Trump vs Kim: si arriverà alla guerra?

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La squadra navale della portaerei Carl Vinson

La notte scorsa la Corea del nord ha effettuato un nuovo test di lancio di un missile balistico, in aperta sfida agli avvertimenti di Trump, contro le risoluzioni ONU in materia e contro la disapprovazione della Cina. Il test è fallito, il missile è esploso in aria mentre era ancora sul territorio nordcoreano, una parte del missile è caduta sulla terraferma della Corea del nord e altri frammenti sono finiti nel mar del Giappone, poco lontano. Si tratta del secondo tentativo di lancio fallito consecutivamente e, da più parti, si ipotizza che dietro a questi fallimenti vi siano interferenze informatiche da parte degli Stai Uniti o della stessa Cina. Nessuno ha, però, confermato queste ipotesi.

Dopo questo episodio, gli Stai Uniti, condannando il lancio, hanno annunciato ulteriori sanzioni verso la Corea ed il rafforzamento della squadra navale che incrocia nel mar del Giappone, al largo delle coste coreane. Il lancio è avvenuto proprio all’indomani della dichiarazione scettica di Trump sulle possibilità di risolvere pacificamente la questione nordcoreana, dichiarazione poi mitigata dal segretario di stato Rex Tillerson che, pur confermando che tutte le opzioni sono sul tavolo, ha auspicato una ripresa dei colloqui a sei, sospesi nel 2009, relativi al disarmo nucleare della Corea del Nord. Questa soluzione è auspicata anche dalla Cina che sta perdendo la pazienza con il suo turbolento alleato e protetto. Sono almeno due settimane che i media cinesi stanno martellando sull’inaffidabilità della Corea e il leader Xi ha drasticamente diminuito importazioni ed esportazioni da e verso Pyongyang, arrivando perfino a sospendere per diversi giorni i voli civili e commerciali.

Il segnale dato alla Cina è importate perché, per la prima volta, il gigante asiatico comincia a dare segni di insofferenza verso la politica di Kim che sta innalzando unilateralmente la tensione nell’area, con ripercussioni sul commercio e sugli scambi finanziari, cose cui il regime cinese è estremamente sensibile, soprattutto in un momento in cui sta tentando di superare la fase di rallentamento della propria economia che ha avuto il suo apice sul finire della scorsa estate.

Sfilata militare a Pyongyang

Questo segna un isolamento sempre maggiore per il regime di Pyongyang che ormai riesce a commerciare solo con alcuni stati canaglia disposti a ignorare le risoluzioni dell’ONU in materia. La pressione economica sta, però, avendo successo se è vero, come riferiscono gli osservatori, che nella capitale nord coreana i prezzi della benzina ai distributori sono cresciuti dell’85% nell’ultimo mese.

E allora, perchè Kim Jong Un continua a mettere alla prova la pazienza degli Stati Uniti e dei suoi alleati?

È una strategia già utilizzata in passato dai predecessori dell’attuale dittatore quella di giocare sul delicato equilibrio tra le provocazioni e la riluttanza a provocare un conflitto armato nel’area. Kim sa benissimo che la guerra è, per tutti, l’ultima opzione sul tavolo per una serie di fattori legati agli equilibri strategici e commerciali dell’area anche se è vero che, per la prima volta, la Cina sembra essersi stufata del recalcitrante alleato.

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Kim Jong Un è un cane di taglia piccola o media, preoccupato e spaventato, che abbaia forte per sembrare più grosso e minaccioso. L’obbiettivo a medio e lungo termine del dittatore coreano è quello di salvaguardare la sopravvivenza del suo regime e ritiene che un adeguato deterrente nucleare costituisca la migliore polizza assicurativa in suo possesso, con la minaccia implicita di poter colpire la vicinissima Corea del sud e lo stesso Giappone, entrambi stretti alleati degli USA e protagonisti dei mercati e della finanza mondiale. Da qui l’atteggiamento di Trump, convinto che l’eccessiva pazienza del suo predecessore Obama abbia dato degli Stati Uniti un’immagine di debolezza che lui sta rapidamente cercando di sfatare.

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Sottomarino nucleare americano

Eppure, è chiaro che i fattori imponderabili in campo sono troppi, nessuno si avventurerebbe in una guerra. Gli equilibri locali sono complicati. Davvero qualcuno crede che la Corea del sud non pretenderebbe di annettere quella del nord nel caso di una guerra che la coinvolgesse? La Cina, il Giappone e, forse, gli stessi USA non credo sarebbero troppo contenti della nascita di una “grande Corea unificata”. La Germania riunificata post muro è rapidamente diventata una potenza economica capace di condizionare i mercati mondiali, in Corea, probabilmente, accadrebbe lo stesso, forse in qualche decennio invece che in anni, se dovesse rialzarsi da una guerra distruttiva, ma poi diventerebbe un attore più decisivo per i mercati mondiali di quanto già non sia. La risoluzione del problema nordcoreano passerà, probabilmente, per una serie di accordi transnazionali tra i principali attori dell’economia mondiale e difficilmente potrà prescindere dall’eliminazione fisica preventiva di tutta la famiglia Kim. Sarà un problema che prima o poi verrà risolto ma il lavoro sporco lo faranno i servizi segreti, probabilmente quelli cinesi. Mantenere l’integrità territoriale della Corea de nord è imprescindibile per la Cina che, però, non è più la Cina rivoluzionaria di Mao, ansiosa di esportare la rivoluzione ma è una potenza capitalista ansiosa di garantire il mantenimento dello status quo per ragioni economiche. È quindi probabile, a mio parere, che il problem coreano lo risolverà la Cina stessa, con l’appoggio sottobanco degli USA.

Abbastanza indicativo, in questo senso, il completo disimpegno della Russia di Putin da quest teatro.

esercitazione esercito nord coreano

Bisognerebbe anche considerare che un attacco nucleare contro la corea del nord, anche ammettendo di riuscire ad evitare l’uso di armi nucleari da parte di Kim, avrebbe ripercussioni pesanti in termini di fallout anche sulla corea del sud, strettamente alleata degli USA e piena di cittadini statunitensi oltre che di truppe americane. Anche la Cina risentirebbe delle conseguenze dell’uso del nucleare sul territorio nordcoreano. L’escalation nucleare sull’area, che sia preventiva o di ritorsione, non è un’opzione sul tavolino di nessuna delle parti in causa ed è proprio questo che salva Kim. Lui minaccia la ritorsione nucleare anche in caso di attacco convenzionale e nessuno se lo può permettere. Nessun attacco convenzionale potrebbe impedire alla Corea de nord di colpire pesantemente il territorio del sud (Seul compresa) facendo anche grossi danni e decine di migliaia di morti. Probabilmente il tipo di attacco allo studio sarà chirurgico. Un attentato o un bombardamento mirato ad uccidere il dittatore ma che avverrà solo quando ci sarà la garanzia di avere successo nell’uccisione di Kim e, al contempo, di bloccare i vertici del partito e delle forze armate. Probabilmente si tenterà, magari con l’aiuto della Cina, di supportare un colpo di stato. Il problema vero sta nel riuscire a colpire Kim con sicurezza e precisione, cosa non facilissima.

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Probabilmente la tensione nell’area aumenterà ancora attraverso provocazioni e ritorsioni. Trump non vuole passare per un presidente che dice e non fa, come fu, in molte occasioni, Obama e continuare a stuzzicarlo potrebbe portare a conseguenze imprevedibili. C’è anche da mettere in conto la possibilità di un qualsivoglia incidente non voluto che porti a conseguenze nefaste. Un errore umano o tecnico in un’area dove sono concentrate moltissime forze militari non è da escludere e questo deve incitare tutti gli attori a cercare una soluzione rapida e pacifica della vicenda.

Approfondimenti:

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