È la notte del 3 luglio 1947, a 120 km da Roswell, quando nel New Mexico, avviene uno schianto. Un oggetto volante non identificato precipita per cause ignote in un luogo sperduto. La mattina dopo un allevatore, William Mac Brazel, trova nella sua proprietà dei rottami e decide di avvisare lo sceriffo George Wilcox, di stanza a Corona, poco distante da Roswell.
L’allevatore accompagna lo sceriffo e un militare sul luogo dello schianto: in seguito al sopralluogo, i due ufficiali presentano subito rapporto su quanto successo e sul materiale ritrovato. Le cronache ufologiche parlano chiaro: i materiali erano praticamente indistruttibili, se piegati o accartocciati tornavano alla loro forma originaria. I media incombono, la notizia è ghiotta e la gente deve sapere, e i giornali vendere.
L’8 luglio sul Roswell Daily Record esce in prima pagina un pezzo titolato “La Raaf cattura un disco volante in un ranch nella regione di Roswell“. Un titolo ad effetto, la cattura di un Disco volante, allora si chiamavano cosi e le segnalazioni di presunti ufo crescevano di giorno in giorno, gli abitanti degli altri mondi scendevano sulla Terra con le loro favolose navi spaziali, ma spesso, non facevano i conti con la nostra atmosfera e il duro suolo terrestre.
Nel testo dell’articolo compare un comunicato ufficiale della Roswell Army Airfield che spiega come, su segnalazione del proprietario del ranch, William Mac Brazel, fossero stati recuperati i resti di un “disco volante” e come questi attendessero di essere studiati. Il comunicato era stato ordinato dal colonnello William H. Blanchard, ma era stato scritto e diffuso da un giovane addetto alle relazioni esterne, il tenente Walter Haut.
Mentre i cittadini di Roswell leggevano il roboante articolo con il racconto dello schianto, i misteriosi rottami della nave spaziale venivano recapitati alla Carswell Air Force Base, in Texas.
Il giorno successivo il generale di brigata Roger Ramey convocò una conferenza stampa e spiegò che i rottami non erano altro che i resti di un pallone meteorologico. Dopo il clamore sollevato bisognava insabbiare, la notizia del ritrovamento poteva dare un grande vantaggio alla nazione americana, almeno cosi elucubrarono allora tanti ufologi di grido. Fu trovata una storia di copertura e tutto cadde nel dimenticatoio, infatti i rottami vennero analizzati dal meteorologo Irwing Newton, che lavorava alla base di Fort Worth, nel vicino Texas: in questi resti riconosce i rottami di una sonda ray wind, che veniva usata per studiare i venti ad alta quota, con tanto di foto allegate.
Caso chiuso? Magari…
Passano più di trent’anni e col libro del 1980 “The Roswell Incident” di Charles Berlitz e William L. Moore il caso Roswell torna prepotentemente alla ribalta.
Sono passate tre decadi dai fatti, e alcuni testimoni cambiano le loro versioni, compaiono particolari mai svelati prima, gli esperti autori svelano una gigantesca operazione di insabbiamento volta a proteggere il sacro graal dell’ufologia: l’esercito ha le prove che gli UFO sono navi provenienti dallo spazio, sono pilotate da esseri intelligenti ma non abbastanza da riuscire ad atterrare sul pianeta Terra.
Il progetto Mogul
La spiegazione ufficiale fornita nel 1947 era una menzogna. Il pallone c’era, ma non si trattava di un pallone meteorologico: era parte di un progetto top-secret che utilizzava microfoni a bassa frequenza in alta quota per cercare di monitorare esplosioni atomiche dei sovietici, il progetto Mogul.
Quello che venne recuperato nel ranch era il volo numero 4, lanciato dall‘Alamogordo Army Air Field, in New Mexico. Prima che le batterie si esaurissero, il dispositivo era stato localizzato ad Arabela, a solo una ventina di chilometri dal ranch di Mac Brazel.
Il progetto Mogul è solo un altro tentativo di insabbiamento da parte di militari e chissà quali altri poteri forti. Gli ufologi e i loro seguaci non potevano assolutamente bersi una storia del genere, il progetto Mogul non poteva che essere un patetico tentativo di nascondere i rottami e i corpi degli alieni al grande pubblico.
Gli americani probabilmente, almeno secondo decine, centinaia, migliaia di gole profonde, e con l’arrivo di internet siti, blog, pagine e gruppi facebook, stavano clonando gli alieni e realizzando ufo terrestri per conquistare il mondo…
Ma è possibile che con tanti mezzi e risorse a disposizione per nascondere un disco volante, nel 1947 sia stato proprio l’esercito a farsi sfuggire un comunicato che ne confermava l’esistenza?
Il primo rapporto parla di pezzi di gomma, stagnola, alluminio, nylon e altri materiali. Non viene menzionata la presenza di corpi.
Chi non conosce Berlitz e Moore? Il primo ci ha fatto conoscere il misterioso triangolo delle Bermuda che ha ingoiato di tutto, navi, aerei, forse anche dischi volanti…
Dopo decenni la memoria si confonde e, spinta da menti fantasiose e interessate a scrivere libri, le decorazioni sul nastro adesivo diventarono “geroglifici alieni“, il legno di balsa “un materiale che non brucia” e la stagnola uno straordinario materiale a “memoria di forma“. Testimonianze di seconda o terza mano, che ingarbugliano la storia dando però spunti ai due.
I ricordi, dopo trent’anni riaffiorano prepotenti, saltano fuori strani geroglifici, materiali a memoria di forma, tute indistruttibili senza cuciture, corpi alieni dalle grosse teste, con quattro dita a ventosa, le versioni si sprecano, saltano fuori anche delle autopsie pagate a peso d’oro…
Non c’è nessuna prova che i rottami recuperati avessero qualcosa di extraterrestre, eppure furono più che sufficienti, dopo più di trent’anni, a riaprire il caso Roswell e a farne una fonte di guadagno per molti ufologi e non solo.
Nel 1994 un’interrogazione parlamentare fa nascere una commissione di inchiesta, nel quale si parla di un pallone sonda non più per studi meteorologici, ma per rilevare test nucleari sovietici. Quindi sì, i militari avevano (comprensibilmente) omesso diversi particolari riguardo ai rottami, ma non stavano nascondendo nessuna astronave.
Ah, un’ultima cosa, il tenente Haut non fece leggere al Colonnello Blanchard quanto da lui redatto e fatto pubblicare sul giornale. Nel 1947 la spiegazione ufficiale che venne fornita fu sufficiente a smontare il caso e, anzi, l’incauto ufficiale fu sbeffeggiato anche dai giornali.