NASA: effettuato con successo “l’abort test” della capsula Orion

Tutto ok con il sistema di sicurezza della Orion

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E’ andata a buon fine la missione Ascent Abort-2 effettuata martedì 2 luglio sulla capsula Orion, cosi la NASA ha potuto dimostrare che il sistema di interruzione di emergenza del lancio, LAS (Launch Abort System), della capsula Orion funziona alla perfezione.

Questo sistema di salvataggio agisce, se necessario, durante le fasi iniziali di lancio. Il sistema LAS è capace di sganciare la capsula Orion con con il suo equipaggio, dal sistema di lancio principale se durante le prima fasi di volo avviene un qualche guasto che può compromettere la missione e mettere in pericolo l’equipaggio stesso. Il sistema sgancia la capsula dal lanciatore proiettandola a distanza di sicurezza consentendo un ammaraggio di emergenza.

Il test, svolto senza l’equipaggio, è durato in totale 3 minuti ed è costato 256 milioni di dollari. Per la realizzare il costoso test è stato utilizzato un simulacro del modulo Orion, che è stato lanciato alle 13:00 ore italiane di martedì 2 luglio dallo Space Launch Complex 46 della Cape Canaveral Air Force Station, in Florida, utilizzando un missile monostadio a propellente solido Peacekeeper, dell’U.S. Air Force, appositamente modificato.

Il Peacekeeper, è un missile alto 28 metri, dismesso dall’U.S. Air Force e in uso alla NASA che lo ha appesantito di 45 tonnellate in modo da poter raggiungere la giusta quota, velocità e pressione aerodinamica previste durante la fase di lancio nominale della capsula Orion.

Il propulsore del Peacekeeper, un SR118, ha fornito una spinta di 226,8 tonnellate e ha raggiunto una quota di circa 9.500 metri in approssimativamente 50 secondi, raggiungendo la velocità di Mach 1,08 prima che il computer di bordo della capsula Orion desse inizio alla sequenza di launch abort terminando la missione e “salvando” l’equipaggio.

A qual punto di quota, velocità e pressione aerodinamica, il sistema di aborto missione ha staccato il simulacro della capsula Orion appena prima che il razzo finisse il propellente. Nella fase di sgancio il sistema LAS, dotato di quattro ugelli, ha fornito una spinta complessiva di 181,4 tonnellate in circa 5 secondi accelerando la capsula fino a 7 g.

La capsula è stata stabilizzata dagli ugelli posti sulla punta della torre di fuga durante le fasi di allontanamento dal booster principale e dopo 15 secondi il sistema ha orientato il simulacro della capsula Orion con lo scudo termico rivolto verso il suolo.

Il sistema LAS della capsula Orion è molto più avanzato di quello utilizzato nelle capsule delle missioni Apollo. In questo caso, il sistema di aborto missione è composto da otto ugelli a spinta variabile posizionati a 45° l’uno dall’altro attorno alla torre e ognuno di essi può essere controllato separatamente dagli altri dando alla Orion una capacità di fuga in condizioni molto più estreme rispetto a quelle delle missioni lunari.

La capsula Orion è dotata di sensori che ne rilevano l’orientamento durante le fasi di aborto trasmettendo le informazioni al computer che invia i comandi ai motori attitudinali, che, grazie a speciali valvole, modulano la spinta mantenendo il corretto assetto del velivolo.

Quando i sensori rilevano che la capsula è correttamente posizionata con lo scudo termico rivolto perso il suolo un propulsore si attiva per staccare il LAS dalla Orion. Arrivati a questa fase della fuga se ci fossero degli astronauti a bordo si attiverebbero una serie di paracadute che rallenterebbero la capsula fino allo splashdown, operazione non prevista nel test del 2 luglio scorso perché ne sono già stati effettuati 47 presso lo Yuma Proving Ground in Arizona e sono stati svolti anche dei test al suolo sui propulsori.

Il simulacro della Orion, privo di paracadute, è finito in mare a 11 Km a est di Cape Canaveral a una velocità di circa 480 Km orari 3 minuti e 12 secondi dopo il liftoff. Anche il booster Peacekeeper e il LAS sono finiti in acqua. I componenti erano progettati per affondare, il test è terminato con successo ma ora dovremo attendere l’analisi di tutti i dati per sapere se il successo del test sarà pienamente confermato.

Il LAS è strutturato in due parti, la prima che funge da carenatura realizzata in materiale composito leggero in grado di difendere la capsula dal calore dalla pressione dell’aria e dal rumore durante le fasi di ascesa e se necessario, l’eventuale aborto di emergenza. La seconda parte invece è costituita dalla torre di fuga composta dai propulsori di aborto, di controllo altitudine e sgancio.

Il sistema è progettato per il nuovo lanciatore della NASA chiamato SLS o Space launch System.

Il test doveva fondamentalmente raccogliere una grande mole di dati grazie a 900 tra sensori di temperatura, di pressione e acustici che sono stati salvati su 12 registratori espulsi dalla capsula e recuperati dopo la caduta in mare.

Fonte: Astronautinews