno studio sul vaiolo, calcolando i costi ed i benefici di una vaccinazione universale contro tale malattia. Bernouilli dimostrò con il suo lavoro matematico che inoculando in tutta la popolazione una minuscola quantità di materia infetta (allora non si sapeva cosa fossero i virus) i rischi, pur presenti, sarebbero stati decisamente inferiori ai benefici.
Le sue equazioni dimostrarono che con una vaccinazione di massa contro il vaiolo, la vita media della popolazione sarebbe aumentata di tre anni e due mesi! Il lavoro di Bernouilli era però troppo avanti per i suoi tempi e si dovette attendere fino al 1854 quando il medico britannico John Snow utilizzando fra l’altro un modello matematico scoprì la causa dell’epidemia di colera a Broad Street a Londra che fece oltre 600 morti.
Ma il contributo più importante di tutti è da ascrivere al medico tropicale inglese Ronald Ross (1857-1932) , già premio Nobel (1902) per aver stabilito che la malaria si trasmette con le punture delle zanzare. Ross propose il primo modello probabilistico utilizzato in epidemiologia: in pratica dimostrò che l’infezione malarica può persistere solo se il numero di zanzare è al di sopra di una certa soglia.
Il modello di Ross era stato messo a punto attraverso un percorso pluriennale iniziato nella sua relazione a Mauritius nel 1908, elaborata nella sua Prevenzione della malaria nel 1911 e definitivamente completata in una forma più generalizzata in lavori scientifici pubblicati dalla Royal Society nel 1915 e 1916.
Da allora la matematica è una delle armi più efficaci nella prevenzione e nel contrasto delle epidemie.