C’è molto di più – molto di più – nel trovare esopianeti abitabili rispetto al fatto che siano alla giusta distanza dalla loro stella per avere acqua liquida. Ad esempio, il pianeta è roccioso, come la Terra, Marte e Venere? Ha tettonica a zolle e campo magnetico? Ha un’atmosfera?
C’è anche un’altra domanda importante: il mondo è influenzato negativamente da altri esopianeti in orbita attorno alla stessa stella?
Per capire meglio questo, gli astronomi stanno studiando gli effetti dell’enorme attrazione di Giove sull’orbita del nostro pianeta.
La tecnica è stata delineata in un nuovo documento accettato in The Astronomical Journal e caricato su arXiv.
Sebbene i pianeti nel nostro Sistema Solare siano abbastanza distanti tra loro, sono ancora abbastanza vicini da influenzare le orbite reciproche, solo un po’.
Per la Terra, ciò significa che le interazioni con Giove e Saturno (principalmente) possono allungare la forma ellittica della sua orbita e influenzare la sua inclinazione assiale, creando cicli climatici glaciali e interglaciali chiamati cicli di Milankovitch.
Nel complesso, ciò non ha impedito alla vita di prosperare, nonostante vi siano stati diversi eventi di estinzione causati dal sopraggiungere di ere glaciali.
Ma cosa accadrebbe se l’influenza di Giove fosse più forte e l’orbita terrestre diventasse ancora più allungata ed eccentrica? Cosa significherebbe per l’abitabilità della Terra?
“Se l’orbita terrestre fosse variabile come l’orbita di mercurio, la Terra non sarebbe abitabile. La vita non sarebbe qui“, ha spiegato a ScienceAlert l’astronomo Jonti dell’Università del Queensland meridionale.
“L’eccentricità dell’orbita di Mercurio può arrivare fino a 0,45. Se l’eccentricità della Terra fosse così alta, la Terra nel suo punto di massima vicinanza al Sole sarebbe più vicina di Venere al sole e lontana come Marte quando è nel suo punto di massima distanza“.
Non era noto se Giove potesse effettuare un cambiamento di questa portata, quindi Horner e un team internazionale di colleghi hanno intrapreso un progetto per scoprirlo. Hanno creato simulazioni del sistema solare e spostato Giove per vedere cosa sarebbe successo.
I risultati sono stati piuttosto sorprendenti. Il team ha scoperto che la loro simulazione funzionava, il che significa poter eseguire una simulazione del sistema per determinare come i pianeti interagiscono gravitazionalmente, e come i pianeti orbitano effettivamente intorno alla stella, mappandoli migliorando la nostra comprensione dell’influenza dei corpi del Sistema Solare sui cicli di Milankovitch.
Ma hanno anche mostrato quanto velocemente le cose potrebbero andare in pezzi.
“Una delle cose che abbiamo scoperto immediatamente è che in realtà è abbastanza facile rendere instabile il nostro sistema solare“, ha dichiarato Horner a ScienceAlert.
“In circa tre quarti delle nostre simulazioni, spostare Giove in vari punti del sistema solare comporta il tracollo dell’equilibrio orbitale del sistema solare in un lasso di tempo di 10 milioni di anni. I pianeti si schiantano l’uno contro l’altro e finiscono per essere espulsi dal Sistema Solare.”
Sebbene ciò possa sembrare un po’ allarmante, questi risultati non sono in realtà rilevanti per la ricerca sugli esopianeti, dal momento che qualsiasi sistema di esopianeti rimasto in piedi abbastanza a lungo da essere rilevabile da noi è estremamente probabile che sia stabile.
In effetti, queste simulazioni hanno dato anche alcune buone notizie per la nostra caccia ai mondi alieni: nel restante quarto delle simulazioni che il team ha portato a termine, la Terra è rimasta abbastanza normale e abitabile.
Questi risultati, sostengono i ricercatori, contraddicono l’ipotesi della Terra Rara secondo cui le condizioni che hanno dato vita alla Terra sono così uniche che non si replicheranno mai in nessun’altra parte dell’Universo.
“Questi risultati suggeriscono che, almeno per questo tipo di influenze e perturbazioni orbitali, l’esistenza della Terra nelle sue attuali condizioni, invece di essere un fatto raro, dimostra che la maggior parte dei pianeti che si trovi sull’orbita terrestre in sistemi che abbiamo simulato sarebbero ugualmente adatti per la vita come la Terra, se non meglio da il punto di vista delle oscillazioni cicliche [del clima]“.
Queste sono osservazioni importanti, poiché l’obiettivo finale della ricerca è quello di progettare un test per aiutare a limitare il numero di esopianeti da osservare in futuro.
Ad un certo punto in futuro, la nostra tecnologia sarà abbastanza sofisticata da rilevare molti esopianeti più piccoli e delle dimensioni della Terra nella zona abitabile. Ma con l’enorme richiesta di tempo telescopio (i telescopi orbitali vengono utilizzati da università e centri ricerca su prenotazione e per periodi di tempo limitati), dobbiamo identificare altri parametri che ci aiutino a valutare se vale la pena studiare ulteriormente un particolare esopianeta.
Un modo sarebbe quello di esaminare l’effetto sulla potenziale abitabilità di qualsiasi altro esopianeta in orbita attorno alla stessa stella.
“Non troveremo mai sistemi planetari con solo un pianeta al loro interno e nient’altro“, ha spiegato Horner.
Ed è qui che entrano in gioco le simulazioni. Potrebbero essere usate per aiutare a determinare, non solo la dinamica del sistema, ma la probabilità che l’esopianeta in questione sia rimasto abitabile su lunghi periodi di tempo.
C’è ancora tempo prima che il lavoro del team possa essere applicato su larga scala. I nostri strumenti attuali non sono abbastanza potenti per rilevare gli esopianeti che più ci interessano. Questo cambierà nei prossimi 10 anni man mano che i telescopi più avanzati di nuova generazione verranno posizionati nello spazio.
Ciò significa anche che c’è ancora molto lavoro da fare. Il team spera che il loro lavoro permetterà agli astronomi planetari di migliorare le possibilità di studiare mondi abitabili utilizzando le simulazioni quando i nuovi telescopi inizieranno ad inviare rilevamenti di esopianeti abitabili. Ciò significa che le simulazioni dovranno essere modificate per includere gli altri pianeti del Sistema Solare, come Venere, Marte e Saturno.
“Questa complessità, penso, è ciò in cui scaveremo“, ha detto Horner.
“E poi, più avanti, cercheremo anche di collegare questo lavoro ai modelli climatici, per vedere se sarà possibile trasformarlo in una soluzione climatica completamente predittiva“.
“In altre parole, se conosci le orbite dei pianeti, puoi predire quanto sarà variabile il clima piuttosto che prevedere quanto sarà variabile l’orbita. Stiamo riunendo la scienza del clima e l’astronomia in un modo abbastanza brillante“.
La ricerca è stata accettata su The Astronomical Journal ed è disponibile su arXiv.
Fonte: Science Alert