L’era della violenza gratuita

Il comune denominatore è la subcultura che dai social si va diffondendo nel tessuto sociale

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Negli ultimi giorni i media ci hanno tempestato di notizie sui moltissimi episodi di violenza verificatisi in varie parti d’Italia. Apparentemente, questi episodi sono slegati tra loro e l’unico carattere in comune sembra essere quello della gratuità dell’episodio. Dal ragazzo ucciso ad Alatri all’uomo che ha ucciso i figli per poi suicidarsi, passando per l’altro umo che ha inseguito in auto la moglie per accoltellarla e ucciderla. Per non parlare dell’uomo che ha abusato per anni di una donna disabile mentale tenendola segregata in casa affinchè la cosa non si risapesse.

violenza donneIn alcuni casi i moventi sembrano essere i soliti: gelosia, debiti, maschilismo portato all’estremo, bullismo o peggio. La realtà è che in tutti questi episodi il comune denominatore è la subcultura che dai social si va diffondendo nel tessuto sociale. Quante volte leggiamo su facebook, twitter e gli altri maggiori social, e anche su parecchi quotidiani e riviste, per la verità, articoli con titoli strillati che esortano all’indignazione o che esaltano certi tipi di ignoranza che credevamo sorpassati ormai dagli anni ’70 dello scorso secolo?

Sembra che l’ignoranza ingeneri altra ignoranza. Quante centinaia, se non migliaia, di pagine e gruppi su facebook esaltano all’uso della donna come oggetto sessuale senza tenerne in minimo conto sensibilità e personalità? E altrettante sono quelle che incitano all’odio razziale o religioso o all’uso della forza per risolvere i contrasti e sono tutte pagine con migliaia di persone iscritte, persone che postano cose spesso irripetibili, trovando l’approvazione di tantissimi altri utenti del gruppo. Personalmente sono schifato da cose del genere per cui non riporterò nomi e titoli dei gruppi ma garantisco che esistono in tutti i social, in barba alle regole della civile convivenza e a qualsiasi tipo di moderazione che, se c’è, è male applicata o applicata secondo comodo.

Indubbiamente, dietro molti di questi episodi, c’è anche un grande disagio sociale ma, anche lì, i social hanno la loro responsabilità, trasmettendo continuamente l’idea che i modelli di riferimento devono essere belli, perfetti, ricchi e vincenti. Purtroppo, il mondo non può essere fatto solo di belli, ricchi e dalla vita perfetta e sono tanti, quindi, coloro che tentano di supplire alle proprie carenze, vuoi fisiche, vuoi sociali, vuoi culturali, imponendosi come vincenti con la forza, con la violenza, anche di gruppo perché spesso e volentieri in branco ci si scarica vicendevolmente delle responsabilità e una cosa fatta tutti insieme sembra meno grave.

Non sono uno psicologo né un sociologo, sono solo un osservatore che ha vissuto l’evoluzione della rete fin dai suoi primi giorni e ricorda benissimo come, perfino nei social primordiali di nicchia, dove ci si riuniva per giocare virtualmente di ruolo, si finivano per creare bande di prepotenti, pronti a portare la loro prepotenza anche nella vita reale e gli obbiettivi erano sempre gli stessi: le donne, i solitari e i deboli.

Oggi i grandi social di massa permettono, in nome dei numeri che significano denaro, la propalazione e la propagazione di idee malsane, che credevamo superate e dimenticate da decenni. Anche la diffusione di moltissime bufale e di informazione volutamente errata contribuisce a restringere il campo visivo e intellettuale dell’utente medio, come nel caso dei due legalisti fondamentalisti che, tre giorni fa hanno fermato un’ambulanza con un ferito grave a bordo che viaggiava contromano, a sirene spiegate, per giungere prima in ospedale e hanno costretto l’autista a fare marcia indietro e utilizzare la strada più lunga.



I due uomini sono stati, giustamente, indagati dalla magistratura e subiranno el conseguenze del loro gesto.

Episodi come questi la dicono lunga sia sull’ignoranza di quelle stesse regole che questi cosiddetti legalisti vorrebbero far rispettare sia su come siano ormai distorti molti dei concetti base della civile convivenza e questo grazie ai tanti siti, gruppi o pagine, politici o semplicemente speculativi, che inducono le persone a travisare il senso del corretto vivere in società. Non posso che augurarmi, contro la mia stessa natura e ideologia, che presto intervenga una regolamentazione ferrea sui contenuti pubblicabili su internet in generale e sui social media in particolare.

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