L’universo potrebbe esistere da sempre, è quanto sostiene un modello che applica termini di correzione quantistica per integrare la teoria della relatività generale di Einstein. Questo modello potrebbe anche tenere conto della materia oscura e dell’energia oscura, risolvendo più problemi contemporaneamente.
L’età ampiamente accettata dell’universo, come stimato dalla relatività generale, è di 13,8 miliardi di anni, anche se un recente lavoro del premio Nobel Adam Reiss, in cui l’età dell’universo è stimata inferiore di oltre un miliardo di anni, sta creando qualche incertezza.
In ogni caso, l’idea generale è che, all’inizio, tutto ciò che esiste era compresso in un singolo punto infinitamente denso, o singolarità. Ad un certo punto, diciamo all’inizio del tempo, una qualche fluttuazione di qualche tipo destabilizzò questa singolarità che iniziò ad espandersi in quello che definiamo “Big Bang” e l’universo iniziò ufficialmente.
Sebbene la singolarità che ha originato il Big Bang derivi direttamente e inevitabilmente dalla matematica della relatività generale, alcuni scienziati la considerano problematica perché la matematica può spiegare solo ciò che è accaduto immediatamente dopo il Big Bang e non può davvero avvicinarsi alla singolarità perché ad un certo punto la fisica smette di funzionare.
“La singolarità del Big Bang è il problema più grave della relatività generale perché le leggi della fisica sembrano infrangersi prima di raggiungerla“, spiega Ahmed Farag Ali dell’Università di Benha e della Città della Scienza e della Tecnologia di Zewail, in Egitto.
Ali e il coautore Saurya Das dell’Università di Lethbridge in Alberta, in Canada, hanno dimostrato in un articolo pubblicato su Physics Letters B che la singolarità del Big Bang può essere risolta dal loro modello in cui l’universo non ha né inizio né fine.
Vecchie idee rivisitate
I due fisici sottolineano che i loro termini di correzione quantistica non vengono applicati ad hoc nel tentativo di eliminare in modo specifico la singolarità del Big Bang. Il loro lavoro si basa sulle idee del fisico teorico David Bohm, noto anche per i suoi contributi alla filosofia della fisica. A partire dagli anni ’50, Bohm esplorò la sostituzione della geodetica classica (il percorso più breve tra due punti su una superficie curva) con traiettorie quantistiche.
Nel loro lavoro, Ali e Das hanno applicato queste traiettorie bohmiane a un’equazione sviluppata negli anni ’50 dal fisico Amal Kumar Raychaudhuri.
Applicando all’equazione di Raychaudhuri una correzione quantistica, Ali e Das sono riusciti a derivare le equazioni di Friedmann con correzione quantistica, che descrivono l’espansione e l’evoluzione dell’universo (incluso il Big Bang) nel contesto della relatività generale.
Sebbene non sia una vera teoria della gravità quantistica, il modello elaborato contiene elementi sia della teoria quantistica sia della relatività generale. Ali e Das si aspettano che i loro risultati restino validi anche, se e quando, verrà formulata una teoria completa della gravità quantistica.
Nessuna singolarità né roba oscura
Oltre a non prevedere una singolarità del Big Bang, il nuovo modello non prevede nemmeno una singolarità “big crunch“. Nella relatività generale, un possibile destino dell’universo è che, ad un certo punto, inizierà a ridursi fino a quando non collasserà su sé stesso a generare un punto infinitamente denso, una nuova singolarità.
Ali e Das spiegano nel loro articolo che il loro modello evita le singolarità a causa di una differenza chiave tra geodetica classica e traiettorie bohmiane.
Le traiettorie geodetiche classiche alla fine si incrociano, e i punti in cui convergono sono singolarità. Al contrario, le traiettorie bohmiane non si incrociano mai, quindi le singolarità non compaiono nelle equazioni.
In termini cosmologici, le correzioni quantistiche possono essere pensate come un termine costante cosmologico (senza la necessità di energia oscura) e un termine di radiazione.
Questi termini mantengono l’universo a dimensioni finite e quindi gli danno un’età infinita. L’applicazione di questi termini permette anche di fare previsioni che concordano strettamente con le attuali osservazioni della costante cosmologica e della densità dell’universo.
Nuova particella di gravità
In termini fisici, il modello descrive l’universo come pieno di un fluido quantico. I due scienziati propongono che questo fluido potrebbero essere composto da gravitoni, ipotetiche particelle prive di massa che mediano la forza di gravità. Se esistono, si ritiene che i gravitoni devono svolgere un ruolo chiave in futura, ipotetica, teoria della gravità quantistica.
In un documento correlato, Das e un altro collaboratore, Rajat Bhaduri della McMaster University, in Canada, danno ulteriore credito a questo modello dimostrando che i gravitoni possono formare un condensato di Bose-Einstein (che prende il nome da Einstein e un altro fisico indiano, Satyendranath Bose) alle temperature presenti in tutte le epoche dell’universo.
Grazie al potenziale del modello di risolvere la singolarità del Big Bang e spiegare la materia oscura e l’energia oscura, i fisici hanno in programma di analizzare il loro modello in modo più rigoroso in futuro. Il loro lavoro futuro prevede di ripetere il loro studio tenendo conto di piccole perturbazioni disomogenee e anisotrope, ma non si aspettano che piccole perturbazioni influenzino significativamente i risultati.
“È soddisfacente notare che correzioni così semplici possono potenzialmente risolvere così tanti problemi contemporaneamente“, ha detto Das.
Fonti: Phys.org, ArxIv, Wikipedia